Lituani in esilio, Cristianità n. 177 (1990)
In previsione dell’incontro fra Papa Giovanni Paolo II e il presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, svoltosi a Roma il 1° dicembre 1989, un significativo e consistente gruppo di professionisti lituani, in esilio negli Stati Uniti d’America, ha indirizzato al Sommo Pontefice un appello, promosso dal Lithuanian Research and Studies Center, con sede in Chicago, e dalla Lithuanian Freedom League, della stessa città dell’Illinois. Il documento — che presentiamo in una traduzione dall’originale in inglese e con un titolo redazionali — è stato pubblicato sull’edizione romana del Corriere della Sera il 29 novembre 1989 come Una filiale richiesta di lituani in esilio al padre della cristianità in occasione del suo incontro con il presidente sovietico, e ha avuto vasta eco sulla stampa italiana.
Sua Santità Giovanni Paolo II
Città del Vaticano
Santità,
i Vostri figli lituani residenti negli Stati Uniti d’America si sentono costretti a rivolgersi a Lei pubblicamente e filialmente a causa di avvenimenti le cui implicazioni sono evidentemente storiche. Di conseguenza, ci serviamo del beneficio della libertà concessa da chi ci ha generosamente dato asilo, una libertà di cui non godono i nostri fratelli che vivono nella nostra amata e perseguitata madrepatria.
L’ora è storica perché, per la prima volta, il capo del Partito Comunista Sovietico, il presidente Mikhail Gorbaciov in persona, si incontrerà in Roma con Vostra Santità, stabilendo un precedente prima d’ora inimmaginabile.
È storica, inoltre, perché coincide con accadimenti complessi che si stanno svolgendo dietro la Cortina di Ferro, sui quali si vanno ponendo seri interrogativi in merito al loro sviluppo, al loro andamento e al loro esito.
È storica, infine, perché coincide con il cinquantesimo anniversario del patto Ribbentrop-Molotov. Questo infame atto permise a Stalin, nel 1940, di annettere all’impero sovietico il nostro paese e i nostri fratelli, gli Stati baltici, fra bagni di sangue e sofferenze, dando inizio a una via crucis che continua ancora fino a oggi.
Santità, nonostante la nostra sorte avversa, due elementi essenziali danno coraggio al cuore dei lituani: in primo luogo, la nostra devozione alla fede una, santa, romana, cattolica e apostolica; e, in secondo luogo, il nostro amor patrio e i valori cristiani che ci giunsero al tempo di re Mindaugas e che si radicarono profondamente dopo il battesimo della Lituania seicento anni fa.
Con il suo permesso, vorremmo aggiungere qualche considerazione ulteriore.
L’annessione della Lituania è un atto tanto contrario al diritto internazionale e ai diritti dei popoli e delle nazioni che gli Stati Uniti e altre nazioni occidentali — come pure il Parlamento Europeo — ne hanno negato la legittimità, nonostante le istanze sovietiche. In un mondo in cui tutte le potenze non comuniste hanno troppo spesso sacrificato nazioni e anime ai persecutori comunisti sull’altare di una precaria distensione, costruita sull’inganno, il riconoscimento occidentale della Lituania libera è particolarmente degno di nota.
Per quanto riguarda la Santa Sede, possiamo soltanto manifestare la nostra gratitudine dal più profondo del cuore per la ferma condanna vaticana dell’illegittima annessione della Lituania da parte dell’Unione Sovietica. I cattolici lituani sono particolarmente consolati dalla loro convinzione che sarà sempre così.
Di contro, il Cremlino si è ostinatamente opposto a ogni negoziato che potesse restituire l’indipendenza che ha violato. Ciò che si poteva facilmente capire sotto Stalin, Kruscev o Breznev, per molti nostri compatrioti diventa più difficile da capire sotto Gorbaciov.
Lo scorso settembre, le aspirazioni nazionali, indirettamente incoraggiate da misure, da dichiarazioni e perfino da gesti del presidente sovietico, si trasformarono in gravi preoccupazioni quando, aprendo la sessione plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista, egli minacciò quei patrioti che legittimamente cercavano la libertà a cui hanno diritto le nazioni sovrane. Egli insinuò perfino, in contrasto con il suo stile accuratamente affettato, che non si poteva escludere un’azione militare al fine di restaurare la pax sovietica (New York Times, 20-9-89). Non sarebbe la prima volta che periodi di apparente allentamento da parte del Cremlino sono finiti in un bagno di sangue per nazioni prigioniere come la Lituania.
Santità, noi crediamo che in ambito temporale la mutua comprensione, l’armonia e la pace possono realizzarsi in un’Europa desiderosa di unificazione solo con la restaurazione della giustizia: “Opus iustitiae pax”, dice il profeta Isaia (32, 17). Questa giustizia comporta che ciascuna e tutte le nazioni d’Europa devono essere libere di decidere il proprio destino secondo le loro tradizioni. Invero, i lituani non riescono a immaginare un’autentica continuità della civiltà cristiana in un’unione spuria di nazioni che includa regimi comunisti rappresentanti un’anti-civiltà intrinsecamente perversa, che mutila la libertà dei popoli.
Siamo certi che Vostra Santità, che ha dichiarato che metà del suo cuore appartiene alla Lituania, saprà come accogliere queste considerazioni e preoccupazioni nate dal nostro amore per la nostra Chiesa e per il nostro Paese. Perciò, osiamo chiederLe di intercedere con fermezza a favore della libertà e dell’indipendenza della Lituania in occasione della visita di Gorbaciov. Sarebbe difficile per il presidente sovietico dire di no a una richiesta così giusta, per timore di veder screditare le sue buone intenzioni davanti a Vostra Santità e all’intero mondo cattolico. Allora si potrebbero ben applicare le parole del salmista che, di quanti praticano l’iniquità, dice: “Parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore” (Sal. 27, 3).
Inoltre, quando gli sarà necessario definire la sua posizione riguardo all’indipendenza della Lituania, il presidente sovietico saprà valutare la portata della prospettiva per cui, come il nostro cardinale Vincentas Sladkevicius ha pubblicamente affermato, “una visita del Papa gioverebbe sicuramente all’immagine all’estero dell’Unione Sovietica” (30 Giorni, n. 3, 1989).
Chiedendo alla Madonna della Porta dell’Aurora, Patrona della Lituania, di concedere la necessaria assistenza alla Sede di Pietro, imploriamo la Sua benedizione apostolica per noi, per le nostre famiglie, per i lituani viventi nel Mondo Libero, per i nostri fratelli in Lituania — specialmente per quei membri del clero e quei laici che attualmente gemono nelle prigioni comuniste — e per le migliaia e migliaia di nostri compatrioti tuttora sparsi per la Siberia.
Filialmente vostri