Giovanni Cantoni, Cristianità n. 365 (2012)
Conclusioni del convegno su Vent’anni dopo. Il “Catechismo della Chiesa Cattolica” per la Nuova Evangelizzazione, organizzato il 19-5-2012 a Roma, nella Sala San Pio X in via della Conciliazione, da Alleanza Cattolica, da Cristianità e dall’IDIS, l’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale. Cfr. la cronaca in Cristianità, anno XL, n. 364, aprile-giugno 2012, pp. 29-32.
Il «Catechismo della Chiesa Cattolica», «cosmo semantico» per il secolo XXI
I termini del problema sono molto chiari: ogni cosa che comincia deve finire e occorre qualcuno che chiuda i lavori. Abbiamo cominciato molto bene, abbiamo sentito delle considerazioni molto belle, ma il mondo che ci circonda non autorizza ad andare a casa senza preoccupazioni. È inutile nascondersi dietro un dito: se abbiamo ascoltato non solo la pars construens ma anche quella destruens, che non è stata tematizzata e però è presente, possiamo constatare che non stiamo vivendo un momento tranquillizzante.
Abbiamo vissuto una giornata tecnicamente emozionante, perché abbiamo incontrato e ascoltato qualcuno — il card. Piacenza, i vescovi mons. Ambrosio e mons. Pennisi — che è venuto a parlarci, mostrando dunque una disponibilità a prenderci sul serio. Dopo cinquant’anni Alleanza Cattolica ha ricevuto un riconoscimento ufficiale — è l’inizio, il battesimo, ma è già un passaggio significativo —, e ciò è accaduto non perché abbia modificato qualcosa di essenziale, pur se nel tempo siamo cresciuti, qualcosa si è svolto.
Uno dei miei maestri, Joseph de Maistre (1753-1821), ha scritto che “nulla di grande ha grandi inizi” (1): ricordo, a futura memoria, che l’attività iniziale del primo gruppo associativo è stata la lettura reciproca, ad alta voce, del Catechismo del Concilio di Trento, cioè l’unico catechismo universale allora a disposizione. È vero che il cristianesimo non è una dottrina — lo si è detto soprattutto per rifiutare quella parte di dottrina che nel cristianesimo è presente —, ma per dirsi cristiani occorre innanzitutto credere che Dio esiste, quindi che si sia rivelato, altrimenti non posso prestarGli fede.
Abbiamo colto come nostro specifico nel corso degli anni un elemento molto significativo, la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa: nel tempo gli uomini e la Chiesa si sono trovati di fronte a problemi che prima non avevano.
Quando la struttura sociale elementare era costituita dalla famiglia, o anche dalla famiglia allargata, non c’erano problemi di dottrina sociale, che invece nascono quando la vita si articola, diventa complessa ed è più difficile discernere il corretto comportamento all’interno della vita di tutti i giorni. Con ciò non si vuol dire che alla fine del secolo XIX la Chiesa fosse contenta di come andavano le cose, ma non era neanche gravemente offesa da situazioni intollerabili, o comunque bisognose di essere messe a fuoco, di essere inquadrate. Bisogna sforzarsi di esercitare un apostolato d’ambiente, rivolto a tutti quelli che sono coinvolti in qualche modo con la vita comunitaria, per far loro presente che nella vita della Chiesa alcuni comportamenti sono privilegiati e altri meno.
L’ultimo uomo politico proposto come modello ai cattolici, san Tommaso Moro (1478-1535), è morto martire (2). Quando Santa Romana Chiesa sta bene o vive un periodo di grazia oppure, brutalmente, “non fa il suo mestiere”.
Abbiamo continuato a far queste considerazioni, ininterrottamente, talvolta angosciosamente di fronte a tragedie incombenti, e non abbiamo nessuna intenzione di smettere di fare quel che abbiamo fatto fino a oggi; e senza pretesa di esclusività, perché quando qualcuno fa l’infermiere non lo fa in concorrenza con qualcun altro, ma perché pensa di far del bene al prossimo.
Ciò vale come premessa a un’ulteriore considerazione, relativa al significato delle parole. Noi usiamo, per esempio, il termine “contro-rivoluzionario”, che può essere facilmente frainteso. Uno dei miei autori, che mi è molto caro, lo svizzero Gonzague de Reynold (1880-1970), circa settant’anni fa, ha scritto: “Ecco un aneddoto che mi piace citare perché ricco di significato.
“Un giorno dei discepoli domandarono a Confucio [551-479 a.C.] quale sarebbe stato il suo primo gesto, se fosse stato eletto imperatore della Cina. Confucio rifletté un momento — con gli occhi socchiusi, perché il saggio riflette sempre prima di parlare — e rispose: “Comincerei con il fissare il significato delle parole” (3).
“Sia esso economico o politico, sociale o morale, sia nel singolo Stato o in tutta Europa, il disordine contemporaneo ha come causa prima l’anarchia intellettuale: se risalite all’origine dei fatti, scoprite sempre un’idea o un sistema d’idee; l’idea produce il fatto che racchiude in potenza; obbligatoriamente, in un determinato momento della storia. A sua volta, l’anarchia intellettuale ha come causa un errore nelle idee, quindi un errore relativo alla parola che esprime l’idea. Questo ha il rigore di una legge” (4).
È una prospettiva molto intellettuale, che non tiene conto dei modi di affrontare i problemi, che dicono relazione anche alla nostra vita di tutti i giorni.
“Ho detto spesso, facendo un poco di humour, che il nostro tempo avrebbe bisogno, prima di ogni altra riforma, di un vocabolario ben fatto. Paradosso apparente, ma verità di fondo. Pensate a tutto il male causato nel mondo da un cattivo vocabolario, qual è stata l’Encyclopédie. Questi grossi volumi hanno operato come esplosivo. Hanno preparato la Rivoluzione francese, portandola a compimento negli spiriti. Se mettessimo qualcuno a redigere una contro-Encyclopédie, un’enciclopedia che edifichi, renderemmo alla nostra epoca il maggior servizio che degli intellettuali possano rendere a essa. Il punto di partenza sta nel pensar bene” (5).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica è una contro-Encyclopédie, arrivato per le strade e i personaggi più diversi; c’è la linea scritta dalla storia e quella scritta dalla Provvidenza. Nel nostro mondo, nel 1992, è comparso un testo in cui veniva ridescritto intenzionalmente il mondo con termini la cui coerenza intrinseca derivava dalla coerenza e dalla capacità di chi produceva il testo, ovvero Santa Romana Chiesa. Papa Benedetto XVI ha usato l’espressione “cosmo semantico” (6), ovvero l’ordine dei significati, per ridare senso alle parole della teologia e per riutilizzare in modo coerente i concetti di uso corrente.
Un altro autore che mi piace molto citare, Gustave Thibon (1903-2001), scrive: “Un tempo il cristianesimo ha dovuto lottare contro la natura; quella natura era tanto dura quanto ermeticamente chiusa che la grazia durava fatica a intaccarla” (7). Ebbene, la dittatura del relativismo “ci costringe” a lottare per la natura, con riferimenti precisi, che ci aiutino a riorganizzare la nostra esistenza. Oggi, fraternamente, inviterei un miscredente a leggere il Catechismo — sulla base dell’antico brocardo giuridico secondo cui “se non è vero, è ben trovato” —, a osservare e a riflettere sulle parole, che servono a qualificare le cose più importanti. Le cose ci sono e devono essere “battezzate”, cioè qualificate; il Catechismo è un battesimo della prospettiva che interessa la nostra esistenza, da quando nasciamo a quando moriamo. Non è l’unico modo di leggere il Catechismo, ma questo approccio, ispirato dalla sensibilità per tutto ciò che è completo e organico, dà la possibilità di capire molte cose che altri forse non prendono in considerazione, aiuta a ridare senso alle parole della teologia e anche a quelle della vita di tutti i giorni.
Il gesuita padre Giovanni Perrone (1794-1876) distingueva fra le rivelazioni di carattere assoluto o metafisico e quelle di carattere morale; queste ultime sono relative a conquiste di ragione — come i Comandamenti — che vengono confermate dal “timbro” della rivelazione, e che ci fanno capire che possiamo arrivare comunque a tante cose (8). Poi, una volta capito, per comportarsi bene serve l’aiuto della Grazia e per la Grazia non c’è che la Rivelazione, che ci suggerisce come vivere bene attraverso i sacramenti, la preghiera e i sacrifici.
Lavoriamo in questa direzione. Santa Romana Chiesa a un certo punto del suo itinerario esistenziale, almeno in Occidente, ha ritenuto di dover pubblicare il Catechismo. Ne prendiamo nota e manifestiamo il nostro entusiasmo verso questo strumento, questo dono incommensurabile, e verso la Chiesa, che è il luogo dove incontriamo il Padreterno. Esprimiamo la nostra gratitudine nei confronti del Padre, il Dio Creatore, e del Figlio, il volto visibile del Dio invisibile, ma anche nei confronti della Chiesa, “manifestazione dello Spirito Santo” (9).
Il Padreterno che ama tutti, in modo molto diverso per ciascuno, vuole che ognuno manifesti al prossimo l’idea che vi è sempre un altro modo, un modo per tutti; la Chiesa è per tutti e dunque anche per noi.
Note:
(1) Joseph de Maistre, Saggio su il Principio Generatore delle Costituzioni Politiche e delle altre istituzioni umane, in Idem, Scritti politici. Saggio su il Principio Generatore delle Costituzioni Politiche. Studio sulla Sovranità, trad. it. con Presentazione di don Luigi Negri e Introduzione di Franco Cardini, Cantagalli, Siena 2000, pp. 35-108 (p. 60).
(2) Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 313.
(3) Cfr. I Dialoghi (Lun Yü), attribuito ai discepoli di Yu Ju e di Tsêng-tzu, discepoli di Confucio, libro VII, capitolo XIII, Tsu-lu, 305, trad. it. in Confucio, Opere. La Pietà Filiale. Il Grande Studio. L’Invariabile Mezzo. I Dialoghi, a cura di Fausto Tomassini, TEA, Torino 1997, pp. 75-199 (pp. 148-149).
(4) Gonzague de Reynold, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, trad. it., in Cristianità, anno XL, aprile-giugno 2012, pp. 61-66.
(5) Ibidem.
(6) Benedetto XVI, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso Amman, 8-5-2009, in Insegnamenti Benedetto XVI, vol. V, 1, 2009. (Gennaio-Giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, pp. 744-746 (p. 745).
(7) Gustave Thibon, Ritorno al reale. Nuove diagnosi, in Idem, Ritorno al reale. Prime e seconde diagnosi in tema di fisiologia sociale, con Prefazione di Gabriel Marcel (1889-1973), a cura e con Considerazioni introduttive di Marco Respinti, trad. it., Effedieffe, Milano 1998, pp. 147-321 (p. 241).
(8) Cfr. Giovanni Perrone S.J., Prælectiones Theologicæ, vol. I, Pirotta, Milano 1844, propositio III, pp. 36-41.
(9) Cfr. l’espressione di san Giovanni Crisostomo (345 ca.-407), in don Jean Corbon (1924-2001), L’Église des Arabes, Cerf, Parigi 1977, pp. 97 e 231.