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LA MODA PROMISCUA È CONTRARIA ALLA LEGGE DI DIO

29 Giugno 1974 - Autore: Alleanza Cattolica

Sant’Ambrogio, Cristianità n. 5 (1974)

Vissuto, come noi, in un’epoca di decadenza, sant’Ambrogio (340-397) – il grande vescovo di Milano di cui quest’anno ricorre il centenario del battesimo e dell’ordinazione episcopale – si trovò dinnanzi a quei fenomeni di malcostume e di effeminatezza che ne sono le caratteristiche. Sollecitato dal suo fedele discepolo Ireneo, egli esprime senza complessi il proprio giudizio sulla moda promiscua, quale interprete della Scrittura e maestro del popolo cristiano.
La lettera di cui diamo una nostra traduzione italiana, è l’Ep. LXIX nell’edizione del Migne (cfr. PL 16 1285-87).


Ambrogio a Ireneo salute.

Tu come figliolo mi hai riferito che alcuni ti hanno chiesto per quale motivo la Legge così severamente dichiari immondi coloro che usano le vesti dell’altro sesso, tanto gli uomini che le donne; infatti sta scritto: “La donna non si vestirà da uomo, né l’uomo da donna; perché chi fa queste cose è in abominazione presso Dio” (Deut. 22, 5).

Ma a pensarci bene troverai che la cosa è riprovevole, in quanto la natura stessa l’aborrisce. Perchè, se sei uomo non vuoi dimostrare di esserlo? Perché assumi un aspetto diverso? Perché ti fingi donna? E tu, donna, perché ti fingi maschio? La natura ha vestito ogni sesso con i propri indumenti. Quindi nella donna e nell’uomo diversi sono i compiti, diverso l’aspetto, l’atteggiamento, il modo di camminare, diverso il vigore, diversa la voce.

Ma ciò avviene anche negli altri animali: diverso è l’aspetto del leone e della leonessa, diversa la loro forza e diverso il ruggito: e così tra il toro e la vacca. E anche nei cervi i sessi sono tanto diversi e tanto differiscono nel sembiante da poterli discernere da lontano. Negli uccelli poi si riscontra un’analogia tra il loro vestito e quello degli uomini: poiché in essi le vesti naturali dividono i sessi. I pavoni maschi sono sgargianti, le femmine no; e così le loro penne sono di diversa bellezza. Anche i fagiani hanno colori diversi che distinguono il sesso. Che dire poi dei polli? Come è canora la voce del gallo, che ha il compito solenne di cantare e di svegliare nella notte! Forse questi animali mutano il loro aspetto? E perché noi desideriamo cambiarlo?

Si è introdotto nel costume greco l’uso, per le donne, delle tuniche corte. E passi che esse si industrino di imitare la natura del sesso più forte; ma perché gli uomini cercano di imitare l’aspetto del sesso inferiore? La falsità è già turpe nel discorso, non diciamo poi nel portamento. Ecco perché nei templi [idolatrici], dove si professa la falsità della fede, si riscontra anche la falsificazione della natura. Poiché è là che gli uomini ritengono un atto sacro assumere vesti e atteggiamenti da femmine. Ecco perché la Legge afferma che “è in abominazione presso Dio” ogni uomo che si veste da donna.

Penso però che non si tratti delle vesti quanto piuttosto dei costumi, dei compiti e degli atteggiamenti, di cui alcuni spettano all’uomo e altri alla donna. Infatti l’Apostolo, quasi interpretando la Legge, ha scritto: “Le donne tacciano nelle assemblee. Ché non si permette loro di parlare, ma di stare soggette come dice la Legge. E se vogliono imparare qualche cosa, interroghino in casa i loro mariti” (1 Cor. 14, 34-35). E altrove: “La donna impari in silenzio con tutta sottomissione. Ché non permetto alla donna d’insegnare, né di dominare sull’uomo” (1 Tim 2, 11-12).

Vuoi vedere quanto è assurdo che gli uomini prendano atteggiamenti da donna? Ebbene, che generino, che partoriscano coloro che si arricciano le chiome come le femmine. Invece, queste devono essere velate, e costoro son chiamati a combattere. È vero che possono avere una scusa coloro che seguono gli usi barbarici della loro patria, come i persiani, i goti e gli armeni: ma la natura è superiore alla patria.

E che dire degli altri, che pensano a volgere quest’uso alla lussuria: cosicché hanno a loro servizio uomini dalle chiome ricciolute e ornati di collane? E così, mentre essi si fanno crescere la barba, quelli si fanno allungare i capelli. È proprio vero che non si custodisce la castità dove non si osserva la distinzione dei sessi, a favore della quale sono gli insegnamenti stessi della natura, come ricorda l’Apostolo: “È decoroso che una donna rivolga preghiere a Dio senza velo? Non insegna la natura stessa che se l’uomo porta lunghi capelli è per lui un disonore, mentre per la donna la capigliatura è un vanto? Giacché a lei la chioma è stata data come un velo” (1 Cor. 11, 13-15).

Ecco, o Ireneo, quello che devi rispondere a chi ti interroga. Tanti saluti, e amaci con l’amore di un figlio: poiché noi ti amiamo con l’amore di un padre.

SANT’AMBROGIO

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