di Dino Zuccherini
Il 10 febbraio 1939 moriva in Vaticano Papa Pio XI (1857-1939). Achille Ratti era nato a Desio, in provincia di Milano, il 31 maggio 1857. Il 20 dicembre 1879 era stato ordinato sacerdote in San Giovanni in Laterano, a Roma, e dal 1907 al 1912 era stato Prefetto della Biblioteca Ambrosiana a Milano. Quindi tornò di nuovo a Roma prima come viceprefetto della Biblioteca Vaticana, per divenirne poi Prefetto dal 1° settembre 1914. Nel maggio 1918 Papa Benedetto XV (1854-1922) lo inviò in Polonia (e in Lituania) come visitatore apostolico, Paese in cui, dal 3 luglio 1919, divenne Nunzio Apostolico. Il 28 ottobre dello stesso anno fu quindi consacrato vescovo nella cattedrale di San Giovanni a Varsavia. Era nella capitale polacca quando, durante la guerra con la Russia bolscevica (1919-1921), tra il 15 e il 23 agosto 1920 le truppe polacche sconfissero l’Armata Rossa nell’epica battaglia nota come il “Miracolo della Vistola” (cfr. Giovanni Cantoni, Così la Polonia cristiana fermò Lenin, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, 13 agosto 1995). Quindi fu nominato arcivescovo di Milano nel concistoro del 13 giugno 1921.
Poi, morto Benedetto XV il 22 gennaio 1922, il 6 febbraio i cardinali lo elessero al Soglio di Pietro. Il motto che scelse fu «Pax Christi in regno Christi».
Pio XI considerava la Riforma protestante del 1517 «[…] la terribile bufera […] che doveva strappare dal cuore della Chiesa tanti popoli» e la Rivoluzione Francese (1789-1799) la «perturbazione universale durante la quale furono affermati, con tanta arroganza, i diritti dell’uomo» (La Civiltà Cattolica, 1922, IV, p. 487).
Nella sua prima lettera enciclica, la Ubi arcano Dei Consilio (23 dicembre 1922) condanna «[…] questa specie di modernismo morale, giuridico, sociale, non meno condannevole del noto modernismo dogmatico».
Quindi istituì la solennità liturgica di Cristo Re con l’enciclica Quas Primas (11 dicembre 1925), insistendo sull’importanza della devozione al Sacro Cuore di Gesù e condannando il laicismo: «La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; e voi sapete, o Venerabili Fratelli, che tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto — che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo — di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell’irreligione e nel disprezzo di Dio stesso».
Poi volle il Trattato e il Concordato con lo Stato italiano dell’11 febbraio 1929, ma subito dovette intervenire contro i discorsi che il capo del governo Benito Mussolini (1883-1945) tenne alla Camera il 13 maggio e al Senato il 29 inviando, il 30 maggio, una lettera al Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Gasparri (1852-1934), per confutare con forza le interpretazioni mussoliniane e fasciste del testo concordatario.
Difese quindi il diritto dei genitori e della Chiesa di educare i figli attraverso l’enciclica Divini illius Magistri (31 dicembre 1929) e con la Casti connubii ( 31 dicembre 1930) si pronunciò per la tutela della famiglia. Con la Quadragesimo anno (15 maggio 1931) ribadì e sviluppò l’insegnamento di dottrina sociale della Rerum Novarum di Papa Leone XIII (1810-1903).
Con ben tre encicliche difese la lotta anche armata dei cattolici contro le persecuzioni scatenate dal governo massonico del Messico. Criticò dunque gli eccessi dei fascisti contro l’Azione Cattolica e la difese dalle loro accuse con l’enciclica Non abbiamo bisogno ( 29 giugno 1931), ricordando tra l’altro: «Non possiamo invece Noi, Chiesa, Religione, fedeli cattolici (e non soltanto noi) essere grati a chi dopo aver messo fuori socialismo e massoneria, nemici nostri (e non nostri soltanto) dichiarati, li ha così largamente riammessi, come tutti vedono e deplorano, e fatti tanto più forti e pericolosi e nocivi quanto più dissimulati e insieme favoriti dalla nuova divisa». Peraltro, nello stesso documento difese ancora una volta la libertà educativa, affermando: «Una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta, non è conciliabile per un cattolico colla dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia. Non è per un cattolico conciliabile con la cattolica dottrina pretendere che la Chiesa, il Papa, devono limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e Sacramenti), e che il resto della educazione appartiene totalmente allo Stato». Del resto per lui il fascismo si basava su «[…] una ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana non meno in pieno contrasto coi diritti naturali della famiglia che coi diritti soprannaturali della Chiesa».
Per contro, netta è la sua difesa della libertà di coscienza, rettamente intesa: «È in considerazione di questo duplice diritto delle anime, che Ci dicevamo testé lieti e fieri di combattere la buona battaglia per la libertà delle coscienze, non già (come qualcuno forse inavvertitamente Ci ha fatto dire) per la libertà di coscienza, maniera di dire equivoca e troppo spesso abusata a significare la assoluta indipendenza della coscienza, cosa assurda in anima da Dio creata e redenta». Denunciò del resto più volte le ipotesi e le leggi razziste, e la loro accoglienza da parte del governo fascista italiano amareggiò molto gli ultimi suoi mesi di vita.
Ai cattolici italiani disse che, nel caso avessero dovuto giurare fedeltà al governo, avrebbero dovuto utilizzare una formula (con riserva mentale da rendere eventualmente esplicita in un secondo momento) già indicata dal beato Papa Pio IX (1792-1878): «salve le leggi di Dio e della Chiesa».
Condannò recisamente i gesti anticattolici compiuti del governo repubblicano spagnolo con la Dilectissima Nobis (3 giugno 1933) e, dopo aver indugiato anche per difendere i cattolici baschi, il 16 maggio 1938 riconobbe il governo militare anticomunista instaurato in Spagna dal generale Francisco Franco (1892-1975).
Seguirono la condanna del nazionalsocialismo tedesco con la Mit brennender Sorge (14 marzo 1937), che ribadiva pure il principio secondo cui lo Stato, e quindi i governanti, hanno il dovere di rispettare al diritto naturale: «Questo Dio ha dato i suoi comandamenti in maniera sovrana: comandamenti indipendenti da tempo e spazio, da regione e razza. Come il sole di Dio splende indistintamente su tutto il genere umano, così la sua legge non conosce privilegi né eccezioni. Governanti e governati, coronati e non coronati, grandi e piccoli, ricchi e poveri dipendono ugualmente dalla sua parola. Dalla totalità dei suoi diritti di Creatore promana essenzialmente la sua esigenza ad un’ubbidienza assoluta da parte degli individui e di qualsiasi società. E tale esigenza all’ubbidienza si estende a tutte le sfere della vita, nelle quali le questioni morali richiedono l’accordo con la legge divina e con ciò stesso l’armonizzazione dei mutevoli ordinamenti umani col complesso degli immutabili ordinamenti divini».
Pochi giorni dopo, con la Divini Redemptoris (19 marzo 1937)condannò anche il comunismo ateo «[…] che mira a capovolgere l’ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà cristiana».
A 80 anni di distanza dalla sua scomparsa sono almeno due i punti del suo magistero certamente attualissimi: la difesa del diritto naturale e quindi della legge di Dio contro il liberalismo, che insegnava che la morale sarebbe invece un fatto privato che non riguarda lo Stato, e la condanna netta del “laicismo” oggi trionfante con il divorzio, l’aborto, le unioni civili tra persone dello stesso sesso e l’eutanasia divenute oramai leggi.