Pochi speravano nella sua caduta, ma accadde. Il ruolo della speranza, allora e oggi
di Marco Invernizzi
Infine “cadde”, contro ogni speranza e aspettativa. Così vivemmo l’evento forse più importante del XX secolo, 35 anni fa, quelli che c’erano e avevano speso una parte importante delle loro vite a combattere il socialcomunismo. Non “cadde” da solo, quasi magicamente, ma perché la storia ha un Signore che la guida e la dirige, con sapienza e provvidenza, anche se a volte permette la sofferenza di interi popoli a causa della malizia degli uomini che, in seguito all’accumularsi di tanti peccati, giunge a diventare «strutture di peccato», come spiegò san Giovanni Paolo II nel suo Magistero, in particolare nell’esortazione apostolica Reconciliatio et poenitentia (1984).
Fu una svolta epocale. Finì il mondo delle ideologie, che avevano insanguinato la terra con una guerra civile europea, diventata poi mondiale, che cominciò con la Prima guerra mondiale e terminò, appunto, con la caduta del Muro di Berlino. Molti uomini e popoli avevano tanto sofferto durante questi decenni, sia per la follia del nazionalsocialismo, razzista e pagano, sia per il lungo protrarsi del socialismo reale in diversi Paesi del mondo. Furono probabilmente le loro sofferenze e le loro preghiere che “costrinsero” il Signore della storia a intervenire e a porre fine ai sistemi politici basati sull’odio, quello razziale nel 1945 e poi anche all’odio di classe del comunismo, nel 1989, con la fine dell’URSS stessa nel 1991.
Molte speranze sorsero in quegli anni successivi, alimentate soprattutto dalla grande testimonianza del Papa venuto dalla Polonia, il cui contributo per la caduta dei comunismi era stato tanto importante. Ma non era ancora il tempo di quel periodo storico di pace che la Madonna aveva annunciato a Fatima, nel 1917: la Russia non si convertì, nonostante il periodo di effettiva libertà religiosa degli Anni ‘90, ma i suoi nuovi dirigenti cominciarono a rimpiangere l’Unione Sovietica e a rivalutare addirittura la figura di Stalin. La Cina andò persino controcorrente e, nello stesso 1989, massacrò con il suo esercito, guidato dal Partito comunista, gli studenti che chiedevano il rispetto delle più elementari libertà in piazza Tienanmen, a Pechino.
L’Occidente sprofondò nella dittatura del relativismo, perché le sue classi intellettuali cercarono di imporre i dogmi del “politicamente corretto”, che il sociologo Luca Ricolfi ha recentemente ribattezzato come «follemente corretto» (La nave di Teseo, 2024).
Ma non dobbiamo disperare. Come scrive Papa Francesco nella sua ultima enciclica sul Cuore di Gesù, attraverso la conversione del cuore possiamo convertire noi stessi, ma anche le nostre relazioni e quindi il mondo. Ci sono segnali di speranza, non solo dove la fede cristiana cresce, come in Africa e in Asia, ma anche in Occidente, dove non mancano le conversioni, anche di giovani. Parole desuete ogni tanto riemergono, come la cattedrale sommersa sott’acqua al largo della costa dell’isola di Ys, secondo l’antico mito bretone: in Italia si è tornati a ragionare sul conservatorismo grazie all’intuizione di Giorgia Meloni, in Usa il neopresidente Donald Trump ha parlato di vittoria del «senso comune». Sono piccoli segnali, ma guai se li disprezzassimo perché ci siamo fatti prendere da un atteggiamento rancoroso, triste e disperato. Appunto, senza speranza.
Venerdì, 8 novembre 2024