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L’immigrazione incontrollata e il caso Amri: lezioni per l’Italia

4 Gennaio 2017 - Autore: Alfredo Mantovano

Da “Il Foglio” del 3 gennaio 2016. Foto da Huffington Post

In un sistema sicurezza – quello italiano – che รจ probabilmente il migliore in Europa, la vicenda di Anis Amri fa emergere lโ€™inadeguatezza delle scelte politiche degli ultimi 3- 4 anni in tema di immigrazione.
Amri non viene in Italia per compiere un attentato, vi giunge su un barcone, commette reati comuni, viene giudicato, condannato e condotto in carcere, al cui interno รจ โ€œradicalizzatoโ€: terminata lโ€™espiazione, la sua potenzialitร  criminale lo fa collocare per breve tempo in un Cie, dal quale รจ poi rimesso in libertร , con un decreto di espulsione non eseguito. Per la parte corrispondente alla identificazione, alla punizione e allโ€™osservazione carceraria il sistema ha funzionato. Le lacune sono nel seguito: si รจ detto che lโ€™espulsione non รจ stata effettiva perchรฉ la Tunisia non ha collaborato per il suo rientro, e che รจ stato fatto uscire dal Cie perchรฉ i posti sono pochi.
Di fatto, un personaggio che – in base alle leggi esistenti in Italia e in Europa – mai avrebbe potuto circolare liberamente si รจ invece mosso senza ostacoli, fino alla strage del 19 dicembre a Berlino.
Quanti personaggi come Amri godono oggi dellโ€™agibilitร  a lui cosรฌ generosamente riconosciuta?
Qualche mese fa il past premier italiano, in una delle sue frequenti polemiche verbali con la Commissione europea – mai seguite da voti contrari nei Consigli dei ministri Ue -, annunciava che se lโ€™Europa avesse continuato a non dare risposte sullโ€™immigrazione lโ€™Italia avrebbe fatto da sola: non ne รจ seguito nulla.
Che cosa puรฒ un singolo Stato in una situazione cosรฌ complessa, che esige sia lโ€™intervento della Comunitร  internazionale nei luoghi di piรน consistente esodo di migranti, sia la corresponsabilitร  di ciascun componente dellโ€™Ue? Non puรฒ risolvere la questione; puรฒ ridurne gli effetti negativi incidendo sui fronti collegati dellโ€™asilo e delle espulsioni. Qualche cifra rende meglio lโ€™idea: dal 1ยฐ gennaio al 30 dicembre 2016 le persone giunte via mare in Italia sono state 181.283: il 17.84% in piรน del 2015. Non tutti coloro che arrivano presentano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato; nel 2015, a fronte di 153.842 sbarcati le istanze sono state 83.970.
Che fine hanno fatto gli altri 70.000?
Si tratta a tutti gli effetti di persone che non hanno alcun titolo di regolare soggiorno: sono privi perfino di quel permesso provvisorio rilasciato nellโ€™attesa che una Commissione asilo esamini la domanda.
Sempre nel 2015, rispetto alle domande esaminate i dinieghi sono stati il 58% (41.503), lo status di rifugiato รจ stato riconosciuto nel 5% dei casi, mentre il 36% circa ha ricevuto protezione sussidiaria o umanitaria.
Questo vuol dire che dei migranti entrati in Italia nel solo 2015 oltre 110.000 non avevano alcun titolo per restarvi: o perchรฉ la loro domanda di asilo รจ stata respinta o perchรฉ non lโ€™hanno nemmeno inoltrata. Con i piรน consistenti arrivi del 2016 il dato รจ cresciuto in proporzione e in assoluto. Sabato scorso i media hanno fornito il numero di soggetti che nel 2016 hanno avuto una espulsione effettiva, con riaccompagnamento nel Paese di origine: 5.789, appena il 5% degli irregolari arrivati.
Il problema n. 1 รจ costituito da una area di clandestinitร  che cresce al ritmo di 100.000 unitร  allโ€™anno. Unโ€™area che finora รจ stata semplicemente ignorata: fino a qualche mese fa la gran parte di loro non erano neanche identificati, nella speranza che lasciassero lโ€™Italia per raggiungere altri Stati Ue. Passare dal disinteresse politico per il fenomeno alla coerente applicazione della legge – europea e italiana -, che impone di espellerli tutti, oggi si scontra con la quantitร  di persone che andrebbero ricondotte a casa. Si puรฒ iniziare con quelli – come Amri – segnalati come pericolosi durante lโ€™osservazione in carcere o che commettono reati che, per via dei benefici riconosciuti, non conducono in un istituto di pena. Perchรฉ una espulsione sia effettiva รจ necessario: a) identificare in modo sicuro il soggetto e la sua nazionalitร ; b) accordarsi con lo Stato di origine perchรฉ lo riprenda con sรฉ; c) impedire che egli si dilegui finchรฉ sono in corso lโ€™identificazione e la trattativa con lo Stato in questione.
Servono energie, lavoro dedicato e tempo.
Quanto ad a), vanno potenziati i c.d. hotspot, aperti proprio al fine della identificazione su insistenza delle istituzioni Ue quando la โ€œfurbiziaโ€ della mancata identificazione รจ apparsa palese: attualmente sono soltanto 5, ciascuno con poche centinaia di posti, collocati in corrispondenza dei luoghi dello sbarco.
Quanto a b), da sempre gli Stati di origine resistono alla riconsegna di propri cittadini, o rifiutando la collaborazione o realizzandola al โ€œminimo sindacaleโ€ (5-7 per volta sui voli di linea); da sempre questi ostacoli sono superati con una interlocuzione diretta, che inserisca la gestione dei flussi migratori nel quadro piรน ampio della cooperazione: se non si negozia non si fa un passo in avanti.
Quanto a c), la capienza dei Cie – ridotti ad appena 5 – รจ segnalata oggi a 1.601 posti, ma la ricettivitร  effettiva รจ di 359, cioรจ nulla.
Eโ€™ interessante che il nuovo ministro dellโ€™Interno abbia indicato come prioritร  la funzionalitร  del sistema delle espulsioni e lโ€™ampliamento della rete Cie, immaginandone uno per ogni regione.
Eโ€™ un passaggio indispensabile: la sola garanzia di rimpatrio dellโ€™irregolare รจ la sua collocazione in una struttura di sicurezza che ne precluda la fuga. I tempi di permanenza al suo interno sono cambiati nel corso degli anni: ora ci si รจ attestati su un massimo normativo di 90 giorni, estensibili a 12 mesi – con autorizzazioni intermedie da parte dellโ€™autoritร  giudiziaria – se il soggetto costituisce un pericolo per lโ€™ordine e la sicurezza pubblica.
Sono tempi tali da permettere lโ€™identificazione e lโ€™accordo con lo Stato dโ€™origine.
Un Cie capiente in ogni regione permette un controllo della clandestinitร  piรน agganciato al territorio, fornisce risposte tempestive, evita la dispersione di energie dei poliziotti costretti a viaggiare dalla Toscana alla Sicilia per collocare lโ€™irregolare in un Cie. Esige la collaborazione di tutti: per una regione e chi ci abita avere un Cie al proprio interno รจ garanzia di sicurezza; per le forze politiche, al di lร  delle diversitร  ideologiche, permette di isolare chi รจ realmente pericoloso, limitando lโ€™indiscriminata reazione anti-migrante delle popolazioni.
Eโ€™ legittimo contrastare questa ipotesi di lavoro, come si รจ fatto piรน volte in passato, provocando la chiusura di quasi tutti i Cie funzionanti: a condizione di rassegnarsi alla libera circolazione di non pochi Amri che sono tra noi.

Alfredo Mantovano

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