
Da “Il Foglio” del 3 gennaio 2016. Foto da Huffington Post
In un sistema sicurezza – quello italiano – che รจ probabilmente il migliore in Europa, la vicenda di Anis Amri fa emergere lโinadeguatezza delle scelte politiche degli ultimi 3- 4 anni in tema di immigrazione.
Amri non viene in Italia per compiere un attentato, vi giunge su un barcone, commette reati comuni, viene giudicato, condannato e condotto in carcere, al cui interno รจ โradicalizzatoโ: terminata lโespiazione, la sua potenzialitร criminale lo fa collocare per breve tempo in un Cie, dal quale รจ poi rimesso in libertร , con un decreto di espulsione non eseguito. Per la parte corrispondente alla identificazione, alla punizione e allโosservazione carceraria il sistema ha funzionato. Le lacune sono nel seguito: si รจ detto che lโespulsione non รจ stata effettiva perchรฉ la Tunisia non ha collaborato per il suo rientro, e che รจ stato fatto uscire dal Cie perchรฉ i posti sono pochi.
Di fatto, un personaggio che – in base alle leggi esistenti in Italia e in Europa – mai avrebbe potuto circolare liberamente si รจ invece mosso senza ostacoli, fino alla strage del 19 dicembre a Berlino.
Quanti personaggi come Amri godono oggi dellโagibilitร a lui cosรฌ generosamente riconosciuta?
Qualche mese fa il past premier italiano, in una delle sue frequenti polemiche verbali con la Commissione europea – mai seguite da voti contrari nei Consigli dei ministri Ue -, annunciava che se lโEuropa avesse continuato a non dare risposte sullโimmigrazione lโItalia avrebbe fatto da sola: non ne รจ seguito nulla.
Che cosa puรฒ un singolo Stato in una situazione cosรฌ complessa, che esige sia lโintervento della Comunitร internazionale nei luoghi di piรน consistente esodo di migranti, sia la corresponsabilitร di ciascun componente dellโUe? Non puรฒ risolvere la questione; puรฒ ridurne gli effetti negativi incidendo sui fronti collegati dellโasilo e delle espulsioni. Qualche cifra rende meglio lโidea: dal 1ยฐ gennaio al 30 dicembre 2016 le persone giunte via mare in Italia sono state 181.283: il 17.84% in piรน del 2015. Non tutti coloro che arrivano presentano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato; nel 2015, a fronte di 153.842 sbarcati le istanze sono state 83.970.
Che fine hanno fatto gli altri 70.000?
Si tratta a tutti gli effetti di persone che non hanno alcun titolo di regolare soggiorno: sono privi perfino di quel permesso provvisorio rilasciato nellโattesa che una Commissione asilo esamini la domanda.
Sempre nel 2015, rispetto alle domande esaminate i dinieghi sono stati il 58% (41.503), lo status di rifugiato รจ stato riconosciuto nel 5% dei casi, mentre il 36% circa ha ricevuto protezione sussidiaria o umanitaria.
Questo vuol dire che dei migranti entrati in Italia nel solo 2015 oltre 110.000 non avevano alcun titolo per restarvi: o perchรฉ la loro domanda di asilo รจ stata respinta o perchรฉ non lโhanno nemmeno inoltrata. Con i piรน consistenti arrivi del 2016 il dato รจ cresciuto in proporzione e in assoluto. Sabato scorso i media hanno fornito il numero di soggetti che nel 2016 hanno avuto una espulsione effettiva, con riaccompagnamento nel Paese di origine: 5.789, appena il 5% degli irregolari arrivati.
Il problema n. 1 รจ costituito da una area di clandestinitร che cresce al ritmo di 100.000 unitร allโanno. Unโarea che finora รจ stata semplicemente ignorata: fino a qualche mese fa la gran parte di loro non erano neanche identificati, nella speranza che lasciassero lโItalia per raggiungere altri Stati Ue. Passare dal disinteresse politico per il fenomeno alla coerente applicazione della legge – europea e italiana -, che impone di espellerli tutti, oggi si scontra con la quantitร di persone che andrebbero ricondotte a casa. Si puรฒ iniziare con quelli – come Amri – segnalati come pericolosi durante lโosservazione in carcere o che commettono reati che, per via dei benefici riconosciuti, non conducono in un istituto di pena. Perchรฉ una espulsione sia effettiva รจ necessario: a) identificare in modo sicuro il soggetto e la sua nazionalitร ; b) accordarsi con lo Stato di origine perchรฉ lo riprenda con sรฉ; c) impedire che egli si dilegui finchรฉ sono in corso lโidentificazione e la trattativa con lo Stato in questione.
Servono energie, lavoro dedicato e tempo.
Quanto ad a), vanno potenziati i c.d. hotspot, aperti proprio al fine della identificazione su insistenza delle istituzioni Ue quando la โfurbiziaโ della mancata identificazione รจ apparsa palese: attualmente sono soltanto 5, ciascuno con poche centinaia di posti, collocati in corrispondenza dei luoghi dello sbarco.
Quanto a b), da sempre gli Stati di origine resistono alla riconsegna di propri cittadini, o rifiutando la collaborazione o realizzandola al โminimo sindacaleโ (5-7 per volta sui voli di linea); da sempre questi ostacoli sono superati con una interlocuzione diretta, che inserisca la gestione dei flussi migratori nel quadro piรน ampio della cooperazione: se non si negozia non si fa un passo in avanti.
Quanto a c), la capienza dei Cie – ridotti ad appena 5 – รจ segnalata oggi a 1.601 posti, ma la ricettivitร effettiva รจ di 359, cioรจ nulla.
Eโ interessante che il nuovo ministro dellโInterno abbia indicato come prioritร la funzionalitร del sistema delle espulsioni e lโampliamento della rete Cie, immaginandone uno per ogni regione.
Eโ un passaggio indispensabile: la sola garanzia di rimpatrio dellโirregolare รจ la sua collocazione in una struttura di sicurezza che ne precluda la fuga. I tempi di permanenza al suo interno sono cambiati nel corso degli anni: ora ci si รจ attestati su un massimo normativo di 90 giorni, estensibili a 12 mesi – con autorizzazioni intermedie da parte dellโautoritร giudiziaria – se il soggetto costituisce un pericolo per lโordine e la sicurezza pubblica.
Sono tempi tali da permettere lโidentificazione e lโaccordo con lo Stato dโorigine.
Un Cie capiente in ogni regione permette un controllo della clandestinitร piรน agganciato al territorio, fornisce risposte tempestive, evita la dispersione di energie dei poliziotti costretti a viaggiare dalla Toscana alla Sicilia per collocare lโirregolare in un Cie. Esige la collaborazione di tutti: per una regione e chi ci abita avere un Cie al proprio interno รจ garanzia di sicurezza; per le forze politiche, al di lร delle diversitร ideologiche, permette di isolare chi รจ realmente pericoloso, limitando lโindiscriminata reazione anti-migrante delle popolazioni.
Eโ legittimo contrastare questa ipotesi di lavoro, come si รจ fatto piรน volte in passato, provocando la chiusura di quasi tutti i Cie funzionanti: a condizione di rassegnarsi alla libera circolazione di non pochi Amri che sono tra noi.
Alfredo Mantovano
