di Renato Cirelli
1. L’esercito ducale
Il Ducato di Modena e Reggio, restaurato nel 1815 dal Congresso di Vienna (1814-1815) dopo la dominazione francese e affidato alla dinastia degli Austria-Este, nel 1859 comprende Modena, Reggio, Massa e Carrara, il Frignano, la Garfagnana e la Lunigiana con un’estensione di 6.000 kmq. e con circa 600.000 abitanti.
Allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza (1859) nel maggio del 1859, il duca Francesco V (1819-1875) è suo malgrado coinvolto nello scontro fra l’impero asburgico, cui è legato da un patto militare difensivo, e il Regno di Francia e il Regno di Sardegna. Il Ducato possiede un piccolo esercito, integrato da una milizia di riserva e formato in massima parte da volontari e da coscritti procurati dai Comuni in proporzione alla popolazione residente. Si tratta di un classico esercito dinastico, allestito per il mantenimento della sicurezza interna e che non prevede un impiego fuori dai confini. Nonostante la consistenza ridotta è comunque ben addestrato ed equipaggiato e ha già dato prove d’efficienza bellica e di fedeltà alla dinastia. Nei mesi di aprile e di maggio del 1815 ha partecipato alla campagna asburgica contro Gioacchino Murat (1767-1815) e alla battaglia di Tolentino, del 2 maggio. Successivamente ha represso i moti carbonari del 1831 a Modena, evitando che la situazione precipitasse, in attesa dell’arrivo degli imperiali, e ha riconquistato la Garfagnana e l’Oltreappennino estense invasi da repubblicani toscani; i soldati che partecipano a quelle imprese sono decorati con la medaglia Fideli militi. Inoltre l’esercito prende parte nel 1849 alla presa di Livorno, dove, in seguito alla rivoluzione del 1848, s’era insediata una giunta repubblicana.
Nei primi mesi del 1859 l’esercito ducale è chiamato a una faticosa opera di contenimento delle infiltrazioni di bande irregolari che dal Regno di Sardegna cercano di penetrare in Lunigiana e in Garfagnana, in base alla strategia della provocazione ideata dal conte Camillo Benso di Cavour (1810-1861), a capo del governo di Torino dal 1852, e tesa a favorire una situazione d’instabilità in vista della guerra contro l’Impero asburgico. Il mancato sostegno delle popolazioni di quelle zone alla propaganda e all’azione degl’infiltrati, pur in una situazione di grande tensione, rende possibile il controllo del territorio da parte delle truppe estensi che, però, nulla possono davanti al drammatico accavallarsi degli avvenimenti provocati dallo scoppio della guerra. Il 27 aprile 1859, infatti, il granduca di Toscana, Leopoldo II di Asburgo-Lorena (1797-1870), lascia Firenze senza opporre resistenza alla pressione rivoluzionaria, peraltro poco significativa, del movimento liberale toscano.
2. La seconda guerra d’indipendenza
Con il passaggio di fatto del Granducato di Toscana a fianco del Regno di Sardegna la parte del Ducato estense oltre gli Appennini si viene a trovare fra due fuochi, in una situazione militarmente insostenibile, sì che il 28 aprile le truppe ducali evacuano Massa e Carrara, pur continuando validamente a contrastare in Garfagnana e Lunigiana i Cacciatori della Magra che, al comando del generale sardo Ignazio Ribotti di Molières (1809-1865), cercano di avanzare dalla Liguria. L’arretramento dell’esercito asburgico dopo la sconfitta di Montebello, del 20 maggio 1859, costringe i reparti estensi ad abbandonare tutti i territori dell’Oltreappennino dal 21 maggio e a concentrarsi sui valichi per fronteggiare le truppe toscane che, guidate dal generale Girolamo Calà Ulloa (1810-1891), cercano d’invadere il Ducato attraverso il passo dell’Abetone. Ma la notizia della battaglia di Magenta, del 4 giugno, della successiva entrata a Milano dell’armata franco-sarda e del ritiro dell’esercito imperiale fra le fortezze del Quadrilatero obbligano le truppe asburgiche presenti a Modena a ritirarsi oltre il Po, abbandonando l’esercito ducale, troppo esiguo per opporsi all’imminente invasione.
Il ritiro degl’imperiali dalle Legazioni di Bologna e di Ferrara e l’abbandono di Parma, lasciata senza difesa dalla duchessa Maria Luisa di Borbone (1819-1864), e la simultanea avanzata dei Corpi franchi toscani e del V Corpo francese del principe Girolamo Napoleone Bonaparte (1822-1891) dalla Toscana obbligano Francesco V, nell’impossibilità di difendersi, a lasciare il Ducato, benché la popolazione manifestasse sentimenti di fedeltà al governo. L’11 giugno il duca lascia dunque i suoi Stati e quasi tutto l’esercito lo segue spontaneamente. Su un totale di 3.800 uomini 3.623 fra soldati e ufficiali, con 229 cavalli e 4 cannoni, scelgono la via dell’esilio, che sperano provvisorio, marciando ordinatamente lungo la strada da Modena a Mantova, con la bandiera militare bianco-azzurra estense. Passa il Po tutto lo stato maggiore, guidato dal generale Agostino Saccozzi (1790-1865) di Correggio, reduce della campagna del 1815 contro Murat e di quella del 1831 contro i Carbonari; seguono il Reale Reggimento Estense di Linea, il battaglione dei Reali Cacciatori del Frignano, gli squadroni dei Dragoni Estensi, l’artiglieria da campagna, il Reale Corpo dei Pionieri, il Genio e la Sanità. A protezione personale del duca sono la guardia palatina dei Reali Trabanti e la Guardia Nobile d’Onore Estense, formata da aristocratici di Modena, di Reggio e di Massa Carrara.
Giunte nel Quadrilatero le truppe del duca vengono riorganizzate con la denominazione di Reale Ducale Brigata Estense e inquadrate nel Secondo Corpo d’Armata austriaco. Ma l’esser italiani provoca una certa diffidenza da parte del Comando asburgico e nella risolutiva giornata di San Martino e Solferino, il 24 giugno 1859, le truppe estensi non vengono impiegate in battaglia, ma tenute di riserva. L’armistizio di Villafranca, che pone fine al conflitto l’11 luglio, e la successiva pace di Zurigo, che il 10 novembre dispone la restituzione a Francesco V del Ducato di Modena, provocano nelle file della Brigata Estense — che giunge a superare i quattromila effettivi — un continuo afflusso di giovani spinti dall’ostilità verso il nuovo Stato liberale e verso la coscrizione obbligatoria.
Intanto scoppiano rivolte legittimiste nel Frignano e nella Bassa modenese, per sedare le quali vengono mobilitati la Guardia Nazionale e i Cacciatori della Magra. A fronte di gruppi di contadini lealisti, armati con fucili sottratti alla Guardia Nazionale, che occupano i guadi del Po per favorire il rientro della Brigata Estense, il Dittatore delle Provincie Modenesi Luigi Carlo Farini (1812-1866) è costretto a emanare, il 15 ottobre 1859, un proclama in cui intima agl’insorti e ai fuoriusciti il disarmo e il ritorno in patria, pena l’imputazione di alto tradimento e la perdita dei diritti civili. Ritiene d’intervenire lo stesso Giuseppe Garibaldi (1807-1882), che furbescamente pensa di rivolgersi “[…] non agli sgherri del Duca di Modena, a coloro che demoralizzati dall’oro e dai delitti hanno venduto l’anima ai nemici d’Italia, ma agli Italiani che per inganno o per lusinga si trovano con essi sventuratamente immischiati”.
3. La Brigata Estense in esilio
Le clausole della pace di Zurigo non vengono, però, applicate e la rinuncia diplomatica dell’Impero asburgico, più che la sua sconfitta militare, consolida il fatto compiuto della costituzione delle giunte rivoluzionarie liberali di Modena, di Parma, di Firenze e delle Legazioni romagnole, che con plebisciti manipolati proclamano l’annessione al Regno di Sardegna. Ciononostante la gran parte dei militari estensi rifiuta di congedarsi al termine della ferma e rimane in servizio a tempo indeterminato nella Brgata Estense. La fine di ogni possibilità di restaurazione non fa quindi desistere dalla volontaria condizione d’esilio l’esercito ducale, che resta intatto di stanza nel Veneto, ormai però sempre più mal sopportato dallo stesso governo austriaco, che la considera presenza imbarazzante e onerosa. Allora Papa Pio IX (1846 -1878), preoccupato per la temuta invasione sarda degli Stati Pontifici, nel settembre del 1860 chiede che tali truppe vengano impiegate a difesa di Ancona con l’esercito pontificio.
Il governo austriaco, neutrale di fronte al conflitto fra Regno di Sardegna e Stati della Chiesa, si dichiara disposto ad acconsentire a tale richiesta solo dopo lo scioglimento della Brigata Estense e dopo la partenza dei singoli militari come volontari, ma i soldati insistono per andare a difendere il Papa inquadrati nella loro Brigata e sotto le bandiere ducali. Il duca, preoccupato che l’esercito sardo non riconosca agli estensi, eventualmente catturati, lo status di prigionieri, tacciandoli di tradimento, si riserva di lasciar partire i suoi solo quando l’esercito pontificio abbia conseguito qualche successo nella campagna in atto. E così la spedizione non avvenne mai. Dai territori del Ducato continua intanto l’afflusso di volontari, finché le stesse autorità austriache non cominciano a rimandarli indietro, bloccandoli al confine. Il 24 settembre 1862 il governo italiano decreta un’amnistia per chi fosse rientrato entro sei mesi in patria, ma meno di centocinquanta militari scelgono di tornare a casa, benché lo stesso Francesco V lasci tutti liberi di congedarsi con onore.
4. Lo scioglimento
La Brigata Estense rimane in territorio veneto a languire dignitosamente, nonostante le molte umiliazioni subite, destando comunque lo stupore degli austriaci per la perseveranza dimostrata e suscitando l’ammirazione dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo (1830-1916), che il 17 marzo 1863 passa in rivista i militi rivolgendo loro, in italiano, parole di plauso e d’incoraggiamento. Ma ormai le ragioni politiche e diplomatiche spingono l’Impero asburgico a non mantenere più in vita il piccolo esercito e il 16 agosto 1863, con una commovente cerimonia davanti a Francesco V, viene dichiarato lo scioglimento della Reale Ducale Brigata Estense. Però, dei 158 ufficiali e 2.564 soldati presenti all’atto dello scioglimento, optano per il ritorno in patria solo un ufficiale e 1.200 soldati, mentre gli altri preferiscono entrare nell’armata imperiale: nel 1866 molti di loro combatteranno con valore nella guerra contro il Regno di Prussia e il Regno d’Italia. L’amnistia, emanata in quell’anno, dopo la terza guerra d’indipendenza (1866), dal governo italiano, permette il rientro anche agli irriducibili, ma ancora una volta pochi ne approfittano.
La storia della Brigata Estense testimonia il lealismo e la fedeltà non solo di un esercito, ma anche di una popolazione, quella del Ducato di Modena e Reggio, alle proprie istituzioni e al proprio sovrano, contro la violenza rivoluzionaria manifestatasi con l’invasione militare realizzata dal governo liberale del Regno di Sardegna. Nel Giornale della Reale Ducale Brigata Estense si legge: “Noi vogliamo con ciò dire che la patria nostra in un riordinamento di cose dovrà trovarsi in circostanze ben modificate, ed una ristaurazione pura e semplice del passato […] è impossibile, e neppure desiderabile. L’Italia legittimista dovrebbe ricostituirsi più forte e compatta, e tale da permettere di tener testa meglio che in passato ai nemici che con troppa facilità l’atterrarono. Quindi vediamo inseparabile da una restaurazione l’adozione di una bandiera federale unita all’autonomia di ogni Stato, quindi la formazione di una armata nazionale nel suo vero senso, le strade ferrate dovrebbero portar seco di conseguenza una lega doganale, postale, telegrafica, e certa uniformità delle leggi e nei regolamenti dei diversi Stati”. Questo era il pensiero degli italiani che si opposero alla rivoluzione risorgimentale, convinti che l’Italia dovesse essere unita non dal liberalismo di Cavour, dal social-massonismo di Garibaldi e dal repubblicanesimo di Giuseppe Mazzini (1805-1872), ma nel rispetto della religione e delle tradizioni civiche e politiche dei popoli italiani.
Renato Cirelli
Per approfondire: vedi un quadro della storia del Ducato di Modena e Reggio durante il regno e l’esilio del Duca Francesco V in Teodoro Bayard de Volo (1814-1889), Vita di Francesco V Duca di Modena (1819-1875), 4 voll., Aedes Muratoriana, Modena 1983; una storia della Brigata Estense in Anonimo, Giornale della Reale Ducale Brigata Estense, ristampa anastatica con prefazione di Giordano Bertuzzi, Aedes Muratoriana, Modena 1977; Enzo Gasparini Casari, La Reale Ducale Brigata Estense, in Rivista Storica, anno VII, n. 4, maggio 1994, pp. 61-69; e Anonimo, Cinquantadue mesi d’esilio nelle Ducali Truppe Estensi. Da giugno 1859 a settembre 1863, Tipografia Emiliana, Venezia MDCCCLXIII.