di Marco Respinti
1. La tempesta rivoluzionaria
Negli anni dal 1796 al 1814 il tentativo di esportare la Rivoluzione di Francia del 1789 raggiunge il Tirolo e la terra intra montes, abitata da genti di lingua tedesca, ladina e italiana, risponde con quanto gli storici Josef Nössing e Heinz Noflatscher chiamano «l’epopea eroica 1796-1814». Nell’autunno del 1796 l’esercito rivoluzionario francese invade Trento e Lavis, ma le truppe austro-tirolesi ne hanno ragione. Nella primavera del 1797 esso viene affrontato in Val d’Isarco, battuto a Spinges e ricacciato verso la Carinzia. Nel corso del 1799 l’alta Val Venosta è occupata e saccheggiata dai francesi, che prendono possesso anche del Trentino. Poi l’avanzata generale degli austro-russi riesce a liberare l’intera penisola italica. Il 14 giugno 1800, però, le forze della Coalizione antifrancese vengono sconfitte a Marengo. Escluso progressivamente l’impero asburgico dall’Italia Settentrionale, Napoleone Bonaparte (1769-1821) organizza i territori riconquistati, batte gli austro-russi a Ulma il 20 ottobre e ad Austerlitz il 2 dicembre 1805, e il 26 dicembre conclude il Trattato di Presburgo con il governo di Vienna, trattato che, fra l’altro, sancisce la cessione del Tirolo e del Vorarlberg, oltre ai principati vescovili secolarizzati di Bressanone e di Trento, all’alleato Massimiliano Giuseppe I di Wittelsbach (1756-1825), sovrano della Baviera eretta a regno nel 1806.
Il nuovo corso politico è di tipo nazional-statalistico e, se il popolo bavarese è cattolico come quello tirolese, lo stesso non si può dire dei dirigenti, spesso affiliati alla setta socialistico-massonica degli Illuminati di Baviera, fondata da Adam «Spartacus» Weishaupt (1748-1830). Rinominato Baviera Meridionale, il Tirolo rinnova le pene dell’occupazione bavarese del 1703 a causa del centralismo e delle vessazioni. Viene coniata una nuova moneta, presto deprezzata, che confonde i commerci e colpisce i poveri, ed è abolita l’autonomia amministrativa dei comuni, suddividendo artificialmente il territorio nei Circoli dell’Inn, dell’Isarco e dell’Adige. La politica religiosa è durissima: i confini ecclesiastici e civili sono uniformati e i vescovi di Coira e di Trento vengono addirittura allontanati dalle proprie sedi. Il governo — con la regia del primo ministro bavarese, l’«illuminato» marchese Maximilian Garnerin de Montegelas, primo ministro del re di Baviera (1759-1838), e con la mallevadoria dell’altrettanto «illuminato» conte Carlo Maria Ruperto d’Arco, ciambellano di re Massimiliano Giuseppe I, nominato Commissario Generale del Tirolo a Innsbruck il 22 gennaio 1806 e noto anticattolico — impone ai vescovi il placet per le ordinazioni sacerdotali e nomina i parroci vincolandoli a un giuramento di fedeltà. Quando il popolo — che chiama «luterani» i nuovi governanti, anche se di fatto non lo sono, per indicare la loro estraneità religiosa — diserta le funzioni dei «giurati», dalla Baviera giungono nuovi sacerdoti. Chi sospende il lavoro nei campi per le ricorrenze religiose e chi la domenica indossa l’«abito della festa» viene arruolato forzatamente. Processioni, pellegrinaggi, uffici religiosi notturni e suono delle campane vengono proibiti. Nel 1808, contravvenendo a usi plurisecolari, è imposto l’obbligo della coscrizione militare.
2. La Contro-Rivoluzione tirolese
In tutto il Tirolo, Settentrionale e Meridionale, scoppia dunque la rivolta nella forma di difesa territoriale. I primi incidenti si verificano a Predazzo, fra il 6 e il 12 marzo 1809, anno che vede la Contro-Rivoluzione scoppiare nuovamente in tutto il Regno d’Italia, costituito da Napoleone nel 1805. Ma è il 9 aprile la data che indica tradizionalmente l’inizio dell’insurrezione generale, la quale incoraggerà anche altri moti popolari in Veneto e nell’ex Legazione di Ferrara. Carlo Botta (1766-1837), in Storia d’Italia dal 1789 al 1814, del 1824, riferisce che i paesani gridavano «senza posa, in nome di Dio, in nome della santissima Trinità», un grido misto «di terrore e di religione»: «Quest’erano le voci di una patria santa ed offesa». Un insorto dice che «li francesi chiamavan questa massa briganti, quando questi non si sollevarono che per pura difesa della religione e della patria». Il 12 aprile, sul monte Isel, i franco-bavaresi si arrendono al maggiore austriaco Martin Teimer (1778-1838), già attivo nei collegamenti fra Vienna e Tirolo. Trento e Rovereto sono in mano nemica, ma il 14 gl’insorti ritornano alle proprie abitazioni e, ripassando da Sterzing, restituiscono tutto quanto depredato nei saccheggi. Il 17, a Castel Tirolo, il barone Josef von Hormayr (1782-1848) prende possesso del paese liberato a nome della corona asburgica. Il 24 è liberata Trento e il 26 Rovereto. Quando, il 20 maggio, i franco-bavaresi rioccupano Innsbruck minacciando Vienna, gli austriaci ripiegano in Carinzia. Gli Schützen, le «guardie», e le milizie scatenano l’offensiva: il 29 vincono sull’Isel. Nello stesso giorno, a Wolkersdorf, Francesco I d’Austria, imperatore con il nome di Francesco II (1768-1835), promette di non cedere mai più Tirolo e Vorarlberg, ma, sconfitta la quinta Coalizione antifrancese a Wagram il 4 luglio, i due Länder tornano alla Baviera con l’armistizio di Znaim, siglato il 12. A fine mese, il maresciallo di Francia François Joseph Lefebvre (1755-1820), alla testa di ventimila francesi, bavaresi e sassoni, intima la resa ai tirolesi; il governo di Vienna si offre di arruolare gl’insorti nel proprio esercito. Dopo gli scontri attorno a Bressanone dell’inizio d’agosto i franco-bavaresi rientrano a Innsbruck, ma, nella terza battaglia dell’Isel, fra il 13 e il 14, i tirolesi vincono ancora.
In settembre i francesi occupano Trento; poi, il 14 ottobre, la firma del Trattato di pace di Schönbrunn, presso Vienna, mette fine a ogni concreta speranza. Il Tirolo viene occupato in forze, il Trentino è unito al Regno d’Italia, Innsbruck è presa il 28-29 ottobre. Gl’insorgenti sono ora considerati solo traditori e ribelli. Il 1° novembre la quarta battaglia dell’Isel segna la prima e definitiva sconfitta tirolese: è la resa, proclamata l’8 a Sterzing. In dicembre, con la fine degli ultimi moti nelle Alpi Giudicarie ha termine definitivamente l’insorgenza tirolese. Molti riparano in Austria, altri tornano alla vita comune e gl’irriducibili vengono presto catturati e fucilati. Il Tirolo è spartito fra Baviera, Regno d’Italia e Province Illiriche, per tornare libero solo con il declino di Napoleone seguito alla sconfitta di Russia nel 1812. Ma neanche la Restaurazione (1815-1830) dona alla «terra fra i monti» tutte le antiche libertà. L’Ottocento e il Novecento vedono, poi, l’affermarsi di ideologie radicali estranee alla vera anima tirolese, nonché l’avvento di nazionalismi contrapposti che falsificano l’identità cattolica del paese e delle rivolte contro-rivoluzionarie combattute da tutti i tirolesi, tedeschi, ladini e italiani. Questi ultimi, del resto, nella grande insorgenza del 1809 offrono ben diciottomila armati, dei quali quattromila soccombono.
3. Andreas Hofer (1767-1810)
Il capo indiscusso della rivolta tirolese nasce il 22 novembre 1767 nel maso di Sand nei pressi di Sankt Leonhard, in Val Passiria. A Cles, in Val di Non, studia l’italiano. Il 21 luglio 1789 si sposa con Anne Gertrud Ladurner (1765-1836), e ha sette figli. Alla convocazione degli Stati Generali di Innsbruck nel 1790 è rappresentante nella Dieta Regionale della Passiria. Commerciante di cavalli, poi albergatore, è assai benvoluto e già piuttosto noto prima dell’insurrezione. Caporale della compagnia di Schützen di Merano, nell’agosto 1796 Hofer ferma i francesi al Passo del Tonale; comandante della prima compagnia territoriale della Val Passiria, in novembre vince in Val Sugana; nel 1797 è responsabile, con altri, del successo militare di Spinges; ancora, il 29 marzo, e poi fra il 2 e il 3 aprile, costringe il nemico ad abbandonare Bolzano; nel 1799 combatte i francesi che provengono dalla Svizzera. Noto alla polizia bavarese come patriota sin dal 1807, dopo l’Anschluß, l’«annessione», è contattatto da emissari austriaci che cercano capi naturali della popolazione tirolese. Nel gennaio del 1809, a Vienna per ultimare i preparativi dell’insurrezione assieme a Franz Nessing e a Peter Huber, incontra l’arciduca Giovanni d’Austria (1782-1859) e il barone von Hormayr. In aprile, comandante in capo delle forze tirolesi, consegna il paese liberato al plenipotenziario asburgico. Poi è in Trentino con seicento compagni e il 6 luglio, nel palazzo Arsio di Revò, organizza i volontari della regione. Il Provinciae defensor si reca quindi in pellegrinaggio al santuario di San Romedio. A Cles è detto «vero strenuo difensore e liberatore del Tirolo tanto settentrionale che meridionale». Con «Barbòn» — il suo soprannome trentino — vi sono altri capi, fra cui il frate cappuccino Joachim Haspinger (1776-1858), Peter Mayr (m. 1810), Josef Speckbacher (1767-1820), Peter Siegmair e, nel Tirolo italiano, il maggiore Alessandro Stanchina, nonché i capitani Gioacchino Bertelli, Ottavio Bianchi e Bernardino dal Ponte. Dopo la terza vittoria sull’Isel, su richiesta di cittadini e di contadini, assume il governo della regione «in nome dell’Imperatore»; Reggente del Tirolo, pur senza mandato ufficiale di Vienna, s’insedia nel palazzo reale di Innsbruck. Gli sono consiglieri Matthias Delama, Matthias Purscher, il fedelissimo Kajetan «Döninger» Sweth (1785-1864) e l’ambiguo don Josef Daney, che in seguito perde la stima del comandante. Qui, il 1° settembre, Hofer lancia un proclama ai tirolesi di tutte le lingue per l’organizzazione della difesa: si costituiscono allora cinquantasei nuove compagnie, di cui quarantotto nel Tirolo italiano. Il 4 seda giustificati malumori fra i tirolesi italiani, che definisce «miei cari e bravi compatriotti e compagni d’arme». Il 4 ottobre l’imperatore l’insignisce della prestigiosa Ehrenkette, l’onorificenza per l’organizzazione della difesa territoriale. In novembre, in una lettera al vicerè d’Italia, Hofer indica ne «la completa abolizione dei nostri privilegi e dei nostri statuti che solenni trattati ci avevano garantiti fino all’ultimo giorno» la causa della rivolta: l’esercito franco-bavarese è, infatti, «nemico del trono, della religione e del benessere dei popoli». Alla fine della guerra, torna in Val Passiria. La repressione è implacabile. Rifiutata la via della fuga, il comandante si nasconde sulla montagna del Pfandleralm con la moglie, il figlio Johan (m. 1855) e l’amico Sweth. Ma l’indigenza e l’avidità creano nemici insospettati e Franz Raffl (1775-1830), un poveraccio attratto dalla forte taglia posta sul capo del «brigante», lo denuncia. Fra il 27 e il 28 gennaio 1810 è catturato. Liberati i famigliari, il prigioniero è tradotto a Merano e poi a Bolzano; al suo passaggio nel Tirolo italiano la popolazione si dispera. Condotto a Mantova, attende il processo mentre la popolazione, esasperata dai francesi, solidarizza con il prigioniero cercando, senza successo, di riscattarne la vita. Il 5 febbraio è nella fortezza di Cittadella, dove il 19 si celebra un processo di cui Napoleone ha già deciso la sentenza; condannato a morte, l’oste della Val Passiria Reggente del Tirolo viene fucilato a Cittadella — dove ancora sorge il Parco a lui dedicato — il 20 febbraio. Sull’Isel e a Merano due statue del comandante inneggiano: «für Gott, Kaiser und Vaterland», «per Dio, per l’imperatore e per la patria». Nel 1845, su un giornale d’Inghilterra dove le rivolte tirolese e vandeana erano state ben viste, il teorico comunista Friedrich Engels (1820-1895) si domanda: «Il nome di Hofer merita di essere applaudito da democratici? Hofer era un contadino stupido, ignorante, bigotto, fanatico, il cui entusiasmo era quello della Vandea, quello di “Chiesa e imperatore”. Egli combattè con coraggio, ma anche i vandeani fecero lo stesso contro i repubblicani». Botta osserva: «Distruggeva Napoleone le patrie altrui, sdegnoso anche contro gli amici: difendeva Hofer la sua, dolce anche contro coloro che la chiamavano a distruzione e a morte».
Marco Respinti
Per approfondire: vedi lineamenti storici in Silvio Girardi, Storia del Tirolo dal 1300 al 1918. La Confederazione del Tirolo, Associazione Culturale «Vecchio Tirolo», Mezzocorona (Trento) 1984; e in Josef Nössing e Heinz Noflatscher (a cura di), Storia del Tirolo. Note sulla mostra a Castel Tirolo, Provincia Autonoma di Bolzano, Bolzano 1986; sulla Contro-Rivoluzione, vedi Candido Degiampietro, Le milizie locali fiemmesi dalle guerre napoleoniche alla fine della Ia guerra mondiale (1796-1918), Pezzini, Villalagarina (Trento) 1981; Lorenzo Dalponte, Uomini e genti trentine durante le invasioni napoleoniche. 1796-1810, Bernardo Clesio, Trento 1984; AA. VV., Andreas Hofer e la sollevazione del Tirolo nel 1809, in Letture trentine e altoatesine, anno VII, n. 38, giungo 1984, pp. 39-127; Italo Caracciolo, Andrea Hofer nell’insurrezione antibavarese del 1809, Zanichelli, Bologna 1928; un buon romanzo storico è Francesco Mario Agnoli, Andreas Hofer, eroe cristiano, con una prefazione di Marco Tangheroni, 3a ed. accresciuta, Res, Milano 1991.