La decisione della Corte di appello di Trento sostituisce la duplicità della figura dei genitori con la duplicazione della stessa figura
Il caso. Due uomini hanno un figlio fuori dall’Italia attraverso la maternità surrogata e ne registrano la nascita dichiarandosene genitori. Tornati in Italia chiedono la trascrizione nel comune di residenza, ottenendo un rifiuto. Ricorrono al giudice: con una ordinanza depositata il 23 febbraio e resa nota oggi, la Corte di appello di Trento dà loro ragione. La lunga motivazione del provvedimento affronta varie questioni: quella centrale è il «superiore interesse del minore”, chiamato in causa dai giudici, i quali sostengono che il bambino sarebbe danneggiato se in Italia non avesse continuità giuridica la situazione determinatasi nell’ordinamento nel cui territorio egli è nato. Gli stessi giudici precisano – quasi a prevenire obiezioni – che non è in discussione la pratica in Italia dell’utero in affitto: sono ben consapevoli che è vietata, e lo mettono in chiaro.
Senza legittimare l’utero in affitto – cosi scrivono -, la loro decisione si pone il problema di non provocare fratture fra quel che è accaduto all’estero e lo status che il bambino è chiamato ad assumere in Italia.
Provo a seguire il loro iter logico; con qualche fatica, perché verrebbe spontaneo osservare che decisioni del genere favoriscono i viaggi all’estero, propagandati dai siti specializzati, per fare figli con l’ovulo e l’utero di altre: il solo — non irrilevante — ostacolo è capire a chi appartiene il bambino una volta tornati in Italia. Ordinanze come questa superano l’ostacolo.
Ma – ripeto – mi muovo sulla lunghezza d’onda del “superiore interesse del minore”: che è da sempre il criterio-guida dell’ordinamento minorile.
Tenendo conto di esso, quando si trovano di fronte a un bimbo senza genitori o del quale si è constatato lo stato di abbandono, i giudici minoriIi sono tenuti a individuare una collocazione il più possibile conforme a modelli di vita naturali.
Fino a qualche anno fa le riserve verso alcuni tribunali per i minori si fondavano su un loro eccesso di zelo: nel senso che giungevano a dichiarare adottabili minori che vivevano in difficoltà ma non in condizioni di completo abbandono, e penalizzavano genitori veri “colpevoli'” di vivere in povertà; in parallelo, misuravano l’idoneità dei genitori adottivi facendo riferimento a standard di vita certamente superiori alla media.
La pronuncia della Corte di Trento cade nell’estremo opposto: nel momento in cui impone al comune la registrazione come figlio di genitori “same sex” di un bambino nato all’estero a seguito di maternità surrogata, con ciò stesso afferma il principio secondo cui il “superiore interesse del minore” consiste nell’avere due “genitori” dello stesso sesso. Spero che essere contrario a questa conclusione non mi guadagni in automatico l’etichetta di essere discriminatorio e confessionale.
Ti vuoi porre realmente dal lato del minore? Non puoi prescindere dal dato naturale della duplicità maschio/femmina della figura dei genitori. Il provvedimento di Trento sostituisce la duplicità della figura dei genitori con la duplicazione della stessa figura.
Questo si traduce nei fatti in un impoverimento del minore, perché lo priva della ricchezza di una crescita e di una educazione che provengono dalla completezza pedagogica che dà la compresenza delle due distinte figure. Non è in discussione la capacità affettiva: è in discussione una complementarietà che non deve essere sottratta.
La sorte ti può riservare di perdere uno o entrambi i genitori; ma se stai decidendo il futuro di un minore non puoi “programmare” per lui un oggi e un domani privi di un genitore: anche se l’altro è moltiplicato per due.
Alfredo Mantovano
Da “Il Foglio” del 28 febbraio 2017. Foto da Il Giornale