Valtellina, sette del mattino in un albergo, colazione davanti al tg5. Nella sala entra una giovane cameriera mentre annunciano l’abolizione dei voucher. Ascolta e commenta: “Non ho parole, sono impazziti. Ci vogliono costringere a lavorare in nero“.
Così viene percepita dalle persone normali, giovani e precarie, l’ultima impresa del governo italiano che, come ha detto l’ex ministro del lavoro Maurizio Sacconi, ci riporta indietro di vent’anni, nel buio dello statalismo più rigido.
Spero che gli esperti di economia approfondiranno il tema, io mi limito a riportare come la gente ha percepito questa iniziativa che ha avuto come scopo quello di impedire, con il prossimo referendum indetto dalla Cgil, una nuova frattura interna alla sinistra. Sono così stati sacrificati i voucher, cioè un modo di dare lavoro che supera il problema di un costo del lavoro proibitivo per famiglie, piccole imprese e artigiani. L’effetto che otterrà questa iniziativa sarà quello di confermare in molti italiani la percezione delle istituzioni, il governo ma più in generale lo Stato, come un nemico che ti impedisce di crescere e di vivere meglio.
Questa è l’Italia, che ci possiamo fare, mi suggerisce l’angelo cattivo. Possiamo fare ancora molto, replica l’angelo buono.
Che l’Italia vada male non c’è bisogno che ve lo scriva, lo vedete voi meglio di me. Va male perché tutto crolla, tutti litigano con tutti, nessuno riesce a mettersi d’accordo con nessuno e ogni collaborazione dura lo spazio di un mattino. È la caratteristica finale di un mondo che muore, come avvenne con la fine dell’impero romano. Ma, anche allora, i cristiani seppero fare la differenza. Chi difendendo i confini dell’impero come il generale Stilicone, chi costruendo le comunità che avrebbero generato la cristianità come San Benedetto o come Cassiodoro, chi facendo da consigliere dei nuovi dominatori barbari, e poi finendone ucciso, come San Severino Boezio.
Da parte nostra, cerchiamo di rimanere con i piedi per terra. Siamo alla fine di un mondo, ma la vita continua e un mondo nuovo vedrà la luce. Il nostro principale contributo consiste nel formare persone che siano in grado di ricostruire ambienti perché conoscono il male che ha portato alla morte della civiltà cristiana, e perché conoscono la Rivoluzione, la hanno combattuta e continuano a farlo. Consapevoli di fare una proposta politicamente scorretta, non stanchiamoci di continuare a farla, seminando un po’ di speranza in un mondo disperato.
Marco Invernizzi