Ignazio Cantoni, Cristianità n. 381 (2016)
I. Questa sera ho ricevuto l’incarico di presentarvi una novità editoriale (*), la pubblicazione di una raccolta di testi dello storico, letterato e pensatore svizzero Gonzague de Reynold (1).
Non mi propongo di parlarvi specificamente dei contenuti del libro, né del suo autore — su cui la Presentazione di Cantoni è ampia e molto chiara (2) —, ma ho la pretesa di convincervi che questo libro va acquistato, letto e riletto.
II. Autore non sistematico e poliedrico, Reynold ha come dominante i temi della storia della cultura e della sociologia della civiltà, e come oggetto ultimo di riflessione l’Europa, accostata secondo lo schema dei cerchi concentrici a partire dalla propria patria, la Svizzera, alla cui storia e alle cui vicende politiche ha dedicato migliaia di pagine. A sua volta, la storia dell’Europa viene contestualizzata nel cerchio ancora più ampio costituito dall’azione della Provvidenza nella storia, che trova la sua pienezza nella fondazione e nella propagazione della Chiesa cattolica. È un autore molto importante per Alleanza Cattolica: il suo fondatore, Giovanni Cantoni, da circa cinquant’anni gli dedica attenzione, lo chiama maestro, ne pubblica stralci di opere ed esorta il suo prossimo a occuparsene (3).
Il libro che avete fra mani è stato composto sulla base di instrumenta predisposti a supporto di conferenze e di articoli per riviste, il cui arco temporale si estende indicativamente fra il 1930 e il 1950.
Molti dei titoli più significativi di Reynold sono, a causa della loro mole, «inavvicinabili» se non a cultori, muniti fra l’altro di tempo e di coraggio: i testi qui presentati sono preziosi perché riduzioni organiche dell’impianto e delle conclusioni che caratterizzano tali monumenti — in special modo La formation de l’Europe (4) e L’Europe tragique (5) —, e lo sono ancor di più per il fatto di avere il medesimo autore.
III. Ho esordito dicendo che il libro è da leggere e da rileggere; inizio l’argomentazione con due lunghe citazioni di Giovanni Cantoni.
«Il 23 novembre 1995, Papa [san] Giovanni Paolo II [1978-2005], parlando a Palermo al III Convegno Ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana, affermava: “Ora però non è più possibile farsi illusioni, troppo evidenti essendo divenuti i segni della scristianizzazione nonché dello smarrimento dei valori umani e morali fondamentali. In realtà tali valori, che pur scaturiscono dalla legge morale inscritta nel cuore di ogni uomo, ben difficilmente si mantengono, nel vissuto quotidiano, nella cultura e nella società, quando vien meno o s’indebolisce la radice della fede in Dio e in Gesù Cristo”.
«Dunque, le crisi e le febbri che si sono succedute negli ultimi cinque secoli in Occidente non erano segni di crescita, ma coerenti segnali di morte. Dunque, la civiltà cristiana romano-germanica è finita, e non con una catastrofe militare, ma con una catastrofe culturale, che comporta una “catastrofe antropologica”: però la vita continua, e con essa la vita sociale. Una parte di umanità, un mondo umano di rilevanza mondiale, perché autore di missione e di civilizzazione, d’imperialismo e di colonialismo nel mondo intero, conosce non la fine della storia, ma la fine della propria storia; è entrato in un “periodo vuoto” — “epoca di torbidi” o “interregno” che sia —, in una bagarre, il cui panorama è caratterizzato da rovine di istituzioni e da brandelli di costume, ma — soprattutto — da disomogeneità culturale. Questa comporta una conflittualità panica, non solo e certo non principalmente militare, esterna all’uomo, ma prossima all’uomo stesso singolarmente considerato, quando non addirittura a lui interna, quale — per esempio — quella che oppone nel divorzio i coniugi che pur si sono liberamente scelti, o la madre al figlio nell’aborto oppure l’uomo a sé stesso nell’uso della droga e nel suicidio.
«È possibile, è lecito parlare di morte dopo l’apertura del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e mentre è in corso lo sfascio del polo occidentale e originario del sistema imperiale socialcomunista? Papa Giovanni Paolo II afferma in proposito: “Sarebbe […] semplicistico dire che è stata la Divina Provvidenza a far cadere il comunismo. Il comunismo come sistema è, in un certo senso, caduto da solo. È caduto in conseguenza dei propri errori e abusi. Ha dimostrato di essere una medicina più pericolosa e, all’atto pratico, più dannosa della malattia stessa. Non ha attuato una vera riforma sociale, anche se era divenuto per il mondo una potente minaccia e una sfida. Ma è caduto da solo, per la propria immanente debolezza.
«“[…] La caduta del comunismo apre davanti a noi un panorama retrospettivo sul tipico modo di pensare e di agire della moderna civiltà, specialmente europea, che ha dato origine al comunismo”. Quindi, l’ultima fase di un morbo si è presentato come medicamento, il malato è morto e con lui è venuta meno anche la malattia» (6).
«L’Occidente vive ormai da oltre cinque secoli l’agonia della Cristianità — la civiltà cristiana romano-germanica indicata anche come Medioevo —, un’agonia esito prima della separazione, poi della dialettizzazione fra fede e vita e fra fede e cultura. E la stessa Modernità — con questo termine o con quello di Rivoluzione è corrente qualificare tale tempo e tale processo — va dissolvendosi nella socializzazione del contagio, originariamente proprio di gruppi minoritari, a ogni singolo membro della società stessa: così, attraverso il trionfo di un’“antropologia senza storia, senza chiamata al futuro”, con il malato viene morendo anche il virus che lo sta uccidendo» (7).
Quanto segue vuole essere, nella mia piena ed esclusiva responsabilità, una loro interpretazione e un loro dipanamento perché, a mio avviso, queste citazioni costituiscono la migliore introduzione al testo che presentiamo.
IV. «Rivoluzione» è il paradigma proposto dal pensatore e uomo d’azione brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) — non è il primo né l’ultimo ad averlo fatto (8), ma probabilmente è il più importante del secolo XX (9) — per interpretare l’ultima epoca del mondo occidentale e cristiano, iniziata indicativamente nel secolo XIV (10).
Tale epoca è caratterizzata da quattro fratture: Riforma protestante, del 1517; Rivoluzione francese, del 1789; Rivoluzione d’Ottobre, del 1917; e Maggio francese, del 1968; idealmente corrispondenti alle quattro relazioni fondamentali (11) che l’uomo intrattiene con Dio (religione), con gli altri (politica, famiglia), con le cose (economia, ambiente) e con sé stesso (identità personale, psicofisica, sessuale, biologica).
L’itinerario rivoluzionario è quindi un itinerario di degrado compiuto dalle società occidentali e cristiane. La Rivoluzione ha vinto, perché ha distrutto tutte le relazioni suddette. Ciò che resta da compiere è l’estensione quantitativa di tutte le sue distruzioni, ma qualitativamente non ha più nulla da dire perché non vi è ambito della vita umana, individuale o sociale, che non sia stato intaccato.
Ciascun uomo, al termine di tale «catastrofe antropologica» (12), è stato lasciato da solo, fisicamente a fianco degli altri uomini ma esistenzialmente solitario, senza grazia, senza certezze, senza famiglia, senza capi, senza speranza, senza iniziativa, spesso senza casa e senza lavoro. La società è una distesa di sabbie mobili; un cadavere «animato» solo dai vermi che terminano il loro mestiere di spazzini sulle parti molli (13).
I capi sanno sempre meno comandare, i subalterni sanno sempre meno obbedire: ergo c’è sempre meno società (14).
L’esito che si ha di fronte agli occhi è una condizione frantumata (15), coriandolare (16), di bagarre (17), una babele (18), una vita liquida (19) dove le ultime forze e iniziative rivoluzionarie di un mondo ferito, agonizzante, morto in corso di putrefazione sono esse stesse sempre più incapaci di produrre ulteriore male, perché il male, per una necessità ontologica che supera qualsiasi calcolo umano e anche angelico, ha la forza propria del bene che aggredisce (20).
Tale desolazione del mondo occidentale e cristiano, in altre parole, è sempre meno «rivoluzionaria» e sempre più «rivoluzionata», sempre meno scelta e sempre più circostanza, sempre meno itinerario e sempre più stato, sempre meno direzione e sempre più condizione, sempre meno motore e sempre più esito, sempre meno brace e sempre più cenere.
Tale condizione ha come conseguenza la progressiva difficoltà a identificare logiche in quanto accade. Giovanni Cantoni si riferisce a tale difficoltà quando mette in guardia dal rischio di inferire razionalità in un mondo spappolato; di fare, secondo le sue stesse parole usate nei capitoli nazionali di Alleanza Cattolica a partire almeno dal 2012, «la fenomenologia del fagiolo» che bolle in pentola. È un’immagine efficace per intendere che ogni giorno accadono tante cose, ma, come sopra detto, il fuoco ha una «logica» che segue parassitariamente quella dell’edificio aggredito — dal materiale più infiammabile a quello meno infiammabile (21) —, mentre la cenere è solo polvere accatastata. Aggiungo io, rubando un’immagine a mia moglie Rita che è medico — e mi scuso ancora con il vostro stomaco —: anatomia si dà di un corpo vivo o appena morto, perché quanto più avanza la putrefazione meno sei in grado di distinguere un organo dall’altro, anche se tieni sott’occhio l’ottimo e affascinante Netter (22).
Tale situazione non ci esime certo dal continuare a studiare e a osservare la realtà nella quale viviamo e con la quale dobbiamo fare i conti quotidianamente: se si smettesse di farlo tanto varrebbe allora smettere di vivere. Invece, se lo si continua a fare, si scoprono cose interessanti: per esempio, che nella pentola le verdure si muovono in modo rapidissimo, circuitale e privo di direzione (23); che non tutte le verdure sono uguali; e che la temperatura non è la stessa al centro o ai bordi, in superficie o sul fondo. Mica male, per noi poveri fagioli, poco ma non nulla, e una briciola è una cena per chi è in assoluta povertà (24). Diciamolo ancora una volta, a scanso di equivoci: poco non è tanto, ma non è nemmeno nulla.
Alleanza Cattolica è stata costruita e funziona come un grande laboratorio dove, su tanti temi, insieme si dà conto della difficoltà di capire e si capisce il possibile — in molti casi prima e meglio di altri che pure si affermano detentori di improbabili saperi globali.
V. La Rivoluzione quindi è sostanzialmente finita come itinerario, ma non sono finiti certo i suoi disastrosi esiti. Di fronte a tale condizione si aprono solo due ipotesi: rimanere fermi nell’abisso in cui si è precipitati, immersi nelle sabbie mobili, rosi dai vermi, bolliti in pentola; oppure risalire la china di un’altra vetta (25).
Nell’epoca post 1989 si assiste a qualcosa di inaspettato: «le magnifiche sorti e progressive» (26) della secolarizzazione sono messe in dubbio quando non in scacco — «in casa» e «fuori casa»: ma c’è ancora un «fuori casa» per il mondo occidentale, che è ovunque? E un «in casa» per chi è soggetto a flussi migratori così importanti? — da un massiccio e non episodico ritorno del sacro (27) il quale, con tutte le sue incertezze e ambiguità (28), è un dato sociologico ormai indubitabile, rafforzato da trend demografici (29). L’islam popola di un verde sempre più diffuso e sempre più intenso la carta del mondo, mentre le religioni orientali non stanno comunque ferme; nuove società cristiane appaiono all’orizzonte in Africa ma non solo: la Cina è un mistero da cui comunque trapelano informazioni fondate su comunità cristiane in sviluppo (30).
Come categorizzare questi segnali? Sono essi parte della Rivoluzione? Certamente no. Sono forse parte della Contro-Rivoluzione? Propriamente no, anche se qualsiasi ritorno a Dio, pure nelle forme più esotiche, è un prendere le distanze dalla Rivoluzione; si possono forse identificare come implicitamente contro-rivoluzionarie nella misura in cui compiono all’inverso l’itinerario di allontanamento descritto dal Papa venerabile Pio XII (1939-1958): «Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. […] Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato» (31).
Sono allora parentesi o congelamenti del fenomeno rivoluzionario, come la è stata la Restaurazione? Ancora una volta la risposta pare negativa. Tali fenomeni si rivelano tentativi — sul cui esito si rimanda alla sfera di cristallo — per risalire la china verso un’altra vetta e non per arrestare una discesa.
«Per risalire la china verso un’altra vetta, e non per arrestare una discesa?». Lis de verbis? Proprio no: un edificio diroccato può essere risanato, sistemato, bonificato: se è ridotto a macerie e cenere ci sono solo i mattoni — gli uomini — da cui ripartire, non più pilastri, non più muri, non più soffitti — non più famiglia, non più corpi intermedi, e così via. Fuor di metafora: se la Rivoluzione si fosse fermata alla seconda fase, quella politica, corrispondente alla Rivoluzione francese, si sarebbe potuto parlare di risanamento, di riforma, non di rifondazione. Invece, la Rivoluzione pervenuta a disintegrare l’identità sessuale e biologica ha ridotto al niente qualsiasi cosa che non sia la sopravvivenza, minacciando peraltro pure quella.
Il mondo occidentale e cristiano è da rifare ab imis fundamentis: «È tutto un mondo, che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio» (32). «[…] il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell’esistente, ma della missione» (33).
VI. Così, all’incirca a partire dai primi anni 1990, in Alleanza Cattolica, a fianco di «Rivoluzione» sono stati proposti nuovi paradigmi grazie principalmente ma non esclusivamente a Giovanni Cantoni, sollecitato peraltro dal Magistero stesso, anche qui principalmente ma non esclusivamente quello di Papa san Giovanni Paolo II. Proposti inizialmente in termini interlocutori e, di mano in mano che i fenomeni descritti si dimostravano non occasionali, con sempre maggiore fondatezza fattuale, hanno preso campo binomi quali «secolarizzazione e revival/ritorno del sacro» (34) (di cui la nuova evangelizzazione è una parte), «disincanto e reincanto» (35). E — veniamo finalmente a Reynold — «fra un mondo che muore e un mondo che nasce» (36), accompagnato da corollari quali «sabbie mobili» (37), «palafitte» (38) e «periodo vuoto» (39). Questi paradigmi permettono d’inquadrare il presente e il possibile futuro; d’inserire il discorso sulla discesa della china in un quadro più ampio che ricomprenda i tentativi in corso di una risalita verso un’altra vetta.
Tale attenzione a capire i segnali di un cambio d’epoca ha spinto Alleanza Cattolica, fino ad allora focalizzata principalmente nello studiare come muore una civiltà, a interrogarsi sempre di più su come nasce una civiltà. Frutti di tale sforzo sono costituiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, dalle scuole estive del 2002 su La grande Europa. Aspetti e momenti storico-culturali — l’unica scuola estiva, purtroppo, consegnata alla carta (40) —; del 2003 su L’Europa in Europa. Aspetti e momenti storico-culturali. La formazione della Cristianità nel continente europeo. I parte, e del 2004 su L’Europa in Europa. Aspetti e momenti storico-culturali. La formazione della Cristianità nel continente europeo. II parte (41); né va dimenticata la pubblicazione di La formazione della Cristianità Occidentale (42), dello storico inglese Christopher Dawson (1889-1970), a cura di Paolo Mazzeranghi, e ora la pubblicazione de La Casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità, dove almeno un terzo del libro è un riassunto del monumentale La formation de L’Europe di Reynold.
VII. Tutto quanto finora detto significa che il paradigma «Rivoluzione» è errato? No, nel modo più assoluto.
Anzitutto, il fatto che la Rivoluzione sia in corso di compimento non significa che non ci siano più battaglie da combattere: la socializzazione del male, la sua estensione quantitativa è un fronte di buona battaglia tuttora aperto e che sarebbe ingenuo non vedere o sottovalutare e irresponsabile non coprire. Alfredo Mantovano ha in proposito scritto di recente un prezioso articolo dal titolo felicissimo Nuovo cinema 68: la famiglia «disprezzata» e «maltrattata» (43), dove elenca un certo numero di attacchi alla legge naturale in corso in Italia. Il fatto che ci sia sempre meno da conservare non significa che non ci sia più nulla da conservare.
Lo dico con più forza, ancora per battere in breccia qualsiasi equivoco: conservare quel poco che c’è non è un hobby né una battaglia, come qualcuno dice, di retroguardia. Esso è un dovere per cui è giusto offrire il proprio tempo e la propria vita perché i pochi brandelli di civiltà cristiana sopravviventi proteggono tutti, a cominciare dai più deboli (44) — fra i quali mi annovero per primo —, e favoriscono un modo di vivere che è sia più autenticamente umano, sia rende meno difficile la salvezza eterna (45).
Tale dovere è del resto il fulcro del carisma — ecclesiale, non dimentichiamolo (46) — del socio di Alleanza Cattolica, la quale sta o cade con tale impegno (47). Con quale amore e credibilità si annuncerebbe nel proprio apostolato la dottrina sociale della Chiesa, per il suo futuro rispetto, se contemporaneamente non ci si battesse fino allo stremo per quelle condizioni esistenti che ancora ne salvaguardano i principi?
Ma vi è un secondo motivo per la negativa sul quale voglio ora richiamare la vostra attenzione più diffusamente: il discorso da fare al proposito è forse ostico ma per certo necessario. Si tratta di intendere cos’è un paradigma interpretativo.
Siamo stati tutti allevati da Giovanni Cantoni a porci costantemente la domanda che Dio fa ad Adamo: «Dove sei?» (48). Tale domanda è il punto di partenza per qualsiasi azione realmente incisiva. La mancata identificazione dei tempi, dei luoghi e delle situazioni nei quali la Provvidenza fa operare ciascun uomo ridimensiona pesantemente, quando non vanifica, l’esito del suo apostolato: sempre per usare un’altra frequente e incisiva metafora di Cantoni, la «guerra del ’15-’18» è già stata combattuta.
Come per le scienze naturali vengono ordinati i «regni» con tutte le categorizzazioni à la Carl von Linné (1707-1778), così per la storia è necessario chiedersi in quale regno ci si trovi. Per fare ciò ci si serve di modelli, di paradigmi interpretativi, cioè di immagini semplificate della realtà — come le carte geografiche per lo spazio —, le quali permettono di contestualizzare l’apostolato nel «grande quadro» delle epoche: antichità, medioevo, modernità, e così via. I modelli non colgono certo tutti i fenomeni di un’epoca ma i suoi assi portanti, gli elementi dominanti senza i quali quell’epoca non sarebbe tale.
Che cosa accade se il fenomeno che il modello è chiamato a descrivere giunge al compimento? Il modello non è più valido, le categorie a esso collegate non sono più in grado di esprimere i fenomeni che vengono osservati. Meglio, poiché la storia non è a compartimenti stagni: divengono sempre meno valide quanto più il suddetto compimento si realizza.
Si badi bene che il modello non è per nulla sbagliato, da correggere, da rifiutare: esso ha dimostrato e dimostra alla prova di mille fatti la sua correttezza e la sua fecondità. Ma un modello interpretativo non va bene per descrivere tutti i fatti, tutte le epoche, tutti i fenomeni; analogamente, non tutti i pneumatici vanno bene per tutti i fondi stradali e per tutte le condizioni meteorologiche, possono essere più o meno «aderenti» ma non per questo sono «sbagliati»; ancora, non tutti i cacciaviti vanno bene per tutte le viti, né le punte di trapano per tutte le superfici da penetrare; e così via. I modelli sono strumenti per inquadrare la realtà, e come tali vanno presi e riposti alla bisogna nella cassetta degli attrezzi.
VIII. Né dulcis in fundo, né in cauda venenum, ma come spunto di riflessione, qualora lo riteniate opportuno, per domani: molte delle incomprensioni dei contenuti e dei metodi di Papa Francesco — ma credo che questo discorso sia valido per tutto quanto viene fatto dai Papi a partire almeno dal pontificato di san Giovanni XXIII (1958-1963) — divengono più facilmente fugabili adottando il modello interpretativo reynoldiano «fra un mondo che muore e un mondo che nasce». Mi riferisco, a titolo esemplificativo e non esaustivo: al richiamo alla buona educazione (49); all’immagine dell’ospedale da campo dopo una battaglia (50); all’invito a «uscire» anche a rischio di «incidenti» (51); al richiamo alla gerarchia delle verità, e alla loro conseguente priorità, nell’annuncio del Vangelo (52); all’esortazione a liberarsi dall’ansia del risultato (53); alla tensione a innescare processi piuttosto che a cercare facili ma marginali vittorie — «il tempo è superiore allo spazio» (54) —; alla purificazione dei nostri atti combattendo la mondanità spirituale (55).
IX. «Ma, allora, è chiesto al contro-rivoluzionario un cambio di mentalità?». Ma proprio no, soprattutto quando, come tante piccole cassandre, inascoltate prima come dopo le tragedie che preannunciano, sappiamo amaramente di avere avuto ragione. Quanto viene chiesto è di non affezionarci — per riprendere la metafora degli attrezzi — ai nostri utensili: vanno tutti puliti, lubrificati, tenuti in efficienza e riposti con cura nella borsa. E ne vanno comprati di nuovi quando il lavoro che ci troviamo a compiere lo richiede.
Vale in fondo anche per i paradigmi quanto leggiamo nel Principio e Fondamento degli Esercizi Spirituali riguardo all’uso delle creature: «[…] l’uomo tanto deve usare di esse, quanto lo aiutano per il suo fine, e tanto deve liberarsene, quanto glielo impediscono» (56).
Note:
(*) Intervento, riveduto e annotato, all’incontro di presentazione dell’opera di Gonzague de Reynold (1880-1970), La Casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità, organizzato da Alleanza Cattolica a Torino, presso il Centro Incontri Terrazza Solferino, l’11-1-2016.
(1) Cfr. Gonzague de Reynold, La Casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità, trad. it., presentazione e cura di Giovanni Cantoni, D’Ettoris, Crotone 2015.
(2) Cfr. G. Cantoni, Presentazione, ibid., pp. 9-30.
(3) Ibid., pp. 9-10.
(4) Cfr. G. de Reynold, La formation de l’Europe, vol. I, Qu’est-ce que l’Europe?, Egloff, Friborgo 1944; vol. II, Le monde grec et sa pensée, Egloff, Friborgo 1944; vol. III, L’hellénisme et le génie européen, Egloff, Friborgo 1944; vol. IV, L’Empire romain, Egloff, Parigi 1945; vol. V, Le monde barbare et sa fusion avec le monde antique, a sua volta suddiviso in due tomi: V.1, Les Celtes, Egloff, Parigi 1949, e V.2, Les Germains, Plon, Parigi 1953; vol. VI, Le monde russe, Plon, Parigi 1950; e vol. VII, Le toit chrétien, Plon, Parigi 1957.
(5) Cfr. Idem, L’Europe tragique, Spes, Parigi 1934.
(6) G. Cantoni, «Cum Petro», «sub Petro», verso la civiltà cristiana nel terzo millennio, in Cristianità, anno XXVIII, n. 300, Piacenza luglio-agosto 2000, pp. 3-4 e 29-30 (p. 3), ora in Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, Sugarco, Milano 2008, pp. 51-58 (pp. 51-53).
(7) Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, cit., p. 7.
(8) Cfr. Idem, La Monarchia tradizionale unica soluzione globale alla crisi del mondo moderno, in monarchia. Mensile contro-rivoluzionario del Fronte Monarchico Giovanile dell’u.m.i., anno I, n. 2, Modena marzo 1972, pp. 2-4; e Idem, Plinio Corrêa de Oliveira al servizio di un capitolo della dottrina sociale della Chiesa: il commento del Magistero alla «parabola dei talenti», in Cristianità, anno XXII, n. 235, Piacenza novembre 1994, pp. 17-24, ora in Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, cit., pp. 143-161; cfr. pure su un altro importante autore contro-rivoluzionario del secolo XX, ossia il francese Jean Ousset (1914-1994), Massimo Introvigne, Jean Ousset e La Cité Catholique. A cinquant’anni da «Pour qu’Il règne», in Cristianità, anno XVIII, n. 355, Piacenza gennaio-marzo 2010, pp. 9-61.
(9) Cfr. G. Cantoni, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» quarant’anni dopo, in Cristianità, anno XXVII, n. 289, Piacenza maggio 1999, pp. 17-20, ora in Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, cit., pp. 169-177; Idem, Il contributo di Plinio Corrêa de Oliveira e di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» allo sviluppo del pensiero e dell’azione contro-rivoluzionari, in Cristianità, anno XXXIII, n. 330-331, Piacenza luglio-ottobre 2005, pp. 33-45, ora in Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, cit., pp. 221-248; Idem, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» nel cinquantenario (1959-2009): «istruzioni per l’uso», in Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della «fabbrica» del testo e documenti integrativi, presentazione e cura di G. Cantoni, Sugarco, Milano 2009, pp. 9-28; G. Cantoni, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» «eco fedelissima del Magistero della Chiesa», in Cristianità, anno XVIII, n. 355, Piacenza gennaio-marzo 2010, pp. 1-8; e M. Introvigne, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa, Sugarco, Milano 2008.
(10) Cfr. P. Corrêa de Oliveira, op. cit.
(11) Ricavo l’impianto quadripartito dalla cronaca della relazione tenuta da Cantoni al Congresso Europeo per la Vita, svoltosi a Roma dal 25 al 27-4-1980; cfr. in Congresso Europeo per la Vita, in Cristianità, anno VIII, n. 61, Piacenza maggio 1980, pp. 1-8 (p. 7).
(12) Cfr. l’espressione di mons. Justo Mullor García, arcivescovo titolare di Bolsena, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in Luigi Accattoli, E finalmente il Pontefice vola in Lituania, in Corriere della Sera, Milano 4-9-1993; e il concetto corrispondente, in Papa san Giovanni Paolo II, Enciclica «Centesimus annus» nel centenario della Rerum novarum, del 1°-5-1991.
(13) Cfr. Georges Bernanos (1888-1948), Lo spirito europeo e il mondo delle macchine, trad. it. in Idem, Lo spirito europeo e il mondo delle macchine, introduzione di Alfredo Cattabiani (1937-2003), Rusconi, Milano 1972, pp. 73-142 (pp. 83-85).
(14) «Non si sa più comandare né obbedire; non esiste più una vera unione». Joseph de Maistre (1753-1821), Considerazioni sulla Francia, trad. it., con una Prefazione di Guido Vignelli, Editoriale Il Giglio, Napoli 2010, p. 100.
(15) Cfr. Aleksandr Solženicyn (1918-2008), Un mondo in frantumi, discorso di Harvard, trad. it., La Casa di Matriona, Milano 1978; cfr. pure san Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale «Reconciliatio et paenitentia» circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi, del 2-12-1984, e le letture fatte da G. Cantoni, La Contro-Rivoluzione e le libertà, in Cristianità, anno XIX, n. 199, Piacenza novembre 1991, pp. 6-12, e Idem, I «network» della religione in un mondo in frantumi, in CESNUR. Centro Studi Sulle Nuove Religioni, La sfida pentecostale, a cura di M. Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1996, pp. 121-147; cfr. infine Alfredo Mantovano, Ricostruire un contesto sociale «coriandolare». Introduzione all’insegnamento di Giovanni Cantoni per la politica italiana, in PierLuigi Zoccatelli e Ignazio Cantoni (a cura di), A maggior gloria di Dio, anche sociale. Scritti in onore di Giovanni Cantoni nel suo settantesimo compleanno, Cantagalli, Siena 2008, pp. 151-167.
(16) Cfr. CENSIS. Centro Studi Investimenti Sociali, 41° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese 2007. Considerazioni generali, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 7; cfr. pure A. Mantovano, op. cit., pp. 151-167.
(17) Cfr. G. Cantoni, «Cum Petro», «sub Petro», verso la civiltà cristiana nel terzo millennio, cit., p. 3, ora in Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, cit., p. 52.
(18) Cfr. J. de Maistre, Della sovranità del popolo, trad. it., a cura di Riccardo Albani, Editoriale Scientifica, Napoli 1999 pp. 46-48; cfr. pure M. Introvigne, La contro-rivoluzione di Joseph de Maistre, nel sito web <http://www.cesnur.org/2011/mi-mai.html> e Idem, La Restaurazione secondo De Maistre, nel sito web <http://www.cesnur.org/2011/mi-maistre.html> (gl’indirizzi dei siti web sono stati consultati il 30-9-2016).
(19) Cfr. Zygmunt Bauman, Modernità liquida, trad. it., Laterza, Roma-Bari 2008.
(20) Cfr. per esempio J. de Maistre, Considerazioni sulla Francia, cit., p. 60; Idem, Il Papa, con Introduzione di Carlo Bo (1911-2001), note a cura di Jacques Lovie (1908-1987) e Joannès Chetail (1909-2002), trad. it., Rizzoli, Milano 1995, p. 389; Idem, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane, trad. it., con una Nota dell’editore, Il Cerchio, Rimini 2012, pp. 62-63; e Idem, Lettera a S.E. mons. Antonio Gabriele Severoli (1757-1824), del 1°-12-1815, in Idem, Oeuvres Complètes, nouvelle édition contenant ses Oeuvres posthumes et toute sa Correspondance inédite, vol. XIII, Correspondance V. 1815-1816, Imprimerie Vitte & Perrussel, Lione 1886, pp. 184-193 (p. 189).
(21) Cfr. G. Cantoni, Seminario di formazione Contro-Rivoluzionaria. Un commento a Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Albone di San Polo (Piacenza) estate 1994, pro manuscripto a cura di Alleanza Cattolica, via Lecce 8, 20136 Milano, pp. 68-71.
(22) Cfr. Frank Henry Netter (1906-1991), Atlante di anatomia umana, trad. it., Masson, Milano 2001.
(23) Cfr. Sal. 11, 9.
(24) Cfr. Mt. 15, 27.
(25) Cfr. Mauro Ronco, La fondazione del diritto naturale in Giambattista Vico, in P. Zoccatelli e I. Cantoni (a cura di), A maggior gloria di Dio, anche sociale. Scritti in onore di Giovanni Cantoni nel suo settantesimo compleanno, cit., pp. 229-248, specialmente pp. 234-236.
(26) Giacomo Leopardi (1798-1837), La ginestra, o il fiore del deserto, v. 51, in Idem, I canti, XXXIV, a cura di Ugo Dotti, Feltrinelli, Milano 1994, pp. 446-462 (p. 448).
(27) Cfr. almeno Rodney Stark e M. Introvigne, Dio è tornato. Indagine sulla rivincita delle Religioni in Occidente, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 2003; R. Stark, «Il risveglio religioso globale», intervista a cura di Silvia Scaranari, in Cristianità, anno XLIII, n. 376, Piacenza aprile-giugno 2015, pp. 11-13; è ora uscito il libro di Stark preannunciato in tale intervista: The Triumph of Faith. Why the World Is More Religious than Ever, ISI Books, Wilmington (Delaware) 2015.
(28) Cfr. M. Introvigne, Secolarizzazione e ritorno al sacro. Promesse e ambiguità, in Cristianità, anno XLIII, n. 376, Piacenza aprile-giugno 2015, pp. 1-9.
(29) Relativamente alla situazione italiana, cfr. G. Cantoni, Immigrazione & calo demografico, in Cristianità, anno XXIV, n. 249, Piacenza gennaio 1996, pp. 19-20, e Marco Invernizzi, La famiglia italiana dal «divorzio» al Family Day. 1970-2007, in P.L. Zoccatelli e I. Cantoni (a cura di), A maggior gloria di Dio, anche sociale. Scritti in onore di Giovanni Cantoni nel suo settantesimo compleanno, cit., pp. 115-131 (pp. 124-125). Sulla situazione internazionale, cfr. san Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al VI Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, dell’11-10-1985, n. 10, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 2, 1985 (luglio-dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1986, pp. 910-923 (pp. 916-917); Lorenzo Cantoni, Il problema della popolazione mondiale e il «suicidio demografico» europeo, in Cristianità, anno XX, n. 232-233, Piacenza agosto-settembre 1994, pp. 3-4; e Idem, Il problema della popolazione mondiale e le politiche demografiche. Aspetti etici, Cristianità, Piacenza 1994, Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dichiarazione sulla caduta della fecondità nel mondo, in Cristianità, anno XXVI, n. 281, Piacenza settembre 1998, pp. 3-7. Sulla situazione internazionale, con specifico riferimento al ritorno del sacro, cfr. M. Introvigne, Il dramma dell’Europa senza Cristo. Il relativismo europeo nello scontro delle civiltà, Sugarco, Milano 2006, pp. 14-17; Idem, Il segreto dell’Europa. Guida alla riscoperta delle radici cristiane, Sugarco, Milano 2008, pp. 11-20, Philip Jenkins, La terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo, prefazione di Franco Cardini, Fazi, Roma 2004, pp. 114, e la presentazione di M. Introvigne, «La prossima cristianità. L’avvento del cristianesimo globale», in Cristianità, anno XXX, n. 310, Piacenza marzo-aprile 2002, pp. 3-10 (pp. 6-7).
(30) Cfr. R. Stark, «Il futuro dei cristiani è in Cina», intervista a cura di M. Introvigne, del 10-06-2014, nel sito web <http://www.lanuovabq.it/it/articoli-rodney-stark-il-futuro-dei-cristiani-e-in-cina-9432.htm>.
(31) Papa Pio XII, Discorso agli Uomini di Azione Cattolica Italiana, del 12-10-1952, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIV, Quattordicesimo Anno di Pontificato. 2 Marzo 1952-1° Marzo 1953, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1955, pp. 355-362 (p. 359).
(32) Idem, Radiomessaggio ai fedeli romani, del 10-2-1952, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIII, Tredicesimo anno di Pontificato. 2 marzo 1951-1° marzo 1952, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1952, pp. 469-474 (p. 471).
(33) San Giovanni Paolo II, Discorso in occasione del III Convegno Ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana a Palermo, del 23-11-1995, n. 2, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XVIII, 2, 1995 (luglio-dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, pp. 1195-1206 (p. 1196).
(34) Cfr. M. Introvigne, «Fuoco dal Cielo». Harvey G. Cox, il pentecostalismo e la «fine» della secolarizzazione, in Cristianità, anno XXIII, n. 245, Piacenza settembre 1995, pp. 5-12, ora in Idem, Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuovi movimenti religiosi, Gribaudi, Milano 1996, pp. 5-22.
(35) Cfr. G. Cantoni, Dopo il Martedì Nero, un passo verso il «reincanto» del mondo, in Cristianità, anno XXX, n. 309, Piacenza gennaio-febbraio 2002, pp. 3-4, ora in Idem, Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, cit., pp. 83-86.
(36) Cfr. per esempio G. de Reynold, La Casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità, cit., pp. 151-174 e 201-254; ma tutto il testo passim.
(37) Idem, Présidence de Gonzague de Reynold, in Actes du Congrès de Lausanne II. Laïs dans la cité. Troisème Congrès de l’Office International des oeuvres de formation civique et d’action doctrinal selon le droit naturel et chrétien, 1er, 2 et 3 avril 1966, Club du Livre Civique, Paris XVIIe 1966, pp. 69-70 (p. 70). Cfr. anche Idem, Una «confederazione di palafitte» per salvarsi dalle sabbie mobili della modernità, in questo numero di Cristianità, pp. 55-56.
(38) Ibid., p. 70.
(39) Cfr. Idem, La Casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità, cit., p. 39.
(40) Cfr. G. Cantoni e Francesco Pappalardo (a cura di), Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa, D’Ettoris Editori, Crotone 2006, testo riveduto nella I ristampa corretta, 2007.
(41) Cfr. l’elenco completo delle scuole estive, fino al 2014 compreso, in appendice ad Alleanza Cattolica per il Sinodo sulla Famiglia, in Cristianità, anno XLIII, n. 377, Piacenza luglio-settembre 2015, pp. 15-26 (p. 25).
(42) Cfr. Christopher Dawson, La formazione della Cristianità Occidentale, trad. it., a cura di Paolo Mazzeranghi, D’Ettoris Editori, Crotone 2009.
(43) Cfr. A. Mantovano, Nuovo cinema 68: la famiglia «disprezzata» e «maltrattata», in Cristianità, anno XLII, n. 373, Piacenza luglio-settembre 2014, pp. 13-34.
(44) Cfr. san Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, del 14-3-1997, nn. 1-5 (n. 2), in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XX, 1, 1997 (gennaio-giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999, pp. 433-436 (p. 434).
(45) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio in occasione del cinquantesimo della «Rerum Novarum», del 1°-6-1941, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. III, Terzo anno di Pontificato. 2 marzo 1941-1° marzo 1942, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1955, pp. 107-119 (p. 109).
(46) Cfr. Il riconoscimento di Alleanza Cattolica come associazione privata di fedeli con personalità giuridica privata, in Cristianità, anno XL, n. 364, Piacenza aprile-giugno 2012, pp. 1-3.
(47) Cfr. Alleanza Cattolica, Direttorio. Profilo dottrinale e operativo proposto alla meditazione e alla pratica «ad experimentum» in occasione del Primo Capitolo Generale tenuto nel mese di maggio del 1977. Seconda versione proposta «ad experimentum» in occasione del Capitolo Generale tenuto nel mese di febbraio del 2011, nn. 1.1-1.3.
(48) Gen. 3, 9.
(49) Cfr. per esempio Papa Francesco, Udienza generale, del 13-5-2015, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 14-5-2015.
(50) Cfr. Idem, intervista a cura di Antonio Spadaro S.J., in La Civiltà Cattolica, anno 164, vol. III, n. 3918, Roma 19-9-2013, pp. 449-477 (pp. 461-464).
(51) Cfr. Idem, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla Catechesi promosso in occasione dell’Anno della Fede, del 27-9-2013, in Insegnamenti di Francesco, vol. I, 2, 2013 (luglio-dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, pp. 289-294 (p. 293).
(52) Cfr. Idem, Esortazione apostolica «Evangelii gaudium» sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, del 24-11-2013, nn. 36-37.
(53) Cfr. ibid., nn. 82 e 222-224.
(54) Cfr. ibid., nn. 222-225.
(55) Cfr. ibid., nn. 93-97.
(56) Sant’Ignazio di Loyola (1491 ca.-1556), Esercizi Spirituali, n. 23, trad. it., a cura di p. Pietro Schiavone S.J., in Idem, Gli scritti, a cura dei gesuiti della Provincia d’Italia, Edizioni Apostolato della Preghiera, Roma 2007, pp. 165-331 (p. 196).