25 Vescovi, Cristianità n. 19-20 (1976)
Con una lettera datata 29 settembre 1965, venticinque vescovi proponevano un progetto di aggiunta di un nuovo paragrafo alla costituzione Gaudium et spes, allegando le ragioni della richiesta. La “misteriosa” sorte di questo documento è accuratamente riferita dalla cronaca di p. Wiltgen.
Un breve brano della lettera, lo specimen dell’aggiunta proposta e le sue ragioni sono tratti dallo studio Il comunismo e il Concilio Vaticano II, di S. E. mons. Luigi M. Carli, vescovo di Segni, oggi arcivescovo di Gaeta, compreso nel volume Perché il Concilio non ha condannato il comunismo. Storia di un discusso atteggiamento, di don Giovanni Scantamburlo, pubblicato dalla Editrice “L’Appennino” di Roma nel 1967. Lo studio di mons. Carli compare alle pp. 177-240 dell’opera, e i tre documenti rispettivamente alle pp. 216-217, 217-219 e 221-225.
PROPOSTA DI AGGIUNTA DI UN PARAGRAFO SUL COMUNISMO ALLA COSTITUZIONE «GAUDIUM ET SPES» E SUE RAGIONI
PROPOSTA
Dal momento che lo schema XIII parla insufficientemente del comunismo, e non chiaramente della radicale opposizione tra comunismo, considerato come sistema socioeconomico anche astraendo dal suo ateismo dialettico, e la religione cristiana, venga inserito nello schema un nuovo paragrafo nel quale chiaramente si esponga l’opposizione insuperabile e insanabile tra il comunismo e l’ordine naturale e, a fortiori, l’ordine cristiano.
AGGIUNTA
N. 19 bis (Il problema del comunismo).
Qualunque forma di ateismo, poiché contraria alla dottrina della Chiesa, si deve respingere.
Ma la forma che già dal secolo scorso fino ai giorni nostri esercita il più grande influsso a danno dei fedeli cristiani, nonché dei seguaci di qualsiasi religione, e perciò rende preoccupati i Pastori della Chiesa, èquella che sotto il nome di socialismo marxista o comunismo ampiamente si diffonde e, col pretesto del progresso economico e sociale, inganna, miserevolmente, moltissime persone.
Infatti il comunismo dalla negazione dell’esistenza di Dio e di ogni ordine religioso, soprattutto soprannaturale, per logica necessità comprovata dalla storia, è portato a scalzare in molti modi gli stessi principi fondamentali dell’ordine naturale. Ed invero, per restringerci soltanto ai più importanti, esso nega la spiritualità e immortalità dell’anima dell’uomo; ricusa la vera libertà, specialmente in materia religiosa; viola in molti punti la genuina dignità della persona, della famiglia e dell’unione coniugale; non riconosce alcuna norma stabile e immutabile della legge morale e del diritto ma, per lui, giusto e morale è soltanto tutto ciò che è utile alla dittatura del proprio partito (cfr. l’intervento del Card. Wyszynski del 20 settembre 1965); non ammette il diritto di proprietà privata; considera la lotta tra le classi sociali come un mezzo necessario per il conseguimento dei beni terrestri; ha dello Stato una concezione così totalitaria che quasi nessun degno posto è riconosciuto ai singoli individui o alle società intermedie. Per tutte queste ragioni il comunismo è da respingersi non soltanto perché è inficiato dalla peste dell’ateismo, ma anche a motivo dei predetti gravissimi errori, dichiarato intrinsecamente perverso dal Magistero della Chiesa (cfr. Enc. Divini Redemptoris).
Per un motivo ancor più grave la dottrina del comunismo è da stimarsi perniciosa, perché specialmente ai tempi nostri, in moltissimi luoghi, viene messa in pratica dalle autorità civili e politiche mediante l’uso di ogni mezzo, e così essa si propaga e viene imposta sia con la violenza sia con l’astuzia. Ne deriva che, rimanendo conculcati dal comunismo i diritti di Dio e i diritti dell’uomo, la stessa Chiesa Cattolica, la quale non può ammettere quella dottrina e quella prassi, viene ingiustamente impedita nell’esercizio della sua divina missione, e nei suoi membri viene sottoposta a tristissima persecuzione.
Per questi motivi la Chiesa Cattolica, spinta da una così grande rovina delle anime, mai ha cessato dall’allontanare i fedeli cristiani dalle dottrine e dalla prassi del comunismo, anche con ripetute condanne e moniti. Anche oggi essa si sente obbligata dal suo gravissimo dovere pastorale a pronunziare il medesimo giudizio per mezzo del Concilio Ecumenico.
Mentre tutt’intera è compartecipe dei patimenti dei suoi membri che soffrono in vari modi persecuzioni da parte del comunismo, essa solennemente conferma le verità sia rivelate sia naturali impugnate dal comunismo. Ardentemente scongiura i suoi figli, anzi tutti gli uomini di onesta coscienza, affinché non si lascino ingannare dalla fallace speranza di poter lecitamente accordare la loro fede religiosa coi dettami del comunismo, nemmeno in campo economico o sociale. La Chiesa proclama che la via del vero progresso non sta nelle dottrine e nella prassi del comunismo, come già risulta anche dalla lagrimevole esperienza di parecchi popoli, ma nei sani principi politici conformi alla legge divina sia naturale sia positiva.
Infine esorta tutti i responsabili affinché, per mezzo della giustizia e della carità, siano eliminate quelle inique condizioni della convivenza civile che, purtroppo, spianano la strada al comunismo.
RAGIONI
A) Ragioni positive che sollecitano l’aggiunta richiesta:
1) Risulta che nella fase preparatoria del Concilio circa 600 Padri chiesero che si trattasse del comunismo. In tal senso parlarono e scrissero parecchi Padri durante la III sessione; parimente nella IV sessione. Orbene, si deve ritenere del tutto insufficiente il n. 19 perché, ammesso pure che l’ateismo sia uno dei fondamentali errori del comunismo, però non è l’unico, né è proprio ed esclusivo del comunismo. Perciò anche se il comunismo, in ipotesi, non fosse ateo, sarebbe nondimeno da respingere a causa della negazione di altre verità fondamentali dell’ordine naturale (p.e. spiritualità e immortalità dell’anima; dignità della persona umana; libertà in campo religioso, libertà di associazione, di informazione, ecc.; il diritto di proprietà e di eredità; la concezione dello Stato totalitario, ecc.).
2) I Concili debbono smascherare e proscrivere gli errori quali questi serpeggiano, nel proprio tempo, nella realtà concreta e non in astratto. Orbene, oggi la forma più pericolosa e più virulenta sotto la quale quasi si incarna e opera l’ateismo è il comunismo. Perciò il Concilio Vaticano II deve trattare del comunismo, e precisamente sotto il suo esplicito nome, come fu fatto nell’enc. Divini Redemptoris di Pio XI di f.m.
3) Il Concilio Vaticano II ha un carattere eminentemente pastorale. Ma si trova forse un problema più pastorale di questo: impedire che i fedeli diventino atei attraverso il comunismo? Moltissimi, infatti, credono di poter aderire al comunismo perché non sono atei.
4) Il Concilio nello schema XIII intende trattare di problemi mondiali (p.e. la famiglia, la fame, la guerra, la esplosione demografica, ecc.). Ma si deve ritenere mondiale, già di fatto e ancor di più in un incombente prossimo pericolo, il fenomeno del comunismo, il quale opprime più della metà del mondo.
5) Il Concilio intende promuovere l’aggiornamento, come suol dirsi, della dottrina e della prassi della Chiesa, Dunque, non può esimersi dal proferire il suo solenne giudizio su questo attualissimo problema.
6) I fedeli attendono che il Concilio parli di questo argomento con la massima chiarezza e il massimo vigore, affinché siano tolti dal seno della Chiesa i dubbi, le incertezze, gli inganni circa la possibilità di un accordo tra comunismo e cristianesimo.
7) Centinaia e centinaia di migliaia di persone che hanno sofferto e soffrono persecuzione da parte del comunismo – cattolici, ortodossi, protestanti, giudei, seguaci di qualsiasi religione – attendono dal Concilio conforto e solidarietà: ecco il valore ecumenico dell’aggiunta richiesta.
B) Ragioni negative, che da un opposto punto di vista, esigono l’aggiunta richiesta:
1) Se il Concilio tacesse sul comunismo, questo silenzio, nella mente dei fedeli, equivarrebbe, per una ingiusta sì ma fatale conseguenza, ad una tacita abrogazione di tutto quanto gli ultimi Sommi Pontefici hanno detto e scritto contro il comunismo, nonché delle condanne più volte irrogate dal S. Offizio. Il danno psicologico che ne verrebbe, nonchè il disprezzo per il Magistero della Chiesa, sarebbe di immensa gravità. Inoltre la Chiesa potrebbe venire facilmente accusata di opportunismo, di maggiore sollecitudine per i giudei che non per i cristiani sottoposti a persecuzione.
2) Il comunismo ardentemente brama e attende un silenzio del Concilio: e ciò ha certamente un significato di grande rilievo. Non v’è dubbio che il comunismo, attraverso una ingente opera di propaganda, volgerebbe a suo favore il silenzio del Concilio, con una lacrimevole confusione di idee presso i fedeli.
3) Come, certamente del tutto a torto, si accusa da taluni Pio XII di v.m. di silenzio verso le vittime del nazismo, così, dopo il Concilio, a buon diritto si accuserebbe il Collegio Episcopale di silenzio verso le vittime del comunismo.
C) Si risolvono le difficoltà contro l’aggiunta:
1) Dicono: è superfluo trattare del comunismo, avendone già trattato gli ultimi Romani Pontefici. Risposta: non è superfluo, perché un solenne consenso di tutto il Concilio conferisce all’argomento maggiore forza ed efficacia. Del resto, il nostro Concilio tratta anche di altri argomenti già trattati dai Romani Pontefici.
2) Dicono: potrebbe recar danno ai cristiani che soffrono sotto il comunismo. Risposta: non può essere che i cristiani della Chiesa del silenzio soffrano in avvenire più di quanto soffrono al presente. Del resto, a) hanno chiesto ciò Padri che hanno sofferto persecuzioni; b) la Chiesa è debitrice della verità, quando è necessario, anche con suo stesso danno temporale; c) assai probabilmente il comunismo potrebbe concepire un qualche timore a motivo dell’opinione pubblica mondiale, se il Concilio ne trattasse solennemente.