E’ un peccato che la relazione 2017 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia del Dipartimento antidroga della Pres. Consiglio, pubblicata qualche giorno fa, abbia avuto sui media eco limitatissima. Nemmeno a dire che hanno prevalso notizie più importanti: in agosto i quotidiani sono a corto di servizi, e purtroppo non sono mancati decessi di adolescenti causati dall’assunzione di stupefacenti. E’ che i dati forniti dal report, non sospettabile di parzialità né per la fonte né per la loro oggettività, smentiscono senza giri di parole l’antiscientifica distinzione pesanti/leggere, imposta con voto di fiducia nella primavera 2014 dal governo allora presieduto da Matteo Renzi, insieme col ripristino della non punibilità della detenzione finalizzata “per uso personale”, da allora tornata a essere percepita come qualcosa di non negativo. Se esistesse un minimo di buon senso, il fatto che nell’anno 2016 il 25.9% della popolazione studentesca, pari a 640.000 persone, abbia fatto uso almeno una volta di cannabis o derivati, che nella medesima fascia di età la cifra salga a 804.000 per l’uso almeno una volta nella vita, e che l’uso giornaliero interessi 90.000 adolescenti dovrebbe far individuare la questione droga come una priorità nazionale. Se tale è stata da noi – e con ragione – la vicenda dei vaccini, perché non deve esserlo che centinaia di migliaia di persone in età evolutiva subiscano una così pesante aggressione al sistema nervoso, all’apparato respiratorio, alla capacità riproduttiva, per menzionare solo alcune delle voci maggiormente interessate dai danni della sostanza?
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