Gregorio Vivanco Lopes, Cristianità n. 21 (1977)
In Vietnam, Cile e Ungheria
LE PECORE ABBANDONANO I CATTIVI PASTORI
Oggi è diventato banale affermare che viviamo in una situazione di caos e di confusione generalizzata. Il fatto di per sé è grave, perchè questo carattere di banalità sta a indicare o conformismo con una situazione caotica, il che sarebbe mostruoso, o disperazione di risolvere un problema, la cui soluzione richiede uno sforzo sovrumano.
A riflettere sul fatto non siamo spinti dal conformismo con l’irrazionale, e neppure dalla capitolazione non meno disastrosa di fronte al male.
Ci muove la constatazione che la confusione nelle idee e nei costumi, è divenuta generale, specialmente tra i cattolici, cioè ha raggiunto la parte più vitale della società. È quindi urgente per una rivista cattolica analizzare i fatti cercando di offrire strumenti atti ad aiutare i nostri fratelli nella fede a trovare la strada nella confusione creata loro da questi stessi fatti. Prendiamo tre esempi, il primo proveniente dal lontano Vietnam, il secondo dall’America Latina, e precisamente dal Cile, e il terzo, infine, dalla martirizzata Ungheria, e vediamo quali sono i problemi che creano a una coscienza cattolica.
IN VIETNAM: I CATTOLICI DI FRONTE A UNA GRAVE SCELTA
Notizie provenienti da Saigon e diffuse dalla agenzia UPI informano che i due milioni di cattolici vietnamiti saranno obbligati ad assistere a “corsi di rieducazione politica” tenuti nelle chiese stesse. Questi corsi “riflettono la preoccupazione non solo del governo ma anche dell’episcopato” per l’esistenza di movimenti ribelli costituiti da cattolici. E la “rieducazione” è promossa dallo stesso arcivescovo di Saigon, mons. Nguyen Van Binh, per “insegnare ai cattolici i loro doveri nell’attuale situazione“, perchè “la Chiesa non può assolutamente appoggiare, incentivare o promuovere le organizzazioni o le azioni contrarie al governo attuale, in nome della religione” (1).
Ci troviamo di fronte a un governo comunista, il cui fine, cioè, sta nell’imporre una struttura politica, sociale ed economica contraria al diritto naturale e alla dottrina cattolica, come ha sottolineato luminosamente Pio XI nell’enciclica Divini Redemptoris. Tale regime è stato imposto con la forza di armi straniere. Contro di esso il popolo ha lottato eroicamente per anni di seguito, cedendo soltanto alla superiorità bellica dell’invasore.
Ma una scintilla è rimasta. In molti di coloro che avevano ricevuto il battesimo di Cristo l’eroismo non è morto e hanno continuato la resistenza contro il regime oppressore, antinaturale e anticristiano.
Per vincere quest’ultima resistenza il governo comunista di Saigon chiede l’aiuto dell’episcopato. E l’arcivescovo di Saigon non si accontenta del silenzio, forse imposto temporaneamente dalla situazione. Positivamente nega ai cattolici il diritto di resistere, in nome della religione, a un regime condannato dalla Chiesa come “intrinsecamente perverso” (2). E come se non bastasse, ordina che le sue pecore si lascino avvelenare da dottrine condannate dalla Chiesa, il tutto all’interno dei sacri templi. Cosa avrebbe detto mons. Van Binh ai cristiani che rifiutavano di sacrificare idoli del paganesimo? Forse avrebbe trovato la possibilità di una distinzione, per la quale il cristiano avrebbe potuto aderire all’errore purchè non comportasse un “conflitto con l’etica cristiana“?
Non è necessario sottolineare il problema di coscienza in cui sono immersi i due milioni di cattolici vietnamiti: se vogliono seguire i loro pastori, dovranno tradire la loro coscienza e mettersi al servizio del comunismo! Conveniamo che il dilemma è terribile.
Da un lato hanno davanti l’esortazione di Pio XI che, parlando delle “condizioni di cose” create dalla “natura empia e ingiusta di coloro che trascurano il sopprimere o trasformare” questo stato di cose (3). E dall’altro lato c’è la posizione dell’arcivescovo di Saigon e dei vescovi che lo seguono, che obbligano i fedeli a collaborare con il regime marxista.
I cattolici vietnamiti devono temere maggiormente la scomunica lanciata da Pio XII contro quanti tendono la mano al comunismo – e che continua a essere in vigore, poiché il documento non è stato revocato – o la pressione di mons. Van Binh contro coloro che rifiutano di farlo?
Devono seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa che, con il suo Magistero ordinario, ha consacrato come dogma “i punti fondamentali della dottrina della proprietà privata” (4), intimamente contenuti nel settimo e nel decimo comandamento della legge di Dio, oppure, al contrario, devono collaborare perchè si conservi un regime sociale basato sulla negazione di questi comandamenti divini, dal momento che a tanto li spingono i loro Pastori?
Ci pare opportuna addurre a questo punto il testo di uno stimato teologo sulla tematica suesposta: “Benché il Magistero ordinario del Pontefice Romano non sia di per sé infallibile, se tuttavia insegna costantemente e per lungo tempo una certa dottrina a tutta la Chiesa […] si deve assolutamente ammettere la sua infallibilità; in caso contrario, indurrebbe la Chiesa in errore” (5).
E, in questo senso, è impressionante il numero di documenti pontifici che ininterrottamente, per un secolo e mezzo, hanno insegnato che la proprietà privata è di diritto naturale e hanno condannato il socialismo, con vasta risonanza in tutta la Chiesa. Il che configura precisamente un dogma attraverso la continuità del Magistero ordinario.
CILE E UNGHERIA: LO STESSO PROBLEMA DI COSCIENZA
Un problema identico si pone ai cattolici cileni, obbligati a scegliere tra il seguire un episcopato che è divenuto la punta di lancia del comunismo nel loro paese, o il mantenersi fedeli alla Chiesa.
Il libro La Iglesia del Silencio en Chile. La TFP proclama la verdad entera (6), di recente pubblicato dalla Sociedad Chilena de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad, è venuto a risolvere questo problema nella nazione sorella. Il cardinale Silva Henríquez, la maggior parte dell’episcopato e del clero cileni hanno favorito l’andata al potere del marxista Salvador Allende, lo hanno sostenuto durante il suo governo, e ora stanno operando per ottenere il ritorno del regime socialista in Cile.
Di fronte a questo quadro doloroso, l’opera, fondata su una solida argomentazione e su 220 documenti, mette in evidenza il diritto, e anche il dovere, dei cattolici di resistere ai cattivi pastori e, a seconda del caso, di cessare la convivenza con loro. La soluzione presentata si è rivelata tanto dannosa per i rossi, che due trasmissioni di Radio Mosca, sentendo la profondità del colpo sferrato contro la causa comunista, non hanno esitato a prendere apertamente le difese del cardinale Silva Henríquez e dell’episcopato cileno.
Però, per quanto ci consti, il libro non è ancora arrivato in Vietnam. Perciò il problema cruciale, la cui soluzione è stata chiaramente presentata ai cattolici cileni – porsi dal lato della dottrina cattolica tradizionale e resistere alla spuria alleanza “cattolico-comunista” – rimane acuto per un fedele vietnamita.
Ad ogni modo, è impossibile non constatare la impressionante somiglianza di situazioni nei due paesi, quanto a due punti di vista: il favoreggiamento dei comunisti da parte di ecclesiastici e il dramma di coscienza che questo fatto crea per i fedeli.
Passiamo ora all’Ungheria. Il lettore si metta nei panni di un cattolico ungherese, fedele alla sua religione, che ha sofferto gli orrori della invasione sovietica ed è stato spettatore, con entusiasmo e venerazione, della opposizione offerta dal cardinale Mindszenty al comunismo: la sua prigionia, le torture subite, il suo esilio, tutto per restare fedele alla dottrina di Gesù Cristo.
Ebbene, questo stesso cattolico ora vede insediato sul soglio primaziale della sua patria, dignificato fino a poco tempo fa dalla presenza dell’eroico porporato, un nuovo arcivescovo, questa volta con l’approvazione del governo marxista: mons. Lazlo Lekai.
Salutato dalle autorità, che non sono altro che fantocci manovrati da Mosca, il nuovo arcivescovo di Esztergom ha risposto che il suo insediamento è un “avvenimento lungamente atteso che chiude un’epoca e apre nuove prospettive per lo sviluppo dei buoni rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato“. Ovvero, il suo programma consiste nel portare la Chiesa a collaborare con il governo di Budapest, senza che da parte di questo si pronunci una sola parola nel senso di cessare l’oppressione attuale sul popolo eminentemente cattolico. Il nuovo arcivescovo si spinge ancora più avanti, e proclama il suo rispetto (!) per il marxismo ateo: “Noi credenti cattolici rispettiamo pienamente le idee dei nostri fratelli ungheresi non credenti” (7).
Ancora una volta si presenta l’angustiante problema per i credenti cattolici: essere fedeli allo spirito di fede e di lotta, eredità del cardinale Mindszenty e di tutta la tradizione cattolica, o rinnegare le proprie convinzioni e seguire il nuovo arcivescovo. D’altronde, questo atteggiamento è stato assunto non soltanto da mons. Lekai. È noto che l’episcopato ungherese ha giurato fedeltà alla costituzione comunista del paese, e che vi è tutta una corrente clerico-comunista, che si denomina eufemisticamente Preti della Pace. Il segretario della Conferenza Episcopale Ungherese e vescovo di Pecs, mons. Joszef Cserhati, scrivendo sulla rivista Vigilia, ha dichiarato che cristiani e marxisti “devono accettarsi reciprocamente e convivere in modo fruttuoso (8).
Vietnam, Cile e Ungheria, tre nazioni completamente diverse quanto a tradizioni, costumi, lingua, razza e anche condizioni attuali. Tuttavia è impossibile non vedere che una nota comune segna profondamente la situazione dei cattolici in questi tre paesi, al punto da generare in essi identici problemi di coscienza.
Da una analisi più accurata di questa nota comune, emergono due fatti incontestabili.
VESCOVI PROGRESSISTI, AVANGUARDIA DEL COMUNISMO
Primo fatto: il progressismo cattolico – rappresentato da esponenti del clero, a partire da alti prelati, arcivescovi, vescovi, fino a semplici sacerdoti – si è trasformato, in questi paesi, in una forza d’avanguardia del comunismo internazionale.
È notorio che la grande forza che si oppone alla restaurazione del regime economico-sociale marxista in Cile, così come al suo mantenimento in Vietnam e in Ungheria, sono i cattolici autentici. Per i loro principi, per la loro formazione, e soprattutto per la grazia di Dio che li anima, essi costituiscono l’ostacolo naturale alla rivoluzione marxista. Ora, si osserva correntemente che, ove si trova l’ostacolo maggiore, ivi si è soliti mettere in opera la forza più dinamica, più intraprendente e più capace di vincerlo. Perciò, l’azione del progressismo, che cerca di neutralizzare i cattolici o anche di indirizzarli verso il comunismo, tende a porsi sul fronte più avanzato del comunismo stesso.
Ma questo, che è chiaro in teoria, in pratica diventa verificabile con una chiarezza folgorante. I fatti che abbiamo appena citato si sommano a innumerevoli altri consistenti in atteggiamenti, dichiarazioni e omissioni – tutte nella stessa direzione – che i giornali e le riviste riportano quotidianamente.
Non si tratta più di qualche “suora d’assalto”, o di questo o quel prelato giudicato una “pecora nera”, ma sono episcopati interi, o quasi, che operano a favore di Mosca o di Pechino, facendo per il marxismo quanto i partiti comunisti non avrebbero mai la forza e il prestigio sufficienti per compiere…
E, tuttavia, il comunismo è il contrario della religione cattolica. Ai documenti che abbiamo citato, e che mostrano tale incompatibilità tra cattolicesimo e comunismo, ne aggiungeremo qualche altro, che conferma quanto Pio IX chiamava “il funestissimo errore del Comunismo e Socialismo” (9). Leone XIII afferma che la “trasformazione della proprietà da personale in collettiva […] non che risolvere la contesa, non fa che danneggiare gli stessi operai; ed è inoltre per molti titoli ingiusta, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze e gli offici dello Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale” (10). Dal canto suo, Pio XI dice: “Il comunismo nel principio si mostrò quale era in tutta la sua perversità, ma ben presto si accorse che in tale modo allontanava da sé i popoli e perciò ha cambiato tattica e procura di attirare le folle con vari inganni nascondendo i propri disegni dietro idee che in sé sono buone ed attraenti. Così, vedendo il comune desiderio di pace, i capi del comunismo fingono di essere i più zelanti fautori e propagatori del movimento per la pace mondiale […]. Così, sotto vari nomi che neppure alludono al comunismo, fondano associazioni e periodici che servono poi unicamente a far penetrare le loro idee in ambienti altrimenti a loro non facilmente accessibili; anzi procurano con perfidia di infiltrarsi in associazioni cattoliche e religiose. Così, altrove, senza punto recedere dai loro perversi principi, invitano i cattolici a collaborare seco, sul campo così detto umanitario e caritativo, proponendo talvolta anche cose del tutto conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa. Altrove poi spingono l’ipocrisia fino a far credere che il comunismo, in paesi di maggior fede o di maggior cultura, assumerà un altro aspetto più mite, non impedirà il culto religioso e rispetterà la libertà delle coscienze. […] Procurate, Venerabili Fratelli, che i fedeli non si lascino ingannare! Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con lui da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana” (11).
Tutto nella Chiesa proclama una posizione anticomunista. E tuttavia vi alligna il progressismo, come empia sfida a negare lo stesso Vangelo di Gesù Cristo, la Tradizione e la dottrina dei Papi, ponendosi al servizio dell’Anticristo dei nostri giorni, il mostro rosso.
FAVOREGGIAMENTO DI SCISMA E DI ERESIA
Che conseguenza comporta tutto questo per la Chiesa e per i fedeli? Questa domanda – di grandissima importanza e attualità – riceve risposta, per quanto riguarda il progressismo cileno, nel libro La Iglesia del Silencio en Chile. La TFP proclama la verdad entera. Si dà il caso che l’atteggiamento di mons. Van Binh e dei vescovi che lo seguono in Vietnam, e quello di mons. Lekai e dell’episcopato ungherese, siano troppo simili a quello del cardinale Silva Henriquez e della maggioranza dei vescovi cileni, per non applicare alla situazione del Vietnam e dell’Ungheria quanto è stato scritto avendo presente il Cile.
Trascriviamo, quindi, alcuni tra i brani più significativi dell’opera in questione. Riferendosi agli scandalosi atteggiamenti assunti dalla grande maggioranza del clero andino in favore del comunismo, la TFP cilena dice: “È impossibile analizzare questi fatti alla luce della dottrina cattolica, senza pensare alle figure canoniche di scisma, favoreggiamento di eresia e sospetto di eresia; se non di eresia propriamente detta” (12).
E più oltre: “[…] nell’ordine concreto, la condotta dei vescovi e dei sacerdoti rivoluzionari descritta in questo libro è ridondata in favoreggiamento dello scisma e dell’eresia” (13).
È invocata l’autorità di san Tommaso d’Aquino che, commentando il famoso episodio nel quale san Paolo “resistette in faccia” a san Pietro, afferma: “Se vi è pericolo prossimo per la fede, i prelati devono essere richiamati, anche pubblicamente, dai sudditi” (14).
In questa parte finale, l’opera rivolge un appello agli ecclesiastici non compromessi nel processo di marxistizzazione del paese, affinché si pronuncino pubblicamente con l’autorità che è loro propria. Finché questo non accade, dichiara lecito ai fedeli resistere ai cattivi pastori e al clero che li segue. E l’opera esplicita in che consiste questa resistenza: “Dichiarare e proclamare, di fronte al Cile e al mondo, con tutti i mezzi leciti a cui ci autorizzano il diritto naturale e la legge positiva, sia canonica che civile, quanto ha riferimento con la condotta dei gerarchi e dei sacerdoti demolitori, e illuminare circa la sua gravità, in vista del danno da essa causato alla Chiesa e alla civiltà cristiana nella nostra patria. E opporci, in tutta la misura a noi permessa dalla morale e dal diritto, a che tali gerarchi e sacerdoti si servano del loro prestigio per fare il male indicato dai fatti riferiti in queste pagine, prestigio che diventa così un frutto usurpato alle sacre cariche che ancora rivestono” (15).
E infine, il libro ricorda il diritto e, a seconda del caso, il dovere, che compete a ogni fedele di interrompere la convivenza ecclesiastica con tali Pastori e sacerdoti, anche per quanto si riferisce al ricevere da loro gli insegnamenti della Chiesa e i sacramenti. Omettiamo in questa sede la ricca documentazione e l’ampia argomentazione teologico-canonica presentate nel citato studio, perché eccedono i limiti di un articolo.
Che fatti simili accadano in nazioni tanto diverse, nel caso di esponenti così di rilievo della Gerarchia, è un enigma non facilmente decifrabile.
LA COMETA QUASI SENZA CODA
Il secondo fatto può essere sintetizzato simbolicamente nei termini del sottotitolo. Ma vediamo.
Tuttavia la Provvidenza, benigna e misericordiosa, infinitamente superiore a ogni pensiero d’uomo, preparava negli arcani insondabili della Divinità il suo sacro rilancio. È a tale punto che un secondo grande fatto segna la Chiesa nei paesi menzionati. Evento di carattere provvidenziale, anche più umanamente inaspettato del passaggio di interi episcopati alle file del maggiore nemico attuale della Chiesa. Qual è questo fatto?
Ancora durante il pontificato di Pio XII, la Sposa di Cristo offriva agli occhi del mondo uno spettacolo mirabile. La coesione esistente tra i fedeli e i loro Pastori era impressionante. Non vi erano mai stati sulla faccia della terra sudditi che avessero aderito tanto completamente ai loro governanti, soldati che avessero seguito tanto compiutamente i loro generali, alunni che fossero tanto felici di ubbidire ai loro maestri. Il corpo dei fedeli viveva cor unum et anima una con i suoi Pastori. Spesso non era neppure necessario un ordine. Bastava un cenno, un moto, un desiderio del vescovo, perché i cattolici lo seguissero. E lo seguivano con naturalezza, con rispetto, perfino con venerazione.
È passato del tempo. Il progressismo, simile a una cometa non attesa, ha fatto la sua irruzione nei cieli calmi e sereni della Chiesa, come un segno di maledizione. Le potestà del cielo sono state scosse, nuvole di tempesta e di confusione hanno offuscato l’atmosfera religiosa. Come in altri tempi Satana trascinò con la sua coda maledetta un gran numero di “stelle del cielo“, cioè di angeli, così il progressismo ha attirato ed elettrizzato un grande numero di Pastori. A misura che la cometa proseguiva il suo infausto corso, il suo nucleo polarizzava sempre più attorno a sé figure di prestigio e influenti del firmamento ecclesiastico, sconvolgendo tutto al suo passaggio. Si sarebbe detto che tutto era perduto.
Arriviamo al 1976. Ci troviamo al colmo della confusione. Ma, d’altro lato, cominciano a definirsi le prime grandi linee della situazione, come al culmine di una tempesta di mare già si può valutare la possibilità di resistenza di un determinato scafo.
In mezzo al caos, un fatto si va facendo evidente. Benchè la cometa abbia trascinato con sé gran parte delle stelle, queste non hanno portato con sé, se non in misura minuscola, i rispettivi sistemi planetari. A misura che esse uscivano di strada, perdevano il loro potere di influenza. E la cometa prosegue il suo corso, quasi senza coda.
Fuori di metafora, l’adesione di innumerevoli vertici ecclesiastici al progressismo non ha trascinato, nella loro grande maggioranza, i fedeli. Quello che fino al pontificato di Pio XII pareva impossibile, è accaduto: un formidabile scollamento tra la maggior parte dell’episcopato e i fedeli.
Anche senza contare quanti assumono una posizione coraggiosamente e combattivamente antiprogressista, notiamo che la massa dei cattolici, in diocesi o parrocchie progressiste, continua, in molti casi, ad assistere alla messa e a frequentare i sacramenti; ma, nello stesso tempo, non si lascia più influenzare dalle prediche, dalle pubblicazioni e dagli atteggiamenti di molti Pastori e parroci ora trasformati in lupi. Un muro invisibile si è elevato tra costoro e i loro greggi, fatto di indifferenza e di sfiducia, quando non di un incipiente disprezzo e ostilità. In questa condizione è il Vietnam, dove una lunga azione ecclesiastica preparatoria, parzialmente riferita dalla stampa, non è riuscita a impedire la formazione di gruppi cattolici che resistono al comunismo. In questa condizione è l’Ungheria, nazione a maggioranza cattolica, che da molto tempo è lavorata dal progressismo, apertamente filocomunista. Tuttavia continua a essere dominata dalla forza delle armi sovietiche, perché i Preti della Pace e i vescovi che hanno prestato giuramento di fedeltà al regime comunista, non sono riusciti a convincere la maggior parte dei fedeli. In queste condizioni è infine il Cile, dove, nonostante i notevoli sforzi del cardinale Silva Henriquez e della maggior parte dell’episcopato per sostenere il regime del marxista Salvador Allende, questo è stato respinto dalla schiacciante maggioranza del paese. A tale punto che oggi il cardinale, sempre fedele alla sua azione filocomunista, è una delle figure più impopolari di quella nazione massicciamente cattolica. Impopolarità che contende soltanto all’ex presidente democristiano Eduardo Frei, il Kerensky cileno.
Un secondo sintomo, piccolo ma significativo, dello scollamento che si sta producendo tra l’episcopato progressista e la sua base, è costituito dalla rivelazione fatta da mons. Nguyen Van Binh, secondo cui si appresta a modificare la “struttura e il personale dell’arcidiocesi” (16). Perché mutare il “personale“? Pare che l’arcivescovo incontri difficoltà a farlo lavorare nelle nuove “strutture“ e che debba ricorrere ai servizi di un’altra équipe più “rieducata“. D’altronde, il lettore potrà notare intorno a sé, osservando i vescovi o i sacerdoti progressisti che conosce, che sono soliti “cambiare il personale” che li circonda. Non sono più i vecchi fedeli di sacrestia, principalmente interessati al culto sacro, ma si vanno costituendo autentiche cellule di sinistra, con un quasi esclusivo interesse politico-sociale e di orientamento marxista.
* * *
Da quanto si è visto, risulta che la capacità di influenza del clero, così grande e decisiva per il bene, si è rivelata debole quando si tratta di condurre al male. È quindi evidente che questa capacità di influenza è di ordine soprannaturale. È data da Dio per uso sacro, e perde il meglio della sua efficacia se deviata dal suo fine. Anticamente chi si opponeva all’azione del clero era, a giusto titolo, considerato nemico della Chiesa. Oggi chi si oppone all’azione filocomunista di vescovi e sacerdoti cresce nella stima dei cattolici.
Ma non dobbiamo esagerare. Benchè indebolita, la influenza che un episcopato progressista conserva, finché i fedeli non si rendono completamente conto dell’inganno di cui sono vittime, è enorme. Basta osservare le devastazioni compiute dal progressismo in seno alla cattolicità. Se ne evince la grandezza del servizio reso alla Chiesa da quanti denunciano questi lupi, non più vestiti da pecora, ma da pastore!
CONCLUSIONE: PROBLEMA E RIFLESSIONE
Tuttavia, vi è un problema latente che si va ponendo a poco a poco: cosa succederà quando sarà inequivocabilmente chiaro per la grande massa dei cattolici, che è stata ingannata dai vertici progressisti, e trascinata dove non voleva?
Si lascerà portare, allora ormai con piena avvertenza – e quindi con completa colpevolezza -, sulle vie tortuose del comunismo, o resisterà, come chi si sveglia da un lungo sonno e comincia a lottare per difendere la sua fede?
Inoltre, tutto questo problema non sarà intimamente legato con le previsioni della Madonna a Fatima sull’espansione del comunismo nel mondo, il castigo, la vittoria e il regno venturo del suo Cuore Immacolato? I castighi e le grazie che si riverseranno sull’umanità saranno legate alla posizione che ciascuno assume ora di fronte al dramma di coscienza che si presenta attualmente? Il segreto di Fatima, fino a questo momento non rivelato, tratterà di questo problema?
Sono domande cui è difficile rispondere, ma che non è ozioso sollevare. Le lasciamo qui, alla fine di queste considerazioni, come temi di riflessione per i lettori. Il libro La Iglesia del Silencio en Chile. La TFP proclama la verdad entera potrà fornire importanti aiuti per questa riflessione. Da esso abbiamo estratto alcune idee fondamentali per questo articolo.
La Madonna di Fatima faccia cessare quanto prima questo stato di Passione, questo processo di autentica autodemolizione in cui versa la Sposa di Cristo, e liberi tutti i cattolici dalle reti del progressismo.
GREGORIO VIVANCO LOPES
Note
(1) Dispaccio della UPI pubblicato sui giornali del 20 e del 21 febbraio 1976.
(2) PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, del 19-3-1937, n. 58, in Le encicliche sociali dei Papi, 4ª ed., Studium, Roma 1956, p. 621.
(3) IDEM, Enciclica Quadragesimo anno, del 15-5-1931, n. 45, in Le encicliche sociali dei Papi, cit., p. 472.
(4) ARNALDO VIDIGAL XAVIER DA SILVEIRA, Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, in Cristianità, Piacenza gennaio-febbraio 1975, anno III, n. 9.
(5) JOSEPHUS A. DE ALDAMA, Mariologia, in Sacrae Theologiae Summa, B.A.C., Madrid 1961, vol. III, p. 418.
(6) Cfr. La Iglesia del Silencio en Chile. La TFP proclama la verdad entera, Santiago 1976.
(7) O Estado de São Paulo, 25-2-1976.
(8) Heraldo de Aragón, Saragozza, 6-12-1975.
(9) PIO IX, Enciclica. Quanta cura, dell’8-12-1864, n. 5, in Le encicliche sociali dei Papi, cit., p. 8.
(10) LEONE XIII, Enciclica Rerum novarum, del 15-5-1891, n. 3, in Le encicliche sociali dei Papi, cit., p. 177.
(11) PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, cit., in Le encicliche sociali dei Papi., cit., nn. 57-58, p. 627. Le sottolineature sono nostre.
(12) La Iglesia del Silencio en Chile, cit., p. 389.
(13) Ibid., p. 390.
(14) Ibid., p. 392: Cfr. Somma Teologica, II-II, 33, 4-2.
(15) Ibid., p. 391.
(16) Dispaccio dell’UPI pubblicato sulla stampa del 20 e del 21 febbraio 1976.