Paolo VI, Cristianità n. 23 (1977)
Allocuzione alla udienza generale, del 13-8-1969, in Insegnamenti, vol. VII, pp. 1012-1014.
LA «CIVILTÀ DELL’IMMAGINE» OSTACOLA LA VITA SPIRITUALE
[…] Noi abbiamo l’opinione, che vorremmo smentita dai fatti […], che oggi anche i buoni, anche i fedeli, anche coloro che sono consacrati al Signore, pregano meno d’un tempo. […] si prega oggi? L’uomo moderno sa pregare? Ne sente l’obbligo? Ne sente il bisogno? E anche il cristiano ha facilità, ha gusto, ha impegno per l’orazione? Ha sempre affezione alle forme di orazione, che la pietà della Chiesa, pur non dichiarandole ufficiali, cioè propriamente liturgiche, ci ha tanto insegnate e raccomandate, come il Rosario, la Via Crucis, ecc., e specialmente la meditazione, l’adorazione eucaristica, l’esame di coscienza, la lettura spirituale?
[…] perchè oggi la vita interiore, intendiamo la vita di orazione, è meno intensa e meno facile negli uomini del nostro tempo, cioè in noi stessi? Domanda che esigerebbe una risposta estremamente complessa e difficile, ma che possiamo ora sintetizzare così: noi siamo educati alla vita esteriore, che ha preso sviluppo e fascino meravigliosi, non tanto alla vita interiore, di cui poco conosciamo le leggi e le soddisfazioni; il nostro pensiero si svolge principalmente nel regno sensibile (si parla della «civiltà dell’immagine»: radio, televisione, fotografia, simboli e schemi mentali, ecc.), e nel regno sociale, cioè nella conversazione e nel rapporto con gli altri; siamo estroflessi; perfino la teologia cede sovente il passo alla sociologia; la stessa coscienza morale è soverchiata da quella psicologica, e rivendica una libertà, che abbandonandola a se stessa le fa cercare fuori di sé, spesso nel mimetismo della moda, il proprio orientamento. Dov’è Dio? Dov’è Cristo? Dov’è la vita religiosa, di cui ancora e sempre sentiamo un oscuro, ma insoddisfatto bisogno?
Voi sapete come questo stato di cose costituisca il dramma spirituale, e possiamo dire umano e civile del nostro tempo.
PAOLO VI