Pellegrino Costa, Cristianità n. 25 (1977)
Verso la “tribalizzazione” della Chiesa?
IL PENTECOSTALISMO “CATTOLICO”
Nella terza edizione italiana del saggio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, l’autore, Plinio Corrêa de Oliveira, indica nel pentecostalismo «cattolico» uno dei sintomi della IV Rivoluzione nella Chiesa. Per permettere ai nostri lettori di cogliere appieno l’indicazione offerta dal pensatore cattolico brasiliano, pubblichiamo un sostanzioso profilo del fenomeno pentecostale «cattolico», scritto con esplicita intenzione di ampliamento del suggerimento fornito nell’opera citata.
La fotografia che illustra lo studio è stata scattata nella Basilica di San Pietro il 18 maggio 1975, in occasione della Messa di Pentecoste celebrata dal Santo Padre, cui hanno assistito i partecipanti al Congresso Internazionale del Rinnovamento Carismatico «Cattolico», un rito che, secondo l’Osservatore Romano del 19-20 maggio 1975, «ha rivelato il segno dell’unione carismatica tra tutti i membri del popolo di Dio».
Il fenomeno pentecostale sta assumendo un’importanza crescente, testimoniata, di fatto, non solo dalla sua notevole diffusione e dall’aumento numerico dei suoi aderenti, ma anche dall’interesse che ha destato e viene trovando negli ambienti ecclesiastici e culturali più svariati. Questa attenzione, che si è tradotta nella produzione di un impressionante numero di testi sull’argomento, non è però esclusivamente limitata alla pura descrizione dei fatti; allo stato attuale, si sente la necessità di inquadrare il pentecostalismo in modo più generale, di fornire le ragioni profonde del suo essere e di determinare il suo ruolo e il fine ultimo della sua azione. Come esempio significativo, cito un tratto di una pubblicazione recentissima, intitolata Proposta per una rivoluzione culturale, che rappresenta il manifesto del gruppo «cattolico» Febbraio ‘74 (1). Nel volumetto sono sintetizzate le linee ideologiche e operative di una rivoluzione culturale da promuovere nel mondo cattolico, tramite l’accettazione di «istanze» marxiste e l’edificazione di nuovi modelli comunitari, allo scopo di trasformare la Chiesa in strumento di «liberazione» politica e sociale. Nella introduzione don Italo Mancini esamina molti elementi della attuale situazione, che rendono credibile, anzi urgente, l’attuazione delle linee predette, e così, tra altre considerazioni, si esprime: «Non è senza significato, anche se non senza pericolo, il rinnovato pentecostalismo. Diffidiamo, certo, dei carismi millenaristici e solitari; in un recente articolo su I rischi dei carismatici Jürgen Moltmann ha osservato: “se il movimento carismatico metterà i suoi doni spirituali al servizio dell’intera comunità cristiana, e attraverso questa, al servizio della liberazione del mondo, avrà un effetto rinnovatore e sarà davvero una forza messianica di redenzione […]” » (2). Continua quindi Mancini: Non si potrà mai sancire l’ascesa laicale senza questo carisma della rivelazione aperta […]. Il tempo della legge cederà davvero al tempo della sorpresa storica. In questo spazio di libertà, l’unico giudizio che il cristiano deve temere […] è il giudizio di Dio dalla sua stessa bocca […] non è che una cosa morta, nasce una Chiesa senza complessi. È feconda: perché il gesto più carico di politicità che il cristiano può compiere è quello di presentare al mondo l’evangelismo puro» (3).
Segue, quindi, una analogia rivelatrice tra il pentecostalismo e il movimento anabattista; l’autore cita un pensiero di Thomas Müntzer: «Chi non ode la vera Parola vivente di Dio dalla sua stessa bocca […] non è che una cosa morta. E la parola di Dio […] va ben oltre di quanto possano inettamente balbettare i folli e rimbambiti dottori» (4); e così conclude: A queste condizioni penso che Dio non sarà più […] il capestro della storia […]. La libertà cristiana supererà il ciclo astratto della proclamazione dei diritti […] ma […] diverrà forza attiva di partecipazione nell’essere della storia, aiutando i progressi della democrazia reale. […] I traguardi di questa prepotente èra nuova della cristianità […] possono essere individuati nella restaurazione dell’hominem integrum, nella religione popolo, nelle chiese e nei gruppi dai nomi propri e dalle individualità marcate» (5).
Parole chiare: il rinnovamento pentecostale è dunque teso alla realizzazione di una nuova concezione comunitaria, ossia, di un collettivismo ecclesiale privo di istituzioni e dominato dall’ispirazione diretta dei «profeti», e dalla manifestazione dei «poteri» carismatici. A questo proposito scrive Ebeling: «Ogni membro della Chiesa è […] compartecipe e celebrante l’avvenimento della Parola nella pienezza dei poteri, corrispondentemente a quell’unica libertà nella pienezza dei poteri, identica alla fede, nella molteplicità dei doni (il cosiddetto “sacerdozio generale”)» (6).
Il movimento pentecostale è dunque la realizzazione e il compimento del sogno rivoluzionario dei teologi della demitizzazione?
VERSO UNA DEFINIZIONE
Le nozioni correnti sul pentecostalismo sono, in verità, piuttosto vaghe, e tendono a operare confusione tra questo movimento e le altre sette che pullulano, e non a caso, ai nostri giorni. Non è però semplice ottenere una definizione corretta, specie se la si vuole ricavare dai propagandisti del movimento. Le loro opere sono costruite sulla base di continue citazioni di situazioni interiori, personali o collettive, senza mai procedere alla enunciazione degli elementi di principio propri alla dottrina del movimento. L’unico intento pare quello di far cogliere la bontà del pentecostalismo sulla base dei miglioramenti spirituali dei singoli aderenti, come se questa apologetica non fosse comune a tutte le sette. In sostanza, la lettura di queste opere mette in luce unicamente una superficialità e uno sfoggio di retorica elevati, come si nota, per esempio, in padre Edward D. O’Connor, uno dei principali apologeti del movimento, che definisce il pentecostalismo come «attività diretta e pubblica dello Spirito Santo» (7).
In modo più preciso si esprime René Laurentin: «Il Rinnovamento nello Spirito è caratterizzato da una esperienza spirituale con una fisionomia propria, facilmente riconoscibile al di là dell’estrema varietà di persone e circostanze. È una esperienza che generalmente si realizza in risposta al desiderio dell’individuo e per l’intercessione del gruppo accompagnata spesso dal rito informale dell’imposizione delle mani. Comporta un duplice aspetto:
– una trasformazione intima, indicata come «battesimo nello Spirito» o «effusione dello Spirito»;
– una attività significativa, i carismi, cioè l’esercizio dei doni dello Spirito al servizio della Chiesa».
Siamo dunque in presenza di un nuovo sistema spirituale, sostenuto da una dottrina particolare e da un ben determinato tipo di organizzazione, nella quale riveste grande importanza la manifestazione dei poteri carismatici, quali il parlare «in lingue», operare guarigioni, compiere miracoli, ecc.
Uno studio sul pentecostalismo deve dunque articolarsi nell’esame di queste varie componenti e nel fornirne una ambientazione storica, ripercorrendone non solo le origini recenti, ma anche quelle dei suoi precedenti nella storia delle eresie.
LE ORIGINI
Le origini del pentecostalismo «cattolico» si saldano direttamente alle vicende di un particolare filone protestante americano, detto «pentecostalismo classico», nato negli Stati Uniti nel secolo scorso.
Nel 1892, due pastori protestanti, W.F. Bryant (metodista) e R.G. Spurling (battista), fondarono nella Carolina del Nord una nuova setta chiamata «Chiesa pentecostale». Alla dottrina protestante del libero esame, essi aggiunsero una nuova concezione riguardante la necessità, per la salvezza, di un «battesimo nello Spirito tramite l’imposizione delle mani», la cui efficacia sarebbe stata rivelata dalla ricezione dei carismi, quali il dono delle lingue, ecc. Un impulso decisivo a questa setta, che si poneva in contrasto con le «chiese» istituzionali, fu dato da Charles Parham, fondatore di una scuola a Topeka (Kansas) per lo studio della Bibbia con il metodo «fondamentalista», cioè attraverso l’accettazione letterale della Scrittura. A partire dal 1901, il pentecostalismo iniziò a diffondersi negli Stati Uniti, ma incontrò una forte resistenza nelle varie confessioni protestanti, a causa dei suoi eccessi di esaltazione religiosa. A seguito di questa reazione, il movimento subì una scissione: una parte si organizzò in «chiese» sul modello delle altre sette; l’altra parte invece conservò il modello informale delle origini.
IL NEOPENTECOSTALISMO
Negli anni seguenti la seconda guerra mondiale, si ebbe la trasposizione della dottrina pentecostale nelle confessioni episcopaliana (1958), luterana (1962) e presbiteriana (1967). La sostanza di questo nuovo fenomeno consisteva nel fatto che coloro che avevano ricevuto il «battesimo nello Spirito» non abbandonavano più le loro confessioni originarie, ma si adoperavano al loro interno per un rinnovamento «carismatico» delle rispettive istituzioni. Significativa, all’interno di questi gruppi, l’associazione di uomini di affari Full Gospel Businessmen’s Fellowship, che sovvenziona la propaganda pentecostale attraverso convegni, opuscoli in tutte le lingue e la rivista Voice, organo ufficiale del gruppo.
IL PENTECOSTALISMO «CATTOLICO»
Alla fine del 1966, dopo un congresso mondiale dei Cursillos de Cristiandad (9) a Duquesne, Pittsburg, un gruppo di studenti e professori della locale università, sulla base delle idee ricevute dalla lettura di opere pentecostali, decise di accedere alla «esperienza dello Spirito». Essi richiesero il «battesimo nello Spirito» ad alcuni pentecostali episcopaliani: il 20 gennaio 1967, due cursillistas, Patrick Bourgeois eRalph Keifer, ricevevano la loro iniziazione. Nasceva così il pentecostalismo «cattolico», o «rinnovamento carismatico».
Subito dopo il movimento si propagò all’università Notre Dame di South Bend, dove venne fondato il gruppo carismatico che sarà poi il nucleo di espansione di tutto il movimento. Nel marzo 1967, il gruppo si unì al Full Gospel Businessmen’s Fellowship, l’associazione protestante già menzionata. La successiva diffusione del rinnovamento carismatico fu rapidissima: le cifre dei partecipanti agli incontri di Notre Dame mostrano una progressione quasi geometrica, da 90 nel 1967 a 30 mila nel 1974. Si pensa che, nel mondo, nell’anno 1974, il movimento superasse il mezzo milione di aderenti (10).
In Italia il movimento è stato fondato da p. Valeriano Gaudet. Nel 1970, insieme a una suora, Winnifred Corrigan, e ad altri tre padri domenicani, egli fondò il primo gruppo di preghiera carismatica. Il movimento conobbe un nuovo impulso grazie a Paolo Murray, e, il 19 dicembre del 1971, una quarantina di persone ricevettero il «battesimo nello Spirito», fondando così in Roma la prima comunità carismatica. Essa si è poi divisa in gruppi, a seconda delle diverse nazionalità, e i gruppi italiani hanno iniziato una proficua diffusione.
Al 31 gennaio 1976, risultavano esistenti in Italia 63 gruppi di preghiera, con due riviste intitolate Alleluia e Risuscitò (11).
PRECEDENTI STORICI
Non mi pare privo di significato ricercare e mettere in evidenza le chiare connessioni esistenti tra il pentecostalismo e altre sette, che sostenevano la diretta ispirazione da parte dello Spinto Santo. Solo per riportare qualche esempio, la storia delle eresie della Cristianità ricorda il montanismo, il pelagianesimo, il gioachinismo; i valdesi, gli amalriciani; gli alumbrados spagnoli del secolo XV, gli anabattisti; i giansenisti, i quietisti, i revivals del secolo XIX e molti altri. Dobbiamo anzi notare come la propaganda pentecostale tenda a una rivalutazione di queste eresie, cercando di insinuare che la loro condanna non sia dipesa punto da errori dottrinali, quanto da una eccessiva tensione nella dialettica sempre esistente tra istituzione e movimenti carismatici. In realtà, al di là delle differenziazioni pur grandi, esistono molti punti dottrinali comuni tra questi movimenti e l’odierno pentecostalismo:
– ritenere che la grazia non perfeziona la natura, ma la abolisce in favore di stati di esistenza dotati di poteri e doni divini;
– prospettare la comunicazione con Dio in modo diretto, attraverso le profezie, le comunicazioni individuali, e mai mediata da istituzioni;
– svalutare l’intelligenza e sopravvalutare l’esperienza sentimentale nella spiritualità;
– scadere inevitabilmente nell’«illuminismo» – nel senso degli «illuminati» settari dal Rinascimento in poi -: i movimenti «entusiasti», secondo la definizione di mons. Knox, vedono la vita spirituale unicamente come frutto dell’illuminazione diretta dello Spirito. L’anima non deve esercitare alcuna virtù, seguendo la regola della ragione illuminata dalla fede, ma limitarsi unicamente a lasciarsi muovere dallo Spinto Santo;
– generare il rifiuto della funzione docente della Chiesa;
– allevare una mentalità utopista che vede ormai prossima un’«era dello Spirito Santo», fondata sul radicale rinnovamento della Chiesa e della società da parte dei «puri» e degli «ispirati».
Questo giro di orizzonte storico sarebbe però incompleto, se trascurassi di fornire alcune brevi indicazioni sull’ambiente, dal punto di vista culturale e sociologico, nel quale si manifestò la nascita e la diffusione esplosiva del fenomeno: gli Stati Uniti degli anni ‘60. Il terreno di coltura del pentecostalismo, in tutte le sue varie forme, consiste infatti in una parte di gioventù in rivolta contro la società americana; tali giovani, in preda a una totale dissoluzione educativa, univano a sentimenti «antiborghesi», che costituivano il tratto hippy, atteggiamenti irrazionali e romantici in campo religioso. In quel periodo, ogni tipo di esperienza spirituale, di tecnica ascetica di qualsivoglia origine, riusciva a riscuotere successi immensi, e, spesso, si trasformava in culto: Timothy Lear apostolo dell’LSD come «rito sacrale», raggiunse 4 milioni di seguaci. Il pentecostalismo si diffonde, dunque, avendo un particolare substrato umano tutto teso verso esperienze similari; i giovani americani ereditano dall’ambiente che li circonda una tendenza fondamentale, che investe anche il piano religioso; è la «civiltà dell’immagine», secondo le parole di Paolo VI (12), che Wolf Donner così definisce: «“la cultura della droga”: una sensibilità auditiva, visiva, tattile e affettiva nuova e più intensa, che si manifesta sia di fronte a un film o ad un brano di musica, sia nel comportamento, una specie di continuo sereno stordimento degli affetti o almeno di latente disponibilità al viaggio, all’esperienza psichedelica, che può aprire a qualsiasi forma di entusiasmo, di euforia collettiva, di più vivida esperienza religiosa ed affettiva» (13).
IL SISTEMA SPIRITUALE DEL PENTECOSTALISMO «CATTOLICO»
Scrive padre J. Fichter: «I pentecostali sono un gruppo di cattolici romani che si riuniscono allo scopo di intensificare la loro vita spirituale e di condividere con altri l’esperienza estatica dei doni dello Spirito Santo. […] si può riproporre la prima definizione dello scopo dell’appartenenza come membri, data da Becker, e cioè quello di “un’esperienza estatica puramente personale, un senso nuovo della salvezza, dell’appagamento, e della guarigione mentale e fisica”» (14).
Padre Francis A. Sullivan così descrive la spiritualità pentecostale: «Una esperienza religiosa che introduce qualcuno ad un senso nuovo, in modo decisivo, dell’onnipotente presenza e dell’azione di Dio nella sua vita, azione che implica abitualmente uno o più doni carismatici» (15).
Tutto ciò resta però incomunicabile, e il sistema carismatico di spiritualità non può essere oggetto di descrizione, o di analisi dottrinale. A questo proposito Walter Smet così si esprime: «Chi vuole cominciare a conoscerlo, deve entrare in contatto con coloro che dicono di essere stati presi dallo Spirito, o farne da sé stesso l’esperienza dall’interno» (16). E ancora: «Qual’è il contenuto soggettivo di questa esperienza? Essa èunica ed individuale, perché la risposta di Dio varia a seconda delle persone e ognuno vive l’avventura dello Spirito in modo diverso. È molto difficile, quindi, delinearne gli aspetti generali» (17).
Da tutti questi passi, dunque, possiamo derivare il concetto generale che vede la spiritualità pentecostale come esperienza religiosa personale ed incomunicabile. La lettura delle opere pentecostali porta immediatamente a capire che il tipo di esperienza religiosa, alla quale i carismatici vanno soggetti, è radicalmente diverso da quella percezione quasi sperimentale del divino, descritta dai grandi mistici cristiani. Nonostante le sbavature sentimentali, a un contatto con Dio, prodotto dall’azione dei doni dello Spirito sulle potenze di anime purificatesi attraverso ascesi severe, si sostituisce, nel pentecostalismo, una specie di possessione da parte di energie sconosciute, definite «Spirito Santo»; inoltre, questi Stati interiori sono raggiunti attraverso la sospensione volontaria dell’uso di ragione, e con la predisposizione a situazioni di eccitazione emotiva. Il dato più preoccupante che ne deriva, è certamente quello di una completa identificazione della vita spirituale con queste esperienze personali o collettive: non solamente si pretende di accedere a stati mistici in virtù di una «effusione dello Spirito», che può essere ottenuta, senza una preventiva ascesi, mediante l’unico tramite del gruppo pentecostale; ma si vuole anche fare dei puri sentimenti soggettivi ottenuti, spesso in modo parossistico, in queste operazioni, l’unico criterio e il solo oggetto della vita cristiana. Si ha dunque una totale separazione della coscienza dal contenuto oggettivo della Fede, e la sostituzione del puro sentimentalismo all’opera della ragione illuminata dalla grazia.
Padre Fichter, nella sua inchiesta su i pentecostali cattolici, ha infatti potuto rilevare, all’interno del movimento, la forte diffusione di una concezione eterodossa così sintetizzabile: «Lo Spirito Santo parla al cuore e non alla mente» (18). E così scrive: «Basta osservare l’entusiasmo, di carattere tutto emotivo, […] per nutrire il sospetto che l’esperienza soggettiva del “cuore” abbia per loro un’importanza maggiore che la comprensione teologica ed equilibrata della religione che essi professano. Chi dimostra il maggior entusiasmo viene spesso considerato come l’esponente più “colmo di Spirito Santo”, e in alcuni casi costui, sia uomo che donna, viene accettato quale leader del gruppo di preghiera stesso» (19).
Già san Pio X, nell’enciclica Pascendi contro il modernismo (20), aveva messo in guardia i fedeli contro gli errori della pseudomistica, e cioè contro la sopravvalutazione dell’esperienza religiosa nei confronti della fede pura e degli atti di ragione. Queste stesse considerazioni sono state ripetute da molti esponenti della gerarchia cattolica nei confronti dei pentecostali.
Mons. Jorge Martinez, di Città del Messico, «criticò nel rinnovamento le tendenze verso l’illuminismo, verso l’anti-intellettualismo e verso l’irrazionalismo ed anche l’importanza che molti annettono alle manifestazioni straordinarie. Egli mise in guardia i fedeli contro l’eccessiva influenza protestante sul movimento» (21). Nel 1971, mons. Timothy Manning, arcivescovo di Los Angeles, oggi cardinale, pubblicò una lettera pastorale, avvertendo i fedeli cattolici che «l’eccessivo emozionalismo, la credulità e pretenziosi spettacoli carismatici pongono in dubbio l’autenticità dell’azione dello Spirito» (22).
Lo stesso episcopato canadese, in una dichiarazione peraltro moderata, rileva, all’interno del movimento, la presenza di molte deviazioni, dovute a un’eccessiva ricerca del meraviglioso, che eclissa negli aderenti la pratica fondamentale della carità; all’importanza esagerata data all’esperienza emotiva, che svaluta l’intelligenza e l’atto volontario, e produce una devozione superficiale e la diffidenza verso ogni dovuta riflessione dottrinale (23).
In sostanza, dunque, il sistema spirituale pentecostale presenta i caratteri di un «illuminismo», che antepone una ipotetica esperienza diretta di Dio, di natura esclusivamente sentimentale, alla fede e alle virtù fondate sulla ragione, prima delle quali la prudenza. In tale modo si costruisce una vita interiore malferma, priva dell’esercizio delle virtù e legata esclusivamente alla percezione degli stati emotivi interiori. Un tale sistema può quindi essere soggetto a inganni diabolici e a illusioni pericolose, in quanto non può esercitare il dovuto «discernimento degli spiriti», che orientano la vita spirituale. La sospensione volontaria dell’intelletto e la ricerca di grazie straordinarie, atteggiamenti condannati da tutti i grandi mistici, creano, in realtà, una immagine deformata della vera mistica: senza la capacità raziocinante di passare al vaglio i propri stati interiori, per ricercarne la conformità ai dati della fede e della retta ragione, nonché dell’autorità della Chiesa, si corre il rischio certo di credere positivo ciò che invece conduce alla rovina spirituale. Queste caratteristiche della spiritualità pentecostale portano dunque a esprimere su di esso un giudizio di inaccettabilità, e, addirittura, di estrema pericolosità per il cattolico. Mons. Robert J. Dwyer considera infatti il «rinnovamento carismatico» come una delle più pericolose tendenze nella Chiesa di oggi, strettamente legata in spirito ad altri movimenti disgregatori e portatori di fusioni, che minacciano di recare un grande danno all’unità della Chiesa e pregiudizio per innumerevoli anime» (24).
Come ultima considerazione di rilievo, facciamo notare che la struttura stessa della «spiritualità» pentecostale tende a eliminare ogni tipo di devozione, e in primo luogo quella alla S.S. Vergine. Nonostante il tentativo di propinare una nuova mariologia con tratti pentecostali, l’emozionalismo carismatico oscura ogni altra pratica religiosa. Scrive padre Fichter: «In altre parole, la devozione mariana non è una caratteristica del movimento pentecostale cattolico […] » (25).
LA DOTTRINA DEL PENTECOSTALISMO «CATTOLICO»
Il punto fondamentale della dottrina pentecostale è certamente costituito dall’odio per le istituzioni gerarchiche della Chiesa cattolica: «Nella misura in cui l’istituzione ecclesiastica è costruita in forma di strutture gerarchiche e giuridiche chiuse, nella misura in cui si è organizzata non secondo la spinta dei carismi ma per cooptazione del clero che monopolizzava a sé l’avere, il sapere, il potere e l’iniziativa nella chiesa, le fioriture carismatiche sono state sempre soffocate. Diventate oggetto di diffidenza, sono state emarginate, neutralizzate» (26). Secondo questo pensiero la Chiesa avrebbe dunque privato i fedeli delle grazie e dei doni dello Spirito Santo: «L’istituzione tende a frapporsi tra l’uomo e Dio» (27): questo giudizio, filtrato dal primo pentecostalismo, rappresenta il principio del rinnovamento carismatico all’interno della Chiesa cattolica. Rinnovare la Chiesa significa, in primo luogo, distruggere la sua struttura gerarchica: il fine della penetrazione pentecostale è quello di trasformare lentamente le istituzioni religiose in collettivi acefali, dove al ministero sacerdotale si sostituiscano le deliranti profezie di coloro che si sentono ispirati dallo Spirito.
I CARISMI
«Lo straordinario diventa ordinario». «Quello che il cardinale Suenens chiama “democratizzazione della santità” è anche democratizzazione dei carismi» (28). Il segno della nuova era dello Spirito che si va realizzando, è appunto per i pentecostali la rinnovata diffusione dei carismi, o doni gratuiti dello Spirito Santo, che, a causa della pressione ecclesiastica, per secoli sono stati appannaggio solo di pochissime anime elette. Ma questa concezione non è che il frutto di una pericolosa confusione teologica, derivata da una lettura di stampo «fondamentalista» delle Scritture: non si sottolinea, infatti, la differenza che esiste tra i doni che appartengono alla grazia santificante, e che sono necessari alla salvezza, quali la Sapienza, l’Intelletto, la Scienza, il Consiglio, la Pietà, la Fortezza e il Timore, destinati a completare l’azione delle virtù infuse, e altri doni, che appartengono a un altro tipo di grazia, gratis data, quali il dono delle lingue, il dono della profezia, il dono di operare guarigioni, il dono di operare miracoli, ecc. Queste grazie sono al di fuori non solo della potenza naturale, ma anche dei meriti soprannaturali di chi le riceve. Di esse, dunque, non è assolutamente possibile disporre liberamente: non sono abiti dell’anima, ma pure mozioni temporali che l’anima riceve, e richiedono, in ogni caso, un intervento diretto e straordinario di Dio. Per tale ragione, e per il fatto che non sono necessarie alla salvezza, la spiritualità cristiana classica, come per esempio san Giovanni della Croce, ha sempre considerato temerario il richiederle. In maniera lapidaria si pronuncia p. Royo Marin: «Vale più un piccolo atto di amor di Dio che resuscitare un morto» (29).
Infatti, neppure tutti i santi le hanno ricevute: Dio, come sostiene sant’Agostino, non ha voluto legarle indissolubilmente alla santità, perché essa deve essere ricercata per la gloria di Dio e non per gli effetti che può ottenere. Ciò è esattamente il contrario della dottrina pentecostale, nella quale la «ricerca del meraviglioso» occupa un posto di primaria importanza. Inoltre Suarez ricorda che, sebbene sia possibile per Dio operare miracoli anche attraverso uomini malvagi, tuttavia ciò è raro, mentre ordinariamente i segni della potenza divina si manifestano attraverso i giusti: ecco la ragione per la quale, di norma, tali doni rappresentano quasi epifenomeni della vita di grazia dei santi, al contrario della pratica pentecostale, che vanta risultati immediati, quale che sia il materiale umano sottoposto al «battesimo nello Spirito».
Anche se gli autori pentecostali insistono nel sostenere che tale pratica consiste unicamente in una realizzazione personale delle promesse e delle potenzialità battesimali, la sostanza dell’atto resta quella di uno pseudosacramento. «La norma comune di ricevere il battesimo dello Spirito è di riceverlo mediante le preghiere di altri che l’hanno già ricevuto in antecedenza. Abitualmente si riceve dopo l’incontro di preghiera di un gruppo carismatico […]» (30). Esiste dunque un potere trasmissibile e la necessità di un rito, tramite l’imposizione delle mani e la preghiera di un gruppo pentecostale.
«È una realtà oggettiva […] è la manifestazione dello Spirito Santo in noi, per mezzo dell’evidenza dei suoi doni e dei suoi frutti» (31).
Al rito seguono, dunque, effetti oggettivi, o comunque presunti tali. «Ora questi effetti si verificano anche in persone non preparate, anzi addirittura in soggetti che sono vissuti per anni lontani da Dio» (32).
Si ha, dunque, una specie di iniziazione magica, che pone rapporti diretti di causa ed effetto tra il rito e l’azione dello Spirito, il che, come abbiamo visto esaminando la natura delle grazie gratis datae, è incompatibile con la dottrina cattolica. Conseguenza immediata di questa dottrina è l’ingenerare nel soggetto la convinzione di essere salvato, in quanto inabitato dallo Spirito, convinzione che padre Fichter, nella sua inchiesta, ha ritrovato diffusa nei pentecostali cattolici (33).
IL SUPERAMENTO DELLA FEDE
Uno stimato autore pentecostale, du Plessis, così si esprime: «Il pentecostalismo non è né Protestantesimo, né una scissione delle Chiese Protestantiche. È un movimento interamente nuovo basato su “l’esperienza della nuova nascita e del battesimo nello Spirito Santo”. Non pone nessun contrasto con la teologia sistematica protestante e Romano-cattolica. L’unica esigenza che essi pongono è di praticare ciò che si predica» (34).
Il movimento, per le sue caratteristiche spirituali e dottrinali, non è altro che un modo per fare esperienza diretta del «soprannaturale»; esso non può quindi essere condizionato dalla dottrina delle varie confessioni: supera le Chiese e supera la fede. Questa tendenza è condivisa anche dai pentecostali «cattolici»: «Non vi sono più eretici né scismatici, ma fratelli separati tra i quali ci possono essere anche la fede, la speranza, la carità, la vita della grazia e altri doni interiori dello Spirito Santo» (35).
«Ora il Rinnovamento Carismatico sembra proprio lo strumento che lo Spirito Santo abbia scelto per annullare le distanze […] tra credenti delle diverse Chiese […]» (36).
«Lo Spirito Santo non ha barriere, neanche quelle del Credo e dei Sacramenti» (37).
Questo tipo di super-ecumenismo non è soltanto visto come pura esigenza dottrinale, ma anche attivamente praticato: I pentecostali cattolici continuano ad avere frequenti contatti con i pentecostali protestanti, non soltanto come dimostrazione di fratellanza ecumenica e di mutuo sostegno, ma anche come posizione didattica continua e su un piano reciproco» (38).
Non si tratta, quindi, di convertire i «fratelli separati» al cattolicesimo, ma unicamente di instaurare con essi nuovi tipi di organizzazione ecclesiale, tali da superare le differenze di fede.
Il pentecostalismo, come contatto diretto con il divino, è concepito come unica vera struttura-tipo del rapporto dell’uomo con Dio: si tratta dunque, per essi, non di ridursi nei confini di una confessione, ma di trasformare i vari gruppi religiosi in strutture carismatiche, verso l’edificazione di una nuova Chiesa, totalmente de-istituzionalizzata, priva di dottrina e modellata secondo un assemblearismo direttamente ispirato dai fedeli. Tutte le Chiese sono dunque uguali di fronte al rinnovamento carismatico: «Senza voler qui giudicare dei meriti specifici di altre culture ecclesiali, ammettiamo pienamente che ogni chiesa cerca di realizzare il rinnovamento nella linea e secondo le modalità della propria storia. Ciò vale anche per i cattolici» (39). La chiesa cattolica non possiede dunque la pienezza essenziale, non è l’Una, Sancta: «Né si deve pensare, in termini di modelli sociologici e di stili di vita, che la cultura teologica cattolica sia un sistema chiuso e perfetto […]. Al contrario, la cultura cattolica sarà avvantaggiata dall’apporto delle altre culture, come queste sono chiamate ad arricchirsi al contatto con la nostra» (40). La vera Chiesa sorgerà dunque da una riunione e da un «rinnovamento», ossia dalla creazione di una comunità ecclesiale radicalmente diversa da quelle esistenti. L’avvento della «Nuova Pentecoste» carismatica è appunto nel segno di questo progetto: dissolvere le istituzioni ecclesiastiche e riportare la massa indifferenziata dei credenti al vero modello originario, al collettivismo anarcoide dominato magicamente dai «profeti».
Queste asserzioni equivalgono alla distruzione della fede cattolica; implicano la volontà di impugnare la verità conosciuta e di commettere peccato contro lo Spirito Santo. Il movimento carismatico induce quindi alla totale apostasia dalla fede. Del resto, anche su altri fondamentali punti di dottrina, l’inchiesta di p. Fichter ha mostrato chiaramente quanto sia preoccupante la diffusione di elementi eterodossi nel movimento, specie nei suoi centri direttivi del Midwest, dai quali si diparte la stampa catechetica pentecostale (41). Per quanto riguarda i sacerdoti cattolici impegnati nel movimento, almeno negli Stati Uniti, si ripetono episodi di abbandono della vita religiosa, o passaggi a comunità protestanti (42).
ORGANIZZAZIONE E METODO
Le tendenze collettivistiche e anti-istituzionali proprie della dottrina, si riflettono nelle manifestazioni pentecostali: «[…] nella loro maggioranza questi gruppi hanno una composizione eteroclita. Non si fa nessuna distinzione fra preti e laici, uomini e donne, giovani e vecchi» (43).
«Insomma, è una forma collettiva di preghiera […] ogni partecipante èlibero di pregare come vuole […] si mette in comune la propria preghiera, il che è diverso dal recitare contemporaneamente le stesse formule» (44).
«[…] bisogna liberarsi dagli elementi della propria cultura che sono di ostacolo alla crescita di un cristianesimo autentico e totale […]. La risorgenza di istinti tribali oggi non è una espressione senza rispondenza nella realtà» (45). E ancora: «Il carattere spontaneo della preghiera, capace di accogliere le espressioni corporali che talora suscita […] è particolarmente apprezzato dai giovani. Questo tipo di preghiera aiuta coloro che la praticano per uscire dal loro individualismo, dalle loro inibizioni, dal loro cerebralismo» (46).
Si ha cioè la creazione di una nuova «liturgia», nella quale ognuno si dispone nel modo più «propizio», in grande intimità con i vicini, avendo come regola la più totale libertà di espressione e di gesto, fino, addirittura, alle urla e alle convulsioni (47). Tutti debbono partecipare a questa tecnica liberatoria, che, cancellando le sovrastrutture istituzionali, personali e logiche, mette a nudo lo strato profondo dell’essere umano, l’istintualità fondamentale, unico strumento degno dello Spirito, o, forse, Dio essa stessa.
Caratteristica degli incontri pentecostali è certamente l’esercizio dei «carismi», dei quali il più noto è sicuramente la glossolalia, il parlare «in lingue». Non bisogna però credere che questo fenomeno consista nel profferire frasi in lingue sconosciute al soggetto: «I suoni emessi dal glossolalo sono oggettivamente incomprensibili. Ma i suoni sono solo il segno superficiale d’un processo che si svolge essenzialmente nelle profondità dell’anima» (48).
Non è dunque una lingua, come sistema di fonemi legati da una architettura logica e grammaticale. Alcune volte somiglia a una modulazione della voce, che può divenire corale (glossolalia collettiva); altre volte consiste in una emissione di suoni continui e senza senso. Ai neofiti si consiglia, per ottenere il dono, di mettere in movimento la lingua e la voce, attendendo l’azione dello Spirito. Poiché dal punto di vista linguistico non è stato possibile determinare criteri interni per poter definire la glossolalia come linguaggio, gli autori pentecostali parlano di un linguaggio preconcettuale, «che sembra risorgere dall’architettura mentale dell’inconscio» (49). Si accettano così le teorie delle scuole psicanalitiche e strutturaliste: la glossolalia rappresenterebbe il superamento del linguaggio razionale e l’apertura verso l’inconscio collettivo junghiano, che a detta di Lacan è strutturato come linguaggio.
«È un linguaggio gratuito, in posizione di rottura con l’espressione convenzionale e utilitaristica del linguaggio ordinario. […] analogie con la scrittura automatica dei surrealisti e i poemi “lettristi”, cioè composizioni fonetiche che non comportano parole né frasi intellegibili […]» (50).
«La glossolalia ha valore liberatorio, come abbiamo visto. Dal punto di vista religioso, libera l’uomo dall’inibizione nei riguardi degli uomini e di Dio stesso […]» (51). E ancora: «La glossolalia non è dunque un carisma straordinario, ma ordinario, che fa appello alle naturali risorse dell’uomo» (52). Non siamo dunque in presenza di un dono, ma di una tecnica: la comunità carismatica, dopo avere distrutto il ruolo dell’intelligenza nella fede, distrugge il linguaggio logicamente articolato nella sua liturgia. Il «nuovo cristiano», sognato dai pentecostali, è dunque un uomo totalmente pre-razionale, il che è l’esatta definizione del «selvaggio», così come viene immaginato dalla filosofia moderna. Senza volere, a questo punto, citare le manifestazioni almeno apparentemente isteriche dei meetings carismatici o delle loro sedute di «esorcismo», sottolineiamo che il pentecostalismo rappresenta, all’interno della Chiesa, la levatrice di un tipo umano completamente degradato, incapace di coltivare armonicamente le proprie potenze intellettive e volitive, succube dell’emozionalismo creato da ambienti appositamente costruiti per facilitare la massificazione e la esaltazione parossistica della sensibilità.
LA FALSA MISTICA
Per concludere la nostra analisi citiamo una frase di mons. Knox.: «Per gli “entusiasti” l’intelletto speculativo è detronizzato, e tutte le impressioni possono passare […].
Il Dio che si rivela interiormente reclama come suo diritto un’adorazione del tutto interiore […] egli le [all’anima] trasmette i suoi comandi, le rivela la sua verità, senza che alcun apparato di gerarchia o confessioni dottrinali agisca in vece sua» (53).
Questa, in sintesi, la dottrina pentecostale: distruggere la ragione e rifiutare la guida della Chiesa significa, però, cadere preda dell’immaginazione e dell’inganno diabolico sempre presente. S. Tommaso insegna che il demonio può agire sull’immaginazione e i sensi esterni dell’uomo, che può operare prodigi per l’eccellenza della sua natura angelica, e che può indurre tenerezze e soavità sensibili per perdere le anime incaute. Certamente il pentecostalismo, con le sue manifestazioni irrazionali e i suoi atti di culto superstiziosi, favorisce questa azione del demonio sui suoi aderenti. Ma al di là di giudizi di natura psichiatrica o demonologica, ci pare di avere fornito ragioni sufficienti per individuare nel fenomeno pentecostale un pericolo grave per le istituzioni e il popolo fedele alla Chiesa. Il rinnovamento carismatico ha infatti una portata universale: a detta dei suoi dirigenti si fermerà solamente quando avrà permeato e trasformato tutta la santa Chiesa.
Questa falsa mistica ha dunque una carica particolarmente dissolutrice: la costruzione del tribalismo ecclesiastico della «Nuova Pentecoste» non può che innalzarsi sulla distruzione della Sposa di Cristo, così come il nostro Salvatore l’ha edificata.
PELLEGRINO COSTA
NOTE
(1) Cfr. Proposta per una rivoluzione culturale, EDB, Bologna 1977.
(2) Ibid., pp. 20-21.
(3) Ibid., pp. 21-22.
(4) Ibid., p. 23. Sull’anabattismo, cfr. FRIEDRICH RECK-MALLECZEWEN, Il Re degli anabattisti. Storia di una rivoluzione moderna, trad. it., Rusconi Editore, Milano 1971.
(5) Ibid., pp. 22-26.
(6) G. EBELING, Teologia e Annuncio, trad. it.. Città Nuova 1972, p. 168.
(7) P. EDWARD D. O’CONNOR, Pentecost in the Modern World, Ave Maria Press, Notre Dame 1972, pp. 41-48, cit. in WALTER SMET, Pentecostalismo cattolico, trad. it., Queriniana, Brescia 1975, p. 47.
(8) RENÉ LAURENTIN, Il movimento carismatico nella Chiesa cattolica, Queriniana 1976, p. 29.
(9) Sui Cursillos de Cristiandad, un movimento di apostolato nato in Spagna e diffuso anche in America Latina, cfr. la messa in guardia di mons. ANTONIO DE CASTRO MAYER, Carta pastoral sobre Cursillos de Cristiandad, Editrice Vera Cruz, San Paolo 1972.
(10) RENÉ LAURENTIN, op. cit., p. 17.
(11) Cfr. SERAFINO FALVO, L’ora dello Spirito Santo, Ed. Paoline, Bari 1976, p. 248.
(12) Cfr. PAOLO VI, Allocuzione all’udienza generale del 13-8-1969, in Insegnamenti, vol. VII, pp. 1012-1014.
(13) WOLF DONNER, Gesù è l’ultimo grido, in Jesus People, trad. it., Edizioni Paoline, Bari 1973, p. 104.
(14) J. FICHTER, I carismatici cattolici, trad. it., Morcelliana, Brescia 1976, p. 39.
(15) F. A. SULLIVAN S.J., Baptism in Holy Spirit: a cattolic interpretation of the pentecostal esperience, cit. in LÉON JOSEPH SUENENS, Lo Spirito Santo nostra speranza, trad. it., Edizioni Paoline, Alba 1975, p. 83.
(16) W. SMET, op. cit., p. 42.
(17) Ibid., p. 85.
(18) J. FICHTER, op. cit., p. 62.
(19) Ibid., p. 66.
(20) Cfr. SAN PIO X, Pascendi Dominici gregis, dell’8-9 1907, Edizioni Paoline, 1959, p. 15.
(21) Cit. in J. FICHTER, op. cit., pp. 65-66.
(22) Cfr. in Catolicismo, Campos agosto-ottobre 1975, anno XXV, n. 296-298.
A sostegno del giudizio di mons. Manning, cfr. COLIN URQUHART, Quando viene lo Spirito, trad. it., Edizioni Paoline, Bari 1977.
L’opera è in gran parte dedicata alle mirabolanti guarigioni ottenute dai pentecostali. È bene sottolineare l’assoluta mancanza di seria documentazione e la dubbiosità di un tale «ministero di guarigione»: lo stesso autore carismatico F. Mac Nutt (cit. in R. LAURENTIN, op. cit., p. 140) attribuisce vari «miracoli» alla natura psicosomatica delle malattie. Del resto. assurdità palesi, quali la «trasfusione spirituale» del Prezioso Sangue di Nostro Signore (cfr. R. LAURENTIN, op. cit., p. 123), fanno crollare la veridicità degli avvenimenti. Nel libro di Urquhart, sono citati anche casi di «risanamento» di auto colpite da guasti meccanici (cfr. op. cit., pp. 119-121)!
(23) Cfr. Il Rinnovamento Carismatico, messaggio dei vescovi canadesi, Elle Di Ci, Leumann (Torino) s.d.
(24) Cit. in Catolicismo, cit.
(25) J. FICHTER, op. cit., p. 91
(26) R. LAURENTIN, op. cit., p. 57.
(27) JOHN A. HARDON, cit. in Catolicismo, cit.
(28) R. LAURENTIN, op. cit., p. 151.
(29) P. ANTONIO ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1965, p. 1037.
(30) S. FALCO, op. cit., p. 128.
(31) Ibid., p. 117.
(32) Ibid., p. 119.
(33) Cfr. J. FICHTER, op. cit., p. 65.
(34) Cit. in FRANCESCO SPADAFORA, Pentecostali e Testimoni di Geova, Rovigo 1975, p. 30.
(35) S. FALVO, op. cit., p. 39. Considerata la gravità affermazione e delle seguenti, ritengo opportuno segnalare che il volume è munito di regolare imprimatur
(36) Ibid., pp. 83-84.
(37) Ibidem.
(38) J. FICHTER, op. cit., p. 58.
(39) AUTORI VARI, Il rinnovamento carismatico, trad. it., Edizioni Paoline, Alba 1975, p. 74.
(40) Ibid., p. 45.
(41) FICHTER, op. cit., p. 67.
(42) Ibid, p. 134.
(43) W. SMET, op. cit., p. 141.
(44) Ibid., p. 142.
(45) Ibid., p. 153.
(46) L. J. SUENENS, op. cit., p. 96.
(47) Cfr. R. LAURENTIN, op. cit., p. 187.
(48) W. SMET, op. cit., p. 131.
(49) R. LAURENTIN, op. cit., p. 78.
(50) Ibid., p. 86.
(51) Ibid., p. 88.
(52) Ibid., p. 103.
(53) Cit. in THOMAS MOLNAR, L’utopia eresia perenne, trad. it., Borla, Torino 1968, p. 23.