Evviva! Due giorni fa il Cio-comitato olimpico internazionale ha incluso i videogiochi fra le discipline sportive, a partire dalle Olimpiadi di Parigi-2024. Come essere così retrò da nutrire remore sol perché mentalmente associamo ancora le gare a sforzo, tenacia, sudore, sacrificio? Perché rimanere legati alla smorfia di dolore di Mennea mentre supera avversari fisicamente più dotati di lui, o di Bolt mentre sfodera potenza e tecnica? Entriamo con gioia nella dimensione degli e-sports, per i quali saranno previsti non meno di cinque titoli olimpici! E ciò in parallelo al piano di digitalizzazione che in questo momento il Miur sta realizzando nelle scuole italiane, sottoponendo presidi e docenti a training funzionali a transitare dal desueto libro stampato al progresso dell’e-school. Il Cio precisa che per assurgere a vere e proprie discipline sportive i videogiochi dovranno “dotarsi di strutture per i controlli antidoping”. Chi vivrà nel 2024 avrà il piacere di scoprire come si sottopongono a verifiche contro il doping attività già in sé dopanti, e di reperire qualche volume cartaceo ancora in circolazione, magari di contrabbando. Nella Germania nazionalsocialista le gare sportive servivano all’esaltazione del Reich fra le masse e i roghi dei libri costituivano un esercizio patriottico: il glorioso futuro che ci attende riserva per i libri giga senza limiti al posto del fuoco, e l’incretinimento da videogioco per una massificazione meno avvertita e più efficace.