Massimo Introvigne, Cristianità n. 36 (1978)
Un aspetto della guerra sovversiva
LA RIVOLUZIONE DELLA DROGA E LA “FILOSOFIA CHIMICA”
Dopo avere secolarmente aggredito e quasi interamente sgretolato l’ordine religioso, politico ed economico, la Rivoluzione mira oggi a spezzare e ad annientare il singolo uomo stesso. La «rivoluzione nella vita quotidiana».
I fatti e la dissennata «filosofia» che ne raccoglie le presunte ragioni. L’odio a Dio, motore occulto dell’autodistruzione. Insufficienza di tutti i provvedimenti tecnici, medici, giuridici e anche di quelli culturali, che non si accompagnino a una adeguata restaurazione morale.
LA IV RIVOLUZIONE E IL SUO PROGRAMMA
Nella terza parte del suo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione il prof. Plinio Corrêa de Oliveira prospettava – dopo la I Rivoluzione protestante, la II liberale-illuminista e la III comunista – la nascita di una IV Rivoluzione, ulteriore allo stesso comunismo, – la quale, se non manca di espressioni filosofiche, come lo strutturalismo, è però, soprattutto, rivoluzione nelle tendenze e sovversione in interiore homine,.
Oltre il comunismo, dopo il comunismo, la Rivoluzione manifesta un elemento di novità. Dai grandi avvenimenti della vita delle nazioni e degli Stati discende nella vita di tutti i giorni, e si sforza di conquistare e fagocitare ogni singolo uomo. Le prime tre rivoluzioni distruggendo tutti i legami organici – religiosi, politici, economici – che rendono l’uomo sociale, hanno mirato a ridurlo a semplice individuo isolato e atomistico. E tuttavia l’individuo, secondo la definizione scolastica, é ancora «divisum a quocumque alio, sed indivisum in se».
Estirpate le radici sociali della religione, distrutti gli ordini e gli Stati, sovvertita l’economia si tratta, ancora, di attaccare l’individuo in quanto possibile «divisum in se»: di dividerlo in se stesso, di renderlo infinitamente plastico e mutevole, non più fermo nella propria essenza, ma in balia di ogni divenire.
Ed ecco, allora, il programma di una «rivoluzione nella vita quotidiana» la quale – come afferma la studiosa comunista ungherese Agnes Heller in un volume che sembra rappresentare il più serio tentativo di recupero in chiave marxista «ortodossa» di alcuni fenomeni di IV Rivoluzione – si pone come necessario complemento e coronamento della rivoluzione politica, nell’ambito di una «rivoluzione sociale totale» che mira, trasformando la struttura dei bisogni, a trasformare l’uomo stesso. È la prospettiva espressa da uno degli slogan più noti della «nuova contestazione»: «Il personale è politico», che conosce trascrizioni sempre più numerose nella teoria e nella pratica, dalla rivoluzione sessuale a molteplici tendenze della letteratura, della musica, dell’arte, fino a tutti quei gruppi giovanili che sembrano avere per ragione sociale la dissoluzione collettiva, dagli ormai tramontati hippies e beatniks alla nuovissima setta dei punks, che predica il culto della violenza e della crudeltà gratuite.
L’ARMA PRIVILEGIATA DELLA DROGA
Ma l’esempio più tipico e più drammatico del carattere di dissoluzione della «rivoluzione nella vita quotidiana» è costituito dalla droga, tragico sintomo di una crisi di civiltà. Fra i tanti dati statistici che si potrebbero citare, una sola cifra è sufficiente a dare una idea delle dimensioni del fenomeno: nei soli Stati Uniti muoiono ogni anno, per cause collegate alla droga, circa 50mila persone, il che corrisponde pressapoco a un morto ogni dieci minuti. 50mila morti all’anno: sono le cifre di una guerra, della più cruenta e sanguinosa guerra dei secolo XX, che minaccia in potenza ogni uomo, verificando così la definizione di Mao Tse-Tung secondo cui «ogni uomo è un obiettivo della guerra rivoluzionaria».
Una guerra, dunque, di carattere sovversivo: una rivoluzione, una operazione eversiva in senso tecnico, se è vero che – nella impossibilità di reperire una univoca definizione medica o farmacologica del concetto di droga – molti studiosi definiscono ormai convenzionalmente «tossicomaniche» quelle sostanze che «inducono a condotte sociali nocive, astensioniste, eversive o degradate».
La rivoluzione della droga, che rappresenta la estensione della sovversione dal corpo sociale al corpo umano, può essere analizzata – come ogni rivoluzione – secondo lo schema proposto dal prof. Corréa de Oliveira nel già citato Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: anzitutto come rivoluzione nei fatti; quindi, a un livello più profondo, come rivoluzione nelle idee, che traducendosi nella pratica. danno origine ai fatti; infine, alla radice del fenomeno, come rivoluzione nelle tendenze e nei modi di vivere, che costituiscono il terreno dal quale nascono le idee. Sarà così possibile pervenire a una sommaria descrizione della meccanica della rivoluzione drogastica, necessaria per la successiva impostazione delle linee di una resistenza e di una contro-rivoluzione.
LA RIVOLUZIONE DELLA DROGA NEI FATTI
In tema di rivoluzione della droga, le considerazioni di carattere morale e filosofico-teologico devono essere logicamente precedute da osservazioni «tecniche», di carattere sia medico che giuridico. In prospettiva medica si confuta il sofisma secondo cui, accanto a droghe «pesanti» e letali, di cui nessuno disconosce la pericolosità, vi sarebbero droghe «leggere» (marijuana, hashish, secondo alcuni anche LSD), sostanzialmente innocue.
Alla paradossale affermazione del sociologo comunista Guido Blumir secondo cui «la marijuana fa bene» si contrappongono i risultati della ricerca scientifica più recente che dimostrano, viceversa, illustrandone i molteplici danni fisici e psichici, che anche le droghe presunte «leggere» non fanno affatto bene, ma molto male. In prospettiva giuridica si mostra l’insidia che si cela nelle leggi permissive, replicando all’ulteriore sofisma secondo cui il drogato non farebbe male a nessuno e sarebbe dunque «ingiusto» negargli la «libertà di droga» e si prova come questa affermazione sia non soltanto immorale (a nessuno essendo lecito, in un ordinamento rispettoso del diritto naturale, attentare alla vita non solo altrui, ma neppure propria), ma radicalmente falsa sul piano dei fatti, perché il tossicomane, lungi dal «non fare male a nessuno», manifesta una elevata pericolosità criminale, che si estrinseca nella commissione di gravi e diversi reati.
Potrebbe sembrare, a prima vista, che considerazioni siffatte possano esaurire il problema della droga, e che quindi, per offrirne una buona soluzione, sia sufficiente che la diffusione del male denunciato dalla scienza medica sia impedita da una buona legislazione: che al fatto risponda il diritto, secondo l’antica formula «da mihi factum, dabo tibi ius». Ma il problema é meno semplice: tanto che, alla prova dei fatti, le soluzioni esclusivamente «tecniche» si dimostrano tragicamente inadeguate. Se è certamente vero che le leggi permissivo moltiplicano la diffusione degli stupefacenti, non è meno vero che – come concludeva Hermann Mannheim nel suo autorevole Trattato di criminologia comparata – nessuna legge ha mai veramente risolto il problema della droga.
Anche le istituzioni mediche e i «centri di solidarietà», a cui alcune leggi e progetti di legge (non solo italiani) sembrano guardare con una fiducia quasi illimitata, se possono risolvere il problema individuale di singoli drogati, opera certo auspicabile e meritoria, non sembrano in grado di risolvere il problema sociale della droga. Presso la California Youth and Adult Correction Agency, un centro della California considerato all’avanguardia mondiale in materia, su 5300 drogati ricoverati sono state ottenute 27 guarigioni complete: circa 5 su mille, una goccia nel mare della droga.
La semplice dimensione dei fatti non offre dunque spiegazioni e risposte esaurienti al problema, e questa constatazione giustifica una indagine ulteriore, estesa alle motivazioni «filosofiche» di chi usa e di chi diffonde la droga.
LA RIVOLUZIONE DELLA DROGA NELLE IDEE
Le dimensioni del fenomeno suggeriscono come particolarmente perspicue l’immagine della epidemia e il paragone della droga, autentico flagello del secolo XX, a flagelli di secoli passati come la peste o il colera. Ma si tratta di una epidemia tutta particolare perché, mentre le antiche malattie si sfuggivano, questa si contrae volontariamente, e c’è, anzi, persino chi osa farsene propagandista e promotore: l’epidemia degli stupefacenti conosce degli autentici untori, che dispiegano una martellante propaganda per illustrare i vantaggi della libera droga. Una serie di episodi sconcertanti dimostra come vi sia chi persegue la diffusione degli stupefacenti come un bene in sé, secondo gli insegnamenti di una «filosofia chimica», che vede nella droga la levatrice di una nuova umanità. Il capo hippie australiano Richard Neville, direttore della rivista londinese OZ, ricorda nel suo libro Play Power – una delle bibbie della cosiddetta «cultura underground», in cui si propone di sostituire alla convivenza organizzata secondo regole logiche un «potere del gioco e della burla» – una serie di iniziative volte a diffondere socialmente l’esperienza della droga. A New York, il giorno di san Valentino del 1969, trentamila sigarette alla marijuana furono spedite da un gruppo hippie ad altrettante persone scelte a caso dall’elenco telefonico, per invitarle a «provare, almeno una volta». L’Yipanther Pact, il patto di unità d’azione tra i due gruppi terroristici statunitensi degli Yippies di Jerry Rubin e delle Pantere Nere di Eldridge Cleaver, poi sgominati dalla polizia, comprendeva il progetto di introdurre LSD nell’acqua potabile di alcune città americane.
Anche in Italia non mancano episodi significativi. Nel febbraio 1977 il «collettivo creativo» dei cosiddetti Indiani Metropolitani ha presentato al sindaco comunista di Roma Argan un delirante documento nel quale si rivendica, tra l’altro, la «liberalizzazione totale di marijuana, hashish, LSD nell’uso, abuso, circolazione, coltivazione». E il gruppo Stampa Alternativa diffonde ormai da anni, nonostante periodiche ma alquanto blande operazioni di sequestro della polizia, un Manuale per la coltivazione della marijuana, completo di appendice su Come coltivare una Pianta irriconoscibile, con tutti i consigli necessari per iniziare una piccola coltura domestica, all’aperto o al chiuso, di piante da droga. Accanto a iniziative di questo tipo, opera di piccole avanguardie della rivoluzione della droga, c’è poi tutta la vasta attività delle grosse organizzazioni per la liberalizzazione degli stupefacenti, sovente dotate di cospicui mezzi: negli Stati Uniti la Marijuana Review; in Inghilterra la SOMA (Society of Mental Awareness), che si permette di pubblicare costosissimi annunci a piena pagina sul Times. È il ruolo che, in Italia, sembra intenzionato a svolgere il Partito Radicale.
Perché, dunque, tutto questo? Come é possibile perseguire la droga come un bene e uno scopo? Richard Neville fornisce al quesito una risposta estremamente interessante. La droga – egli scrive – rende gli uomini «capaci di sgusciare dalla camicia di forza della logica aristotelica».
La citazione di Aristotele in un tale contesto può apparire singolare, ma non si tratta di irrazionale antipatia per il filosofo greco. Dietro l’avversione per Aristotele si nasconde l’avversione per il retto uso di ragione, per l’idea secondo cui esiste una verità, un ordine delle cose oggettivo e immutabile e la ragione é in grado di conoscerlo. La negazione dei princìpi della logica, a cominciare da quelli di identità e di non contraddizione, corrisponde a una tensione costante nella storia dell’errore e del suo secolare evertersi dal cardine della verità: negato il principio secondo cui ogni cosa è immutabilmente uguale a se stessa, si esclude l’esistenza di verità, leggi, valori immutabili e si afferma che tutto viene eroso, corroso, disgregato dalla storia, che tutto quello che oggi è vero domani potrebbe essere falso.
L’aggressione materialista e relativista contro la filosofia dell’essere si manifesta sotto forma di odium rationis, di rivolta contro l’intelligenza privata del suo oggetto proprio che è la verità. È una rivolta che parte da molto lontano, e le cui tappe sono le tappe stesse della storia della Rivoluzione, dalle invettive di Lutero contro la ragione «prostituta del Demonio» alla nefasta opera.dell’illuminismo che, sostituendo alla ragione una illusoria «raison» astratta e al retto uso di ragione il razionalismo, prepara la rovina della ragione nel rovesciamento irrazionalistico di Nietzsche e nel dissolvimento evoluzionistico di Hegel e di Marx. La nostra epoca conosce l’esito ultimo, ma fatale, di questo lungo processo: la morte della ragione, la fine dell’uomo ordinato e ragionante, proclamata dal vaniloquio strutturalista e praticata dal drogato.
Se l’«uomo nuovo», l’uomo che si é totalmente svincolato dal pensiero logico, non esiste in natura, ecco che lo si crea con l’artificio chimico della droga. Timothy Leary, autoproclamatosi «gran sacerdote» dell’LSD, dichiara che questa droga non solo «cambia il modo di pensare», ma è addirittura in grado di «cambiare la natura umana». I teorici della Marijuana Review proclamano che «il problema della marijuana é una guerra civile culturale in cui il modo di pensare tradizionale, conformista e conservatore – morale, etico e religioso –urta contro la nuova coscienza, planetaria, dinamica, globale, espansa». E Leary aggiunge che la droga é l’unica via per fare assimilare rapidamente all’uomo occidentale, schiavo di secoli di pensiero logico, il modo di pensare afro-asiatico che sarebbe totalmente diverso (realizzando così il sogno del «pensiero selvaggio» strutturalista): «le droghe psichedeliche – scrive Learv – anneriscono l’uomo bianco».
Se, con buona pace dei «filosofi chimici», è impossibile «cambiare la natura umana», creazione immutabile di Dio, è però possibile mediante la droga, creare un «uomo decaduto», versione chimica del folle, che «dimentichi» tutto ciò che lo circonda, imprigionandosi in quella che lo psichiatra Max Beluffi, riferendosi al noto episodio dell’Odissea, chiama «cultura letomerimnica», cultura dell’oblio, caratterizzata da un rifiuto totale della realtà.
Presentata in questi termini, la droga non é che la manifestazione più vistosa della moderna «civiltà dell’immagine», che sostituisce all’uomo che riflette e ragiona un uomo in balia degli stimoli sensoriali esterni. Beluffi, attirando l’attenzione sui molteplici misfatti della televisione, sottolinea la stretta relazione tra la «sensazionalizzazione della vita quotidiana creata dagli audiovisivi» e la droga, e ritiene che «il precondizionamento fantasmatico audiovisivo costituisca la prefornia, il presupposto, il punto di partenza più idoneo per accreditare come interessante e valido l’uso delle sostanze che classifichiamo con il nome di droghe».
Se queste, e non altre, sono le reali motivazioni della diffusione della droga, se dunque non siamo di fronte soltanto a una epidemia, ma a una «guerra civile culturale», per combattere in modo adeguato la battaglia contro gli stupefacenti non sono sufficienti ospedali e leggi: occorrerà, per rispondere a chi ha decretato e pratica la morte della ragione, una restaurazione dell’intelligenza, una restaurazione sociale del buon senso, una operazione di bonifica intellettuale. La pratica della Contro-Rivoluzione passa, in questa prospettiva, attraverso la restaurazione della educazione: il fattto che l’80% dei drogati sia costituito da studenti non è certamente casuale! I veleni chimici della droga sono solo la conseguenza dei veleni materialistici e relativistici che i giovani per anni hanno assorbito: lottare efficacemente contro la droga vuol dire, allora, rompere con la pedagogia rivoluzionaria, tornare a una educazione vera che trasmetta non solo tecniche, ma valori e ideali, non solo cose, ma l’ordine delle cose.
LA RIVOLUZIONE DELLA DROGA NELLE SUE TENDENZE PIU’ PROFONDE
Un errore filosofico, una malattia intellettuale, una trahison des clercsnon rendono ancora ragione del mysterium iniquitatis che si cela dietro l’opera degli untori della droga. C’è una dimensione più profonda di quella delle idee: la «filosofia chimica» rivela, nella rivoluzione della droga, una presenza di quell’odio che è l’essenza profonda di ogni rivoluzione. Odio metafisico contro l’ordine del mondo e contro la ragione che lo disvela e lo riconosce, ma anche odio teologico contro Dio autore di quell’ordine e quindi contro l’uomo in quanto immagine di Dio. È quanto si avverte nel poema Acido lisergico del vate della droga Allen Ginzberg, scritto – come avverte lo stesso autore – sotto l’influenza dell’LSD: Ginzberg dichiara francamente «io odio Dio» e conclude nel ritornello ossessivo «Grazie a Dio non sono un Dio – Grazie a Dio non sono un Dio…».
L’empietà e l’odio contro Dio, moventi primi e occulti della Rivoluzione, si svelano, infine, in ogni articolazione della Rivoluzione stessa.
Il programma rivoluzionario di morte e dissoluzione universali è causato da tale odio e lo esprime.
Dio essendo irraggiungibile l’odio rivoluzionario si scaglia, per distruggerlo, contro l’universo delle sue opere, e soprattutto contro la sua opera principe: l’uomo, per sfigurare e cancellare in lui, se possibile, ogni orma e traccia della sua creaturalità divina: il suo essere, la sua verità, suo bene.
* * *
La dimensione delle tendenze richiede un approfondimento anche del programma di contro-rivoluzione: quella restaurazione sociale che costituisce l’unica possibile profilassi antidrogastica non deve essere soltanto restaurazione culturale e intellettuale, ma, anzitutto, restaurazione morale. In questo crepuscolo della morale occorre battersi, almeno, per una restaurazione della prima e più umile delle virtù cardinali, la temperanza, virtù della continenza, del tenere sé in se stessi, del resistere alla disgregazione. San Tommaso ci insegna che «bonum hominis est secundum rationem esse», e aggiunge: «l’essere dell’uomo consiste propriamente nell’essere secondo ragione. Quando uno si mantiene in ciò che é conforme alla ragione allora si dice che tiene sé in se stesso». Le connotazioni reali del quadro della droga escludono la possibilità di soluzioni a buon mercato, come l’efficacia di considerazioni sentimentali e idealistiche.
Certo, contro la rivoluzione drogastica sono auspicabili opportuni interventi medici e giuridici, é necessaria un’opera di restaurazione culturale ed educativa. Ma tutto questo non é sufficiente: nelle trappole della droga si continuerà a cadere se non si porrà mano a una profonda opera di restaurazione morale della società, di contro-rivoluzione intesa come ascesi del corpo sociale. L’inquietudine del drogato può essere vinta soltanto dalla diffusione sociale di quella quies animi che é il frutto proprio della virtù della temperanza.
Per un’opera di questa portata i mezzi naturali non bastano: san Tommaso ordina alla temperanza, fra i doni dello Spirito Santo, il donum timoris, il dono del timore di Dio. Molte considerazioni si possono svolgere in tema di droga, ma qui sta la chiave di volta, la soluzione positiva: la purificazione interiore contro l’abbrutimento interiore, la virtù contro il vizio, il bene contro il male.
La Battaglia contro la droga non é perduta in partenza; può essere combattuta e, nonostante tutto, ancora vinta, se sapremo porre il nostro combattimento sotto l’insegna di quello che fu l’antico motto di tante imprese cristiane: «Initium sapientiæ timor Domini», il timore di Dio è l’inizio di ogni vera saggezza
MASSIMO INTROVIGNE
Note:
PLINIO CORREA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 189-195. Sullo strutturalismo cfr. anche il mio Strutturalismo e Rivoluzione, in Cristianità, n. 23, marzo 1977.
Definisce il drogato come semplice divisum, e non più individuum, anche G. ANDERs nel suo L’uomo é antiquato, trad. it., il Saggiatore, Milano 1963.
A. HELLER, La teoria dei bisogni in Marx, 3′ ed. it., Feltrinelli, Milano 1977, pp. 145 ss.. Cfr. ora anche A. HELLER, La teoria, la prassi e i bisogni, Savelli, Roma 1978. Sui rapporti tra marxismo e IV Rivoluzione cfr. G. CANTONI, Il PCI e gli «Indiani Metropolitani», in Cristianità, n. 23, cit.
Statistica governativa americana citata in Alice, i giorni della droga, tr. it., Feltrinelli, Milano 1972, p. 199.
La droga può fungere tuttavia da «arma impropria» anche nella guerra militare: secondo una inchiesta della rivista statunitense Esquire (The Politics of Pot, n. dell’agosto 1968) il 75% dei soldati americani nel Vietnam faceva uso di droga, il che spiega forse molte cose sulla sconfitta degli USA.
G. PONTI, Programma di criminologia, Cortina, Milano 1974″ t. II, p. 352.
P. CORREA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, cit., pp. 81-82.
G. BLUMIR, La marijuana fa bene, Tattilo, Roma 1973.
Oltre ai danni provocati di per sÈ dalle «droghe leggere» (perdita nel potere di difesa dell’organismo, possibili malformazioni nei figli del drogato, perdite di memoria, turbe del comportamento), occorre considerare il loro carattere di «droga ponte», per cui, in breve tempo, la stragrande maggioranza dei consumatori di marijuana e di hashish passa alla eroina o alla morfina. Cfr. le osservazioni del prof. LAURENCE, dell’università di Londra, nel suo manuale Farmacologia clinica, Piccin, Padova, 1976, pp. 38 ss.
Per un’accurata esposizione di dati, e la confutazione di numerosi luoghi comuni in materia, cfr. G. PONTI, Atttuali correlazioni fra tossicomania e criminalità, in Droga e società italiana, Giuffré, Milano 1974, pp. 331 ss.
H. MANNHEIM, Trattato di criminologia comparata, tr. it., Einaudi, Torino 1975, vol. I, p. 343.
Dati citati da S. LUCARINI, Dossier sulla droga, Città Nuova, Roma 1977, p. 207.
R. NEVILLE, Play Power, tr. it., Milano Libri, Milano 1971, p. 129.
Ibid., p. 248.
Documento pubblicato su La Stampa del 26 febbraio 19771 p. 2. Ecco altre istruttive «rivendicazioni»: «finanziamenti pubblici a tutte le iniziative culturali autogestite; requisizione di tutti gli edifici sfitti per la loro utilizzazione come centri coi aggregazione e socializzazione dei giovani per vivere alternativamente dalle famiglie; istituire nei quartieri ronde antifamiglie che la sera rapiscano le giovani minorenni che non hanno il permesso di uscire»
R. NEVILLE, Play Power -, cit., p. 237.
Sull’attacco contro l’intelligenza e sui molteplici travestimenti sotto i quali esso si nasconde cfr. M. DE CORTE, L’intelligenza in pericolo di morte, tr. it., Volpe, Roma 1973.
T. LEARY, The God Game, in Berkeley Barb, n. 2, febbraio 1969, p. 5. Cfr. pure T. LEARY, Grande Sacerdote, tr. it., Sugar, Milano 1968. Le idee di Leary venivano tra l’altro diffuse in Italia dal circolo milanese Macondo(chiuso recentemente dalla polizia come centro di diffusione di droghe), diretto da Daniele Joffe e Sergio Israel e «animato» dai nomi più noti della sinistra extraparlamentare di Milano.
The Marijuana Review, n. 5, giugno-agosto 1969, p. l.
T. LEARY, The God Game, cit., p. 6.
M. BELUFFI, Antropologia sociale dei comportamenti drogastici, in Droga e società italiana, cit., pp. 539-584. Si tratta di un saggio estremamente interessante dal punto di vista fenomenologico e descrittivo: gravi riserve permangono invece circa la valutazione filosofica e morale dei comportamenti descritti, ispirata ad Heidgger e a Jaspers. Di «esperienza comunitaria lethomerìmnica» parla pure, con valutazione opposta a quella di Beluffi, un autore favorevole alla «filosofia chimica»: T. ROSZAK, nel suo La nascita di una controcultura, tr. it., Feltrinelli, Milano 1970.
M. BELUFFI, Antropologia sociale dei comportamenti drogastici, cit., p. 577. I «fantasmi» televisivi, prosegue Beluffi, «sono “ombre” potentissime capaci di ristrutturare completamente da lontano, per via iconica e “audio”, la stessa realtà biopsichica di base di milioni e milioni di teleutenti. A tutto ciò bisogna aggiungere l’universo semiodrogastico della cosiddetta “musica pop” incisa su dischi e nastri, urlata in miriadi di singing towers, riprodotta in milioni di giradischi, vociferante in innumerevoli radioline tascabili o in sofisticatissimi apparati HF. E’ l’universo della alienazione acustica Pura. Che rimedio esiste per un siffatto fenomeno di degenerazione collettiva?».
A. GINZBERG, Acido lisergico, cit. in S. LUCARINI, Dossier sulla droga, cit., pp. 124-25.
Summa theologiae, Ia IIæ, 18, 5.
Summa theologiae, lIa Ilæ, 155, 1, ad 2. Cfr. sul tema J. PIEPER, Sulla temperanza, tr. it., Morcelliana, Brescia 1965.