Francisco Elias de Tejada y Spinola (1917-1978)
Il 18 febbraio scorso è prematuramente scomparso il professor Francisco Elías de Tejada y Spinola, nato a Madrid il 6 aprile 1917.
Nell’arco dei poco più che sessant’anni di vita, ricchi anche di viaggi e di esperienze letteralmente straordinarie, ha prodotto un tesoro di opere numerosissime – i titoli sono più di trecento -, fondate su una eccezionale erudizione, conquistata attraverso massacranti ritmi di lavoro, che consentirono la valorizzazione di una prodigiosa memoria.
Pure non fu topo di biblioteca – anche se ne possedeva una di valore inestimabile -, ma rimase sempre un combattente di rango nella battaglia delle idee. «L’inchiostro che tinge la mia penna – ebbe a scrivere – non è intriso nell’azzurro delle chimere letterarie, ma è rosso come il sangue dei soldati dei “tercios” dei re di Napoli, in cui i miei antenati napoletani, figli di terra italiana, stabilirono la verità che ci assorbe con la grazia perfetta del roteante balenio delle loro spade imperiali».
Tra i suoi scritti, un gruppo è legato più strettamente alla sua professione, che lo portò a insegnare filosofia del diritto nelle università di Salamanca, Siviglia e Madrid, assertore inflessibile del diritto naturale. Ricordiamo i due volumi della Historia de la filosofía del derecho y del Estado (Escelicer, Madrid 1946) e il Tratado de filosofia del derecho, in corso di pubblicazione presso la università di Siviglia dal 1974 e a tutt’oggi incompiuto.
Grandissima fatica ha consacrato allo studio delle tradizioni di pensiero e in senso lato culturali dei diversi regni spagnoli, delle varie «Spagne», da quella castigliana a quelle catalana, basca, galiziana, della Estremadura, portoghese, sudamericane e, infine, italiane, con particolare riguardo a Napoli e alla Sardegna. Ne sono testimonianza, tra altri, i cinque volumi di Nápoles hispánico (Montejurra, Siviglia 1958-1964) e Cerdeña hispánica (Montejurra, Siviglia 1960).
Ma il testo che – pur nella sua brevità – esprime la sua forma mentis e riassume la dottrina di cui è trasmettitore, è La monarquía tradicional (Rialp, Madrid 1954), che ha avuto anche una edizione italiana (La monarchia tradizionale, Edizioni dell’Albero, Torino 1966), arricchita di due capitoli non compresi nell’originale, uno sulla tradizione italiana in generale e uno su quella napoletana in particolare. In tale opera Elías de Tejada trasmette, con espressione felice – anche se talune affermazioni contingenti riteniamo di non condividere -, la dottrina politica della monarchia organica medioevale, vivacemente esponendola anche in opposizione al liberalismo e al totalitarismo. La sua lezione – compendio del pensiero carlista – ha contribuito alla chiarificazione ideologica della destra politica italiana, e questa è una ulteriore non trascurabile ragione per ricordarlo con parole sue che bene gli si addicono: «Le imprese non si misurano col successo. Dio non abbandonerà i suoi. E nel peggiore dei casi, se ci nega di vedere il trionfo col metro del successo, pur sempre ci dona quella pace della coscienza del dovere compiuto, che si sintetizza nel motto per cui caddero i nostri predecessori: “Senza cedere”».