Massimo Introvigne, Cristianità n. 40-41 (1978)
Al servizio dell’apologetica cattolica
LA SANTA SINDONE TESTIMONE DI VERITÀ
L’ostensione del sacro lenzuolo eccezionale occasione per rafforzare la fede e aumentare la devozione. Una impressionante conferma del racconto evangelico. L’autenticità di origine della Sindone dimostrata dalla storia, dalla iconografia, dalla storia tessile e, recentemente, dalla palinologia. La fotografia e la medicina legale, con l’ausilio della tecnologia più avanzata, ne confermano anche l’autenticità di rappresentazione. Contro il modernismo dilagante nel mondo cattolico, la Sindone testimonia la coincidenza del «Cristo della fede» con il «Cristo della storia». A un mondo ebbro di scientismo e di materialismo, la Sindone ricorda come la vera scienza predisponga alla fede nel soprannaturale.
PREMESSA
Tra le reliquie della Cristianità, la più venerata è probabilmente la Santa Sindone di Torino, di cui 35 Pontefici – da Sisto IV a Paolo VI – hanno proclamato nella storia il valore insigne. Papa Pio XI la definì, nel 1936, «cosa sacra come forse nessun’altra» (1). La Santa Sindone è il lenzuolo funerario di Nostro Signore Gesù Cristo, conservato in segreto dai primi cristiani e poi via via venerato nei secoli a Gerusalemme, a Costantinopoli, quindi a Lirey e poi a Chambéry in Francia, e infine, dal 1578, a Torino, dove la fece trasferire il duca Emanuele Filiberto per abbreviare il viaggio a san Carlo Borromeo, che aveva fatto voto di recarsi a piedi da Milano a venerarla.
L’ostensione di quest’anno – che si svolge dal 27 agosto all’8 ottobre e richiamerà, secondo i quotidiani, da due a tre milioni di pellegrini – celebra appunto il quarto centenario del trasferimento definitivo della Sindone a Torino. Il tema della Santa Sindone merita in questa occasione di essere convenientemente approfondito, perché l’ostensione non sia soltanto oggetto di una sia pur pia curiosità, ma contribuisca ad alimentare e a rafforzare la nostra fede e la nostra devozione. Per comprendere la natura e il significato della Sindone nel quadro della nostra vita di cristiani sembra opportuno rispondere a tre domande. Quali sono le prove dell’autenticità della Sindone? Quali indicazioni ricaviamo dalla Sindone, che cosa cioè la Sindone prova e dimostra, una volta stabilito che è autentica? Qual è, dunque, la lezione e l’utilità della Sindone per noi?
1. LE PROVE DELL’AUTENTICITÀ DELLA SINDONE
A proposito dell’autenticità della Sindone, è opportuno, anzitutto, distinguere tra autenticità di origine e autenticità di rappresentazione. Autenticità di origine: la Sindone risale all’epoca di Gesù Cristo. Autenticità di rappresentazione: le impronte presenti sulla Sindone sono realmente di Nostro Signore Gesù Cristo. Va premesso che gli esami scientifici hanno escluso nel modo più assoluto l’ipotesi del falso (opera di un pittore), un tempo avanzata dagli avversari della reliquia: l’esame del tessuto ha mostrato la totale assenza di tracce di pittura. Del tutto esclusa, dalle analisi scientifiche come dagli storici dell’arte, è pure la tesi secondo cui le impronte della Sindone sarebbero state ottenute «per contatto» da un quadro, da una statua o da un bassorilievo (2).
L’autenticità di origine della Sindone si ricava dalla storia, dalla iconografia, dalla storia tessile e ora – secondo un recente esperimento – dalla palinologia, cioè dallo studio del polline presente sulla sacra tela.
La storia non ci presenta, ovviamente, documenti tali da potere ricostruire con minuzia tutto l’itinerario della Sindone da Gerusalemme a Torino. Ma – come osserva lo storico Cognasso – «per nessun oggetto conservato nei nostri Musei si potrebbe risolvere il problema dell’autenticità nel modo che è stato preteso per la Sindone di Torino: ricostruendo cioè minutamente una catena di testimonianze così da poter risalire attraverso i secoli fino alle testimonianze degli Evangeli» (3). Non è vero, però, che manchino documenti storici sulla Sindone, come non è vero che del Sacro Lenzuolo non parlino o parlino in modo contraddittorio i Vangeli. Marco, Matteo e Luca narrano che Gesù venne avvolto in una sindone (Mc. 15, 46; Mt. 27, 59; Lc. 23, 53); Giovanni parla di othonìa(Gv. 19, 39), termine generico per indicare «bende» o «panni», che non contraddice all’indicazione data dai Sinottici circa la Sindone (4). Della Sindone troviamo, poi, testimonianze fin dai primi secoli dell’era cristiana: è citata dai Vangeli apocrifi (Vangelo degli Ebrei, Acta Pilati, Vangelo degli Apostoli), che risalgono ai primissimi secoli dopo Cristo; San Cirillo la ricorda presente a Gerusalemme verso il 340; nel secolo VII la citano san Giovani Damasceno e san Braulione, vescovo di Saragozza; verso il 650-670 il vescovo francese Arculfo, pellegrino a Gerusalemme, dichiara di averla vista e baciata; nel secolo VIII a essa fa riferimento san Teodoro Studita. La Sindone è pure citata dalla liturgia mozarabica, che è di origine antichissima (5). È probabilmente nel secolo X – ma secondo alcuni nell’XI – che la sacra reliquia viene trasferita da Gerusalemme a Costantinopoli, per sottrarla ai musulmani: si può considerare storicamente accertato, per numerose e dettagliate testimonianze, che dopo il Mille essa era venerata nella capitale dell’Impero d’Oriente, nella basilica di Santa Maria delle Blacherne. Nel 1204 Roberto di Clary, cronista della IV Crociata, scrive che «tutti i venerdì la Sindone è esposta a Costantinopoli […] ma nessuno sa ora cosa sia avvenuto di quel Lenzuolo, dopo che fu saccheggiata la città» (6).
Nel 1353 la Sindone ricompare in Francia: Goffredo di Charny la consegna ai canonici di Lirey, presso Troyes. Le modalità del passaggio della Sindone in Occidente costituiscono il principale problema storico – tuttora non risolto – circa le peregrinazioni della reliquia. Tre tesi si contendono il campo al riguardo. Secondo la prima la Sindone sarebbe stata inviata in Francia da Otto de la Roche, uno dei capi della IV Crociata e custodita per qualche tempo a Besançon. Per altri la Sindone sarebbe rimasta in Oriente fino al 1346, anno in cui Goffredo di Charny ne sarebbe entrato in possesso a Smirne, dove partecipava alla spedizione organizzata contro i turchi in difesa dell’imperatore Giovanni Paleologo. Infine, lo storico di Oxford, Ian Wilson, ha recentemente avanzato l’ipotesi che la Santa Sindone sia stata portata in Occidente dai templari (7). Quello che è certo è che a Lirey nacque una lunga e complessa controversia sulla proprietà della Sindone fra i canonici di Lirey, la famiglia di Charny e la curia vescovile di Troyes, nel corso della quale sorse, per la prima volta, un partito che negava l’autenticità della reliquia, sostenendo la tesi – oggi, come si è detto, definitivamente rigettata dalla scienza – del falso pittorico (8). A controversie e polemiche pose fine, nel 1453, Margherita di Charny, cedendo il Lenzuolo ad Anna di Savoia, moglie del duca Ludovico. Da allora, la Sindone è rimasta proprietà della casa di Savoia, custodita fino al 1578 a Chambery.
Un prezioso sussidio alla storia è offerto dalla iconografia: è un fatto incontestabile che, dal secolo VI al XII, l’arte bizantina – in Grecia come in Italia e in Russia – ci presenta una figurazione del Cristo che ha singolari analogie con la figura del Cristo sindonico. Già in un affresco molto antico delle catacombe di san Ponziano a Roma (secoli VI-VII), troviamo un volto di Gesù singolarmente «deforme», che sembra riprodurre il volto della Sindone: e un volto «deforme» è tanto più significativo in quanto gli artisti di scuola bizantina erano soliti raffigurare il Cristo trionfante e bellissimo. Se l’ipotesi di una derivazione dalla Sindone è esatta, l’artista, che non poteva certo conoscere la nozione di negativo fotografico e quindi sapere che i segni sul Sacro Lenzuolo sono «al negativo», si è ispirato al volto di Gesù così come si vede sulla Sindone a occhio nudo. Uno dei più grandi studiosi di sindonologia, il Vignon, dava alla prova iconografica un grande valore per l’autenticità della Sindone (9).
Gli specialisti di storia tessile, soprattutto italiani e tedeschi, che si sono occupati del problema, sono concordi nell’ammettere l’antichità del Sacro Lenzuolo. Il tessuto spigato – cosiddetta «toile sergée» – della Sindone (tessitura, secondo alcuni, di origine egizia, secondo altri mesopotamica o siriaca, ma certamente nota ai romani in età imperiale) possiede tutte le caratteristiche dei tessuti, e in particolare dei lenzuoli funebri, del tempo di Gesù Cristo (10).
Recentemente una nuova prova, probabilmente decisiva, è venuta a dimostrare l’autenticità di origine della Sindone: il professor Max Frei, di Zurigo, è stato autorizzato a prelevare, servendosi di uno speciale nastro adesivo, alcuni campioni della polvere depositata dai secoli sulla Sindone, e li ha sottoposti alla prova palinologica. «Le prime conclusioni che gli studi eseguiti permettono di formulare – scrive Frei – si riferiscono alla presenza sul Lenzuolo di granuli di polline che provengono da piante desertiche che crescono in Palestina. Il polline più frequente sul Lenzuolo è identico al polline più frequente nei sedimenti del lago di Genezaret negli strati sedimentati duemila anni fa. Un altro campione proviene dall’Asia Minore e più precisamente dai dintorni di Costantinopoli, mentre un gran numero di granuli sono di origine francese ed italiana. È logica quindi la deduzione che la vita storica e geografica del Lenzuolo corrisponde alle migrazioni che lo stesso subì nei tempi in funzione delle testimonianze acquisite» (11).
Questo articolato complesso probatorio fornisce indicazioni, circa l’autenticità di origine della Sindone, che possono essere ritenute conclusive. Ben poco aggiungerebbe a tali prove il tentativo di datazione mediante il C14 (radiocarbonio), secondo un metodo assai usato in archeologia e che taluno vorrebbe applicare alla Sindone. È vero, infatti, che l’esperimento del radiocarbonio potrebbe oggi essere compiuto prelevando solo un piccolo frammento di tessuto (mentre, con i metodi meno raffinati del passato, sarebbe stato necessario distruggere un’ampia parte della reliquia): ma la datazione con il C14 risulta pur sempre soltanto approssimativa, mentre, d’altro canto, l’esperimento potrebbe essere falsato dalla presenza di colonie di funghi «vivi» sulla Sindone, confermata dalla recente osservazione di un filo del Lenzuolo mediante il microscopio elettronico a scansione (12).
L’autenticità di rappresentazione della Santa Sindone è dimostrata dalla fotografia e dalla medicina legale: esse, con l’esame attento delle varie impronte presenti sul Lenzuolo, ci danno un quadro esatto delle lesioni e delle ferite che subì l’uomo della Sindone. Recentemente, questi risultati sono stati confermati dalla scomposizione elettronica delle fotografie eseguita da una équipe guidata dai professori Jackson e Jumper presso l’Accademia delle Forze Aeree degli Stati Uniti, nel Colorado, con apparecchi usati, tra l’altro, anche per le imprese spaziali della NASA, che hanno per la prima volta permesso una immagine «tridimensionale» della Sindone (13).
L’uomo della Sindone fu crocefisso: ma non fu un crocefisso qualunque (14). Normalmente, infatti, i giustiziati erano abbandonati ai rapaci, o al massimo gettati in fosse comuni avvolti nelle proprie vesti: questo giustiziato fu posto in un sepolcro e avvolto in un lenzuolo. Non conosciamo nessun caso di giustiziato coronato di spine: questo giustiziato fu coronato di spine. Generalmente i condannati erano legati alla croce: qui furono usati i chiodi. Il colpo di grazia, di solito, era una mazzata alle gambe: questo condannato fu trafitto al costato quando era già morto, e dalla ferita scaturirono sangue e acqua. Il crocefisso della Sindone, dunque, non subì la sorte comune dei giustiziati romani: subì, invece, la sorte esatta che i Vangeli narrano di Gesù.
In questa prospettiva il problema dell’autenticità di rappresentazione della Sindone può ricevere una soluzione sicura, in termini di valutazione di probabilità. Già nel 1902 Yves Delage, professore alla Sorbona e direttore del Museo di storia naturale di Parigi, aveva dichiarato: «Appare estremamente probabile che il Lenzuolo di Torino sia quello che ha avvolto Gesù Cristo dopo la sua morte e, per quanto io posso valutare, la probabilità che non lo sia appare di una su dieci miliardi». Un calcolo più preciso è stato effettuato di recente dal sindonologo gesuita Paul De Gail, ingegnere in tecnologia industriale, che così conclude: «È estremamente probabile che la Santa Sindone di Torino sia quella che ha avvolto Gesù Cristo e, per quanto ora posso valutare, la probabilità che non lo sia è di 1 su 225 miliardi» (15). Un calcolo delle probabilità che ci dà una certezza morale e scientifica: l’uomo della Sindone è Gesù Cristo.
2. LE INDICAZIONI CHE RICAVIAMO DALLA SINDONE
Esaminate le prove dell’autenticità della Sindone, vediamo ora quali sono le conseguenze di questa autenticità, che cosa, cioè, la Sindone prova e dimostra. La Sindone dimostra anzitutto la scrupolosa esattezza storica del testo evangelico. La flagellazione, l’incoronazione di spine, le piaghe, la ferita al costato non sono particolari di fantasia aggiunti dalla pietà degli evangelisti: sono fatti storici, controllabili e dimostrabili, grazie alla Sindone, in modo scientifico e oggettivo. L’esegesi biblica protestante, penetrata nel nostro secolo anche tra i cattolici dopo l’eresia modernista, ha sostenuto che i Vangeli non hanno valore storico, che essi ci danno il «Cristo della fede» e non il «Cristo della storia», che i particolari che i Vangeli ci danno sono simboli, allegorie che non vanno prese alla lettera (16). Lo studio scientifico della Sindone fa giustizia di queste false opinioni, del resto già più volte condannate dalla Chiesa: il racconto della passione e della morte di Gesù fu annotato dagli evangelisti senza aggiunte o errori, ma anzi con la scrupolosa esattezza di veri storici.
Si può aggiungere che, secondo una opinione non condivisa da tutti gli studiosi, ma che conta autorevoli sostenitori, la Sindone fornirebbe indicazioni probatorie anche circa la resurrezione di Gesù. È certo, anzitutto, che il corpo del Signore rimase nel Lenzuolo per pochi giorni: una permanenza più lunga avrebbe rovinato la nitidezza delle impronte. D’altro canto, le varie teorie proposte per spiegare la genesi delle impronte sindoniche, che rimandano per lo più alla reazione chimica delle sostanze aromatiche aggiunte per la sepoltura (aloe, mirra e altre) con le sostanze organiche della salma, non hanno mai fornito – nonostante numerosi e pregevoli tentativi di conferma sperimentale – una spiegazione convincente e definitiva (17). Di fronte a questa incertezza, una ipotesi di recente avanzata da studiosi inglesi e americani è che l’eccezionale precisione delle impronte sulla Sindone derivi da una improvvisa «esplosione di energia» che avrebbe come «segnato a fuoco» il tessuto: fenomeno che resterebbe inspiegabile per l’agnostico, e in cui il credente potrebbe vedere il momento della resurrezione (18).
Gli studi sulla Sindone, che continuano a moltiplicarsi, forniscono altre interessanti indicazioni. La Santa Sindone è stata, così, confrontata con altre reliquie venerate nella Cristianità, rivelando analogie e coincidenze. Per esempio, i segni che si vedono sulla Sacra Tunica di Gesù conservata ad Argenteuil, studiati dal radiologo Auclair, mostrano interessanti coincidenze, secondo il professor G. Judica Cordiglia, con le impronte sindoniche (19). Judica Cordiglia aggiunge che perfino l’impronta del piede destro di Cristo, lasciata, secondo la tradizione, a Roma, sulla via Appia, nel luogo in cui il Maestro apparve a san Pietro – è il famoso episodio del Quo vadis? – misura centimetri 27 per 11, cioè la stessa misura che si ricava dalla impronta del piede destro sulla Sindone (20). Da questi studi e confronti possiamo forse ricavare una lezione, e un monito a tutti coloro che rifiutano di prendere sul serio le reliquie, considerando la loro origine e la loro testimonianza come puramente leggendarie.
Padre Patrick O’Connell, infine, ha dedicato un libro al raffronto tra i particolari della passione di Cristo, non rivelati dai Vangeli, che possiamo apprendere dallo studio della Sindone e ciò che della passione di Gesù narrano, in aggiunta ai Vangeli, le rivelazioni private di alcune famose veggenti favorite da visioni sulla vita del Salvatore: santa Brigida di Svezia nel Trecento, la venerabile Maria d’Agreda nel Seicento, Anna Caterina Emmerick nell’Ottocento e Teresa Neumann di Konnersreuth nel nostro secolo (21).
Questo confronto mostrerebbe una concordanza di notevole precisione tra tali visioni e ciò che la scienza ha appreso dalla Sindone. Lo studio di padre O’Connell – anche se non tutte le sue conclusioni sulla Sindone sono condivise dalla maggioranza degli studiosi (22) – richiama così la nostra attenzione, pur con le cautele raccomandate dalla Chiesa in siffatti delicati argomenti, sulla importanza delle rivelazioni private di questo tipo.
3. LA LEZIONE DELLA SINDONE
Concludendo, qual è per noi la lezione della Sindone, quali indicazioni possiamo e dobbiamo trarre dalla Sindone per la nostra vita di cristiani? Si incontra spesso, in questi giorni della ostensione, anche presso buoni cristiani, la domanda: «Tu credi alla Sindone?». Si tratta, in verità, di una domanda mal posta: la Sindone è un documento storico, non un oggetto di fede. La Chiesa non ci domanda di credere alla Sindone così come crediamo, per esempio, all’Unità e Trinità di Dio o alla Immacolata Concezione della Madonna. La Sindone non richiede atti di fede: oggetto dello studio della scienza, essa, semmai, provando la esattezza storica dei Vangeli, è un aiuto per la nostra fede, ci aiuta a credere in Dio e in Gesù Cristo, suo Figlio Unigenito incarnato e morto per noi.
Vi è certamente un significato provvidenziale nel fiorire nel nostro secolo ventesimo degli studi scientifici sulla Sindone, successivi alla scoperta della fotografia e alle prime fotografie del Sacro Lenzuolo (23). Si potrebbe stabilire una significativa analogia tra lo studio della Sindone e quanto accaduto a Lourdes. A un secolo laico e positivista, che rifiutava il soprannaturale e considerava la credenza nei miracoli come una volgare superstizione, Lourdes offrì la prova vivente, ampia, quotidiana, attuale, che i miracoli ci sono, che malati dichiarati inguaribili dalla scienza vengono guariti in nome di Cristo e della sua santa Madre. A Lourdes, come insegna san Pio X, «i prodigi che tuttodì avvengono per intercessione della Madre Divina sono splendidi argomenti contro l’incredulità degli uomini del tempo presente» (24). Oggi, a un secolo non meno materialista di quello passato, dominato dal mito della scienza, la Provvidenza offre gli studi scientifici sulla Sindone. In una situazione storica di scetticismo scientista e di positivistica superstizione del fatto, l’apologetica tradizionale viene integrata da un elemento scientifico, da un «fatto» indiscutibile, che conferma il racconto evangelico della Passione. Mentre anche nella Chiesa si vive una giornata di crisi e di incertezza, mentre molti cattolici – sulla scia del modernismo – abbandonano l’apologetica e riducono la fede a un puro sentimento, ecco la Sindone parlare il suo muto linguaggio, ecco un eccezionale documento rivendicare la natura di fatto storico di quanto narrano i Vangeli.
Negli studi sulla Sindone, che non cessano di approfondire le meraviglie di questa sacra reliquia, possiamo dunque vedere un preciso e puntuale invito della Provvidenza a ravvivare la nostra fede: una fede seria, virile, che non si esaurisca nel sentimentalismo vago, ma tragga dall’apologetica di sempre gli indispensabili preamboli razionali. Preghiamo dunque Gesù Crocifisso e la Madonna Addolorata affinché l’ostensione della Sindone sia occasione di vera meditazione sulla Passione di Cristo, morto per i nostri peccati, e insieme efficace invito a militare sotto la bandiera di Cristo Re. L’homo dolorum, l’uomo dei dolori sindonico, è, infatti, lo stesso Salvatore del Mondo che della corona di spine fa il presagio della corona di gloria della resurrezione, e il simbolo della sua regalità universale sui cuori, sulle famiglie, sulle società.
MASSIMO INTROVIGNE
NOTE
(1) L’Osservatore Romano, 7-8 dicembre 1936. Cfr. G. JUDICA CORDIGLIA, La Sindone, LICE, Padova 1961, sopr. il capitolo La Sindone e i Papi (pp. 168-170).
(2) Cfr. da ultimo, in argomento, P. BAIMA BOLLONE – P. P. BENEDETTO, Alla ricerca dell’uomo della Sindone, Mondadori, Milano 1978, pp. 184-189.
(3) F. COGNASSO, La Santa Sindone di Torino e la tradizione storica medioevale, in La Sindone nelle ricerche moderne, LICE, Torino 1941, pp. 48 ss. «L’esame diretto dell’oggetto – scrive don P. Coero-Borga, direttore del Centro di Sindonologia di Torino – può dare una garanzia che non è inferiore a quella del documento. Dalla realtà dell’oggetto è poi facile risalire nel tempo e, in certo modo, rifare a ritroso la storia stessa. Si è sempre fatto così per tanti capolavori, ad esempio, d’arte ed il metodo è considerato scientifico» (P. COERO-BORGA, La Sindone e la storia, in La Sindone, supplemento a La Stampa, 27-8-1978, p. 5).
(4) È quanto fu dimostrato da p. A. Vaccari S.J., con una persuasiva analisi linguistica e archeologica già al I Congresso torinese di studi sulla Sindone del 1939 (v. la sua relazione Archeologia e scienze affini di fronte al sacro testo dei Vangeli negli atti di quel congresso, La Sindone nelle ricerche moderne, cit.). In ritardo, rispetto alle ricerche esegetiche e scientifiche, pertanto il pretestuoso attacco alla Sindone pubblicato dal periodico dei «cattolici del dissenso» torinesi a firma di don Pier Angelo Gramaglia (A proposito di Sindone: e se andassimo un po’ a rileggere i Vangeli?, in Il Foglio, n. 61, febbraio 1978, p. 4). A esso attinge abbondantemente il pastore valdese E. Ayassot in un insultante libello contro l’ostensione (La Sindone: radiografia di una prova, Claudiana, Torino 1978), alla cui stesura ha purtroppo partecipato anche un sacerdote cattolico, don Franco Barbero di Pinerolo.
(5) Cfr. su queste testimonianze P. DE GAIL S.J., Histoire religieuse du Linceul de Christ – de Jérusalem à Turin, France-Empire, Parigi 1973; P. SAVIO, Ricerche storiche sulla Santa Sindone, SEI, Torino 1957; G. JUDICA CORDIGLIA, La Sindone, cit., pp. 44-55 e 173-185; P. BAIMA BOLLONE – P. P. BENEDETTO, Alla ricerca dell’uomo della Sindone, cit., pp. 19-27; M. D. FUSINA, Le impronte della Sindone viste nei secoli, in Sindon, n. 25, aprile 1977, pp. 31-49.
(6) Cit. in L. SCHIATTI, La Sindone, Edizioni Paoline, Torino 1978, p. 3.
(7) Cfr. I. WILSON, The Shroud of Turin, Doubleday & Co., New York 1978. Sul problema cfr. pure P. BAIMA BOLLONE – P. P. BENEDETTO, Alla ricerca dell’uomo della Sindone, cit., pp. 28-30 e J. L. CARREÑO EXTEANDIA, La Sindone: ultimo reporter, Edizioni Paoline, Alba 1977 (che sostiene decisamente la tesi relativa a Otto de la Roche).
(8) Sulla controversia di Lirey è fondamentale l’opera di L. FOSSATI S.D.B., La Santa Sindone: nuova luce su antichi documenti, Borla, Torino 1961.
(9) P. VIGNON, Le Saint Suaire de Turin devant la Science, l’Archéologie, l’Histoire, l’Iconographie, la Logique, Masson, Parigi 1938 (ora in ristampa anastatica, Bottega d’Erasmo, Torino 1978), pp. 115-153 e 211-225.
(10) Cfr. sopr. V. TIMOSSI, La Santa Sindone nella sua costituzione tessile, LICE, Torino 1933; P. SAVIO, Ricerche sul tessuto della Santa Sindone, Tip. S. Nilo, Grottaferrata 1973.
(11) M. FREI, Note a seguito dei primi studi sui prelievi di polvere aderente al Lenzuolo della S. Sindone, in Sindon, n. 23, aprile 1976, p. 8. Per notizie più dettagliate sugli studi di Frei cfr. ora, in attesa della sua relazione al prossimo Congresso Sindonologico del 7-8 ottobre 1978 a Torino, P. BAIMA BOLLONE – P. P. BENEDETTI, Alla ricerca dell’uomo della Sindone, cit., pp. 118-123. Le anticipazioni fornite circa l’abbondante e prevalente quantitativo di polline proveniente da piante palestinesi permettono di confutare in radice la bizzarra teoria del pastore valdese Ayassot, il quale (La Sindone: radiografia di una prova, cit., pp. 25-26), in un ultimo infelice tentativo di negare l’autenticità della Sindone, va sostenendo che il polline rinvenuto da Frei proverrebbe dalle vesti di qualche pellegrino partecipante a una delle passate ostensioni, ovvero sarebbe stato portato sul tessuto dal vento.
(12) Cfr. P. BAIMA BOLLONE – P. COERO BORGA – E. MORANO, Prime osservazioni sulla fine struttura della Sindone al microscopio elettronico a scansione, in Sindon, n. 26, ottobre 1977, pp. 15-22; C. CODEGONE, Sulla datazione di antichi tessuti mediante isotopi radioattivi, in Ricerche e studi della commissione di esperti 1969-1976, supplemento alla Rivista Diocesana Torinese, gennaio 1976, pp. 31 ss.
(13) La bibliografia medico-legale sulla Sindone è ormai pressoché sterminata. Conservano un ampio interesse le opere classiche di BARBET (Le cinque piaghe di Cristo, ed. it., SEI, Torino 1940; La Passion de Jésus-Christ selon le chirurgien, nuova ed., Apostolat des Editions, Parigi 1965) e di JUDICA CORDIGLIA (riassunte ne La Sindone, cit.). Tra le ricerche moderne vanno segnalate in particolare quelle di BAIMA BOLLONE, illustrate nel cit. Alla ricerca dell’uomo della Sindone. I risultati di Jumper e Jackson sono stati esposti per la prima volta alla Conferenza Sindonologica di Albuquerque del 1977: cfr. ora J. P. JACKSON – E. J. JUMPER, The three-dimension image on Holy Shroud, in Sindon, n. 26, ottobre 1977, pp. 7-14. Una nuova scomposizione elettronica, effettuata in Italia, è stata ora annunciata dal prof. G. Tamburelli, dell’università di Torino: cfr. G. TAMBURELLI, Le immagini con il computer, in La Stampa, 20-8-1978, p. 1.
(14) Dimostra ora le peculiarità dell’uomo della Sindone il raffronto con lo scheletro di un certo Giovanni di Ezechiele, anch’egli morto in croce, rinvenuto nel 1970, dall’archeologo Nicu Haas, della Università di Gerusalemme, in una urna-ossario comune dell’antico cimitero di Giv’at Ha-Mivtar. Cfr. N. HAAS, Anthropological observations on the skeletal remains from Giv’at Ha-Mivtar, in Israel Exploration Journal, 1970, pp. 38 ss.; e le osservazioni del sindonologo G. RICCI nei suoi La Sindone Santa, Holy Shroud Guild, Esopus-New York 1976, pp. 177-182 e Via Crucis secondo la Sindone, Àncora, Milano 1972, pp. 43-47.
(15) Y. DELAGE, Le Linceul de Turin, in Revue Scientifique, 1902, p. 683; P. DE GAIL, Le visage de Jêsus-Christ et son Linceul, Parigi 1972, cit. in P. BAIMA BOLLONE – P. P. BENEDETTO, Alla ricerca dell’uomo della Sindone, cit., p. 215.
(16) Sono proprio queste teorie esegetiche, francamente ereticali, a spingere i biblisti a trascurare la Sindone. Cfr. A. M. DUBARLE OP., Pourquoi les biblistes négligent-ils le Linceul de Turin? in Sindon, n. 25, cit., pp. 17-30.
(17) Sui vari esperimenti cfr. sopr. G. JUDICA CORDIGLIA, La Sindone, cit., pp. 145-166. Per un nuovo tentativo cfr. ora P. BAIMA BOLLONE, Rilievi e considerazioni medico-legali sulla genesi delle impronte della Sindone, in Sindon, n. 25, cit., pp. 10-16.
(18) Sull’ipotesi, avanzata da G. ASHE nel 1966 e D. WILLIS 1970, cfr., per un quadro riassuntivo, P. BAIMA BOLLONE – P. P. BENEDETTO, Alla ricerca dell’uomo della Sindone, cit., p. 116 e J. L. CARREÑO EXTEANDIA, La Sindone: ultimo reporter, cit. (che sostiene la teoria di Ashe e Willis).
(19) G. JUDICA CORDIGLIA, La Sindone, cit., pp. 112.
(20) G. JUDICA CORDIGLIA, La Sindone, cit., pp. 212-214. La lastra marmorea con l’impronta del piede di Gesù si conserva ora nella basilica di San Sebastiano in Roma: nella chiesa detta del Quo vadis?, edificata sul luogo dell’apparizione, ne è esposto un calco in gesso.
(21) P. O’Connell, Nuova luce sulla Passione di Gesù dalla Santa Sindone, 2ª ed. it., Alzani, Pinerolo 1978. In argomento cfr. J. LEYSEN, Le St. drap de Turin à la lumière des visions d’Anne Catherine Emmerick, in Sindon, n. 23, cit., pp. 27-36.
(22) Cfr. la recensione critica di L. FOSSATI S.D.B., in Sindon, n. 9, maggio 1965, pp. 38-39.
(23) La Sindone fu fotografata per la prima volta nel 1898 da un dilettante, l’avv. Secondo Pia e poi, più accuratamente, nel 1931, dal fotografo professionista Giuseppe Enrie.
(24) S. Pio X , Enciclica Ad diem illum laetissimum, del 2-2-1904, in Maria SS., Insegnamenti pontifici, a cura dei monaci di Solesmes, 2ª ed. it. agg., Edizioni Paoline, Roma 1959, p. 174.