di Marco Invernizzi, Cristianità n. 388 (2017)
Relazione conclusiva, annotata, del convegno su 1917-2017. Fatima, la Rivoluzione bolscevica e la conversione della Russia, organizzato a Milano, il 14-10-2017, dal Centro Francescano Culturale Artistico Rosetum nel proprio Teatro e da Alleanza Cattolica.
Sono passati cento anni dalla conquista del potere da parte dei bolscevichi e quasi trenta dalla fine dell’incubo, ma psicologicamente è come se fosse trascorso un millennio.
Infatti, come ha detto Papa Francesco ai partecipanti al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, «si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca» (1). Un’epoca che si è lasciata alle spalle le ideologie della modernità ed è immersa nell’assenza di senso del relativismo, nella disperazione e nella depressione esistenziale, un’epoca in cui gli uomini sembrano avere perduto la voglia di vivere perché ne hanno smarrito il fine e il fondamento.
Ma allora, perché ricordare questa Rivoluzione e quello che ha provocato se il suo tentativo di conquistare il mondo è felicemente concluso?
La domanda non è peregrina in un mondo che ha dimenticato di studiare e di capire la storia, come disse non tanti anni fa Papa Benedetto XVI (2005-2013). Perché dobbiamo occuparci del passato se oltretutto questo passato non ha più niente a che vedere con il presente?
La risposta non è soltanto che, se non si comprende il passato, quest’ultimo rischia di ripetersi con i suoi errori e orrori: la vera risposta è che quel passato non è chiuso definitivamente, perché alcuni dei suoi soggetti sono ancora protagonisti, in qualche modo, della storia della post-modernità. Noi non possiamo sperare di comprendere l’epoca post-moderna senza capire qualcosa della modernità che l’ha preceduta.
Il contenuto del Messaggio
Ecco allora offrirsi alla nostra attenzione il Messaggio di Fatima.
Partiamo dal cuore di questo Messaggio, dall’apparizione del 13 luglio 1917, per non correre il rischio di parlare di qualcosa che ci sfugge o che conosciamo soltanto in modo generico: «Avete visto l’inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che io vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire. Ma, se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà, che punirà il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre.
«Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace. Se no, diffonderà i suoi errori nel mondo, suscitando guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo qualche tempo di pace. In Portogallo, si conserverà sempre il dogma della Fede…» (2).
So perfettamente quanto sia difficile per chi ha superato i quarant’anni, cresciuto a «pane e razionalismo» all’interno di una cultura illuministica, occuparsi di qualcosa che si presenta come un mistero. Un mistero al quale non sono tenuti neppure i cattolici, perché se è vero che la Chiesa ha riconosciuto la soprannaturalità delle apparizioni di Fatima, se ha riconosciuto come santi due dei tre pastorelli e verosimilmente lo farà anche con la terza testimone, suor Lucia dos Santos (1907-2005), ciò non significa che sia necessario credere alle apparizioni, che rimangono «private» anche se si rivolgono a tutto il mondo (3).
Infatti, la funzione delle rivelazioni «private» è simile a quella della direzione spirituale, non potendo aggiungersi nulla alla Rivelazione pubblica, chiusa con la morte dell’ultimo apostolo, san Giovanni.
Le apparizioni «private» possono però aiutare i popoli a comprendere meglio la Rivelazione e, soprattutto, a proteggersi dagli errori del proprio tempo. E, quanto più il mondo si è allontanato da Dio, più il Signore ha offerto agli uomini il sostegno delle apparizioni «private», servite per accompagnare e guidare il sensus fidei dei fedeli. Ecco allora Lourdes, Fatima, Medjugorje, ma anche La Salette, Amsterdam, Kibeho, Civitavecchia, per citare quelle più famose degli ultimi due secoli: non hanno aggiunto nulla, ma il cristianesimo contemporaneo sarebbe più povero senza i santuari, le preghiere e la devozione popolare rivolta a queste e ad altre apparizioni. Infatti, si può non credere a queste apparizioni, ma non si può non vederne i frutti spirituali, spesso stupefacenti.
Il rifiuto
Le apparizioni di Fatima non sono state sempre pienamente accolte, neppure fra i cattolici. O meglio, sono state accolte dal «santo popolo di Dio» che ha dimostrato fin dall’inizio il suo profondo sensus fidei, partecipando alle apparizioni accanto ai pastorelli e poi accompagnando con enorme partecipazione popolare la progressiva accoglienza del messaggio da parte delle autorità ecclesiastiche, prima in Portogallo, poi a Roma e nel mondo. Sono state accolte dalla gerarchia ecclesiastica, anzitutto da quella portoghese e poi dai Pontefici, tutti pellegrini a Fatima a partire dal beato Paolo VI (1963-1978), al quale si sono aggiunti san Giovanni Paolo II (1978-2005), il Papa emerito Benedetto XVI e infine Francesco, che nel centenario delle apparizioni è stato a Fatima per canonizzare i due fratelli Francesco (1908-1918) e Giacinta de Jesus Marto (1910-1920).
Come si sa, il messaggio di Fatima si articola in tre parti: la prima presenta l’inferno dove finiscono le anime di coloro che scelgono di rifiutare la misericordia salvifica di Dio; la seconda riguarda quello che possiamo chiamare «l’inferno delle nazioni», cioè la diffusione nel mondo del comunismo attraverso la Russia, dove pochi giorni dopo l’ultima delle sei apparizioni si verifica la rivoluzione bolscevica che porta al potere un partito comunista per la prima volta nella storia; la terza, invece, verrà rivelata soltanto nel 2000 e riguarda la persecuzione subita dai cristiani, che prevede la morte di molti martiri fra cui lo stesso Pontefice, il vescovo vestito di bianco descritto nella visione. Per salvare le anime dalla dannazione eterna, il mondo dal comunismo e la Chiesa da una persecuzione tremenda, la Madonna chiede preghiera e penitenza e in particolare la diffusione della devozione al Suo Cuore Immacolato attraverso la pratica riparatrice dei primi cinque sabati consecutivi del mese.
L’eroismo dei bambini
I primi eroici testimoni di questa richiesta sono i due bambini, Giacinta e Francesco, che con grande generosità si lanciano nell’avventura spirituale di collaborare con Dio per cambiare il mondo e il cuore degli uomini, offrendosi e praticando ogni sorta di sacrifici non soltanto spirituali, nei pochi mesi in cui rimangono in vita, prima di essere chiamati in Paradiso dalla Madonna.
Ma indubbiamente non saranno i soli. Le apparizioni di Fatima mettono in moto un risveglio spirituale che riguarda certamente il Portogallo, dove non soltanto non si perderà la fede, come la Madonna aveva promesso sempre il 13 luglio, ma dove, a partire dalle apparizioni, si verifica un processo di conversione popolare autentico, che ha anche conseguenze politiche.
Anche nel resto d’Europa arriva il messaggio di Fatima, in particolare dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), quando i popoli sono più propensi a ritornare a Dio e a comprendere il valore della preghiera e della penitenza. I popoli dell’Europa occidentale temono di finire come i loro confratelli al di là della Cortina di Ferro, dominati dal totalitarismo instauratosi, dopo la Rivoluzione bolscevica, nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) e poi in altri Paesi dell’Europa orientale.
Il ritardo dei teologi
Ma se dal popolo e dalla gerarchia passiamo ai teologi, dobbiamo ascoltare uno dei maggiori teologi mariani italiani del nostro tempo, il monfortano Stefano De Fiores (1933-2012), che ha scritto: «Cercare Fatima nei trattati di mariologia del XX secolo equivale a mettersi alla ricerca di uno spillo in un pagliaio» (4). Ed egli stesso aggiunge che «esiste storicamente una sordità e un conseguente ritardo nell’ascoltare il messaggio di Fatima da parte della Chiesa» (5).
Questo ritardo viene in parte superato dall’attentato subito da san Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981, che di fatto «sblocca» la recezione di Fatima e innesta un processo che porterà alla beatificazione di Francesco e Giacinta nel 2000, alla contemporanea rivelazione della terza parte del segreto da parte del card. Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e quindi alla canonizzazione dei due pastorelli nel centenario delle apparizioni.
Un messaggio che «entra» nella storia
Tuttavia, rimane un problema legato all’interpretazione delle apparizioni. Come ha spiegato Benedetto XVI, esse hanno un duplice compito: interpretare il Novecento, ma anche spiegare quella dolorosa persecuzione che la Chiesa continua a subire pure dopo la rimozione del Muro di Berlino, nel 1989, e la fine dell’URSS nel 1991.
Ciò significa che dobbiamo leggere il Messaggio di Fatima per quello che è e non per quello che ci fa comodo che sia. Significa sostenere l’esistenza dell’inferno, senza sottolineature eccessive, ma anche senza nascondere questa verità così importante, e non avere timore di sostenerlo, come Maria non ha esitato a mostrarlo a dei bambini.
Inoltre, dobbiamo leggere il «secolo delle idee assassine» (6) per quello che è stato e cioè il tentativo da parte del comunismo di conquistare il mondo, e dobbiamo farlo senza paura di legare le apparizioni a un giudizio storico e politico ben preciso, che la Madonna ha voluto dare, come bene spiega sempre padre De Fiores: «Contro un’interpretazione spiritualistica del messaggio di Fatima che intenderebbe astrarre dalla storia e dai risvolti politici [e qui cita un articolo de La Civiltà Cattolica (7)], […] non ci è consentito ridurre tale messaggio a dei contenuti unicamente spirituali reputando bagaglio accidentale tutto il resto, cioè preoccupazioni concrete per le sorti del mondo, riferimenti alla Russia, profezie, segni, simbolismo e segreti» (8).
È difficile non credere a qualcosa che assomigli a un miracolo quando pensiamo a che cosa è avvenuto nell’arco di pochi mesi, fra il 1989 e il 1991, allorché la seconda potenza mondiale si ritira sconfitta dall’Afghanistan, viene smantellato il Muro che divideva le due Berlino dal 1961, permettendo così a chi stava nella parte comunista di uscire dalla «prigione» in cui si trovava e a tutti di assistere alla fine dell’URSS — l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione — e di vedere per l’ultima volta la bandiera rossa sul Cremlino la notte del 25, festa di Natale in Occidente, il giorno in cui Michail Sergeevič Gorbacev si dimette da Presidente dell’URSS. Per chi crede non esiste il caso, ma anche per chi non ha il dono della fede penso che queste coincidenze possano indurre a riflettere.
Questo «miracolo» era impensabile negli anni 1970. Conosco solo un uomo che ci credeva ed era il card. Giuseppe Siri (1906-1989), arcivescovo di Genova, che tornando da un viaggio nell’URSS aveva sostenuto in alcune conversazioni private che il socialismo reale non sarebbe durato a lungo perché in Russia non ci credeva più nessuno. E un’altra grande figura, a noi particolarmente cara, Giovanni Cantoni, negli anni 1980 aveva cominciato, in molte delle sue conferenze, a dire che stava succedendo qualcosa di importante all’interno del mondo comunista.
Del resto, dopo il tempo delle processioni al seguito della Madonna Pellegrina negli anni del dopoguerra, segnati particolarmente in Italia dallo scontro di civiltà fra i cattolici e il Partito Comunista (PCI), la devozione a Fatima si era affievolita anche a livello popolare, contemporaneamente all’esperimento della Ostpolitik della Santa Sede verso i Paesi comunisti e ai tentativi di compromesso storico in Italia fra la Democrazia Cristiana e il PCI negli anni 1970. Per esempio, la pratica dei primi cinque sabati non raggiungerà mai a livello popolare quella dei primi nove venerdì del mese che ricorda le apparizioni del Sacro Cuore a santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), avvenute nel secolo XVII nella cittadina francese di Paray le Monial, dove il Signore chiese la consacrazione della Francia al Sacro Cuore, senza tuttavia ottenerla (9).
La persecuzione, prima e dopo l’attentato
Fu, come detto, l’attentato a san Giovanni Paolo II nel 1981 a riportare Fatima al centro dell’attenzione del mondo, in un crescendo che culminerà nel 2000 con la rivelazione della terza parte del segreto. Ci si torna così a interrogare sul significato delle apparizioni del 1917. Se esse, come aveva ricordato lo stesso prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel commento teologico alla terza parte del Messaggio, avevano certamente dato un contributo decisivo per comprendere il secolo XX, tuttavia «si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa» (10), dirà Papa Benedetto XVI a Fatima, nel decimo anniversario della beatificazione di Giacinta e Francesco.
Lo stesso Pontefice, parlando con la stampa nel volo verso il Portogallo, l’11 maggio, ricordava come le apparizioni quando parlavano di persecuzione della Chiesa non si riferivano soltanto all’attentato a Giovanni Paolo II, cioè al passato, ma riguardavano anche il presente e il futuro, ossia le persecuzioni che la Chiesa subisce e subirà, egli affermava: «[…] oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in prima istanza riferire a Papa Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Perciò è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta per la Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano» (11).
Il peccato all’interno della Chiesa
Inoltre, aggiungeva un’importante novità: le persecuzioni non provengono soltanto dall’esterno, ma anche dal di dentro della Chiesa. Papa Benedetto XVI fu molto esplicito e le sue parole inequivocabili: «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia» (12).
Si può pensare a un peccato «ideologico», certamente presente nella Chiesa con il diffondersi del «modernismo» all’inizio del secolo XX e ripreso da una forma di «progressismo» che ha interpretato il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) come una rottura della continuità storica della Chiesa, peccato ideologico che è all’origine dell’«autodemolizione» (13) della Chiesa denunciata quasi cinquant’anni fa dal beato Paolo VI. Ma si deve certamente pensare anche a un peccato di altro tipo, che forse il card. Ratzinger aveva presente quando parlò della «sporcizia» nella Chiesa durante la Via Crucis al Colosseo, il Venerdì Santo del 2005, che guidò al posto del Papa allora regnante, Giovanni Paolo II, gravemente ammalato: «Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison–Signore, salvaci (cfr. Mt 8, 25)» (14).
In conclusione: il Messaggio di Fatima ci ricorda la possibilità dell’inferno, per gli uomini e per le nazioni. Indica nel Cuore Immacolato di Maria il rimedio per scongiurare catastrofi e persecuzioni, che possono essere superate dalla libera risposta di preghiera, conversione e penitenza da parte degli uomini. Non è un messaggio generico, ma anticipa e accompagna la storia della diffusione del comunismo dopo la Rivoluzione in Russia e indica la conversione di questo Paese come possibile e di fatto in corso d’opera. Inoltre, annuncia la più grande consolazione — «Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà!» —, un tempo storico in cui gli uomini riconosceranno la Signoria di Cristo e così guadagneranno la pace.
Esso è dunque fondamentalmente un messaggio di speranza.
Note:
(1) Francesco, Incontro con i rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze 10-11-2015.
(2) Memorie di suor Lucia, compilazione di Luigi Kondor S.V.D. (1928-2009), collaborazione nell’introduzione e note di Joaquin Maria Alonso C.M.F. (1913-1981), Segretariado dos Pastorinhos, Fatima 2005, pp. 119-120.
(3) Cfr. Pietro Cantoni, Lo «status» teologico del messaggio di Fatima, in Cristianità, anno XXX, n. 313, settembre-ottobre 2002, pp. 13-24; e Franco Manzi, Fatima, profezia e teologia. Lo sguardo di tre bambini sui Risorti, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2017.
(4) Stefano De Fiores, Il segreto di Fatima. Una luce sul futuro del mondo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2008, p. 18.
(5) Ibid., p. 67.
(6) Cfr. Robert Conquest (1917-2015), Il secolo delle idee assassine, trad. it., Mondadori, Milano 2001.
(7) Cfr. Bartolomeo Sorge S.J., Fatima, il rosario e la teologia conciliare, in La Civiltà Cattolica, anno 119, vol. I, quad. 2823, Roma 1968, pp. 227-240
(8) S. De Fiores, op. cit., p. 73.
(9) Cfr. santa Margherita Maria Alacoque, Opere e documenti, 5 voll., con presentazione di mons. Antonio Giuseppe Angioni (1910-1991), vescovo di Pavia, Ed. Centro Volontari della Sofferenza, Roma 1984.
(10) Benedetto XVI, Omelia durante la Santa Messa sulla spianata del Santuario di Nostra Signora di Fatima, del 13-5-2010.
(11) Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso Lisbona, dell’11-5-2010.
(12) Ibidem.
(13) Paolo VI, Resoconto della conversazione con gli alunni del Pontificio Seminario Lombardo, del 7-12-1968.
(14) Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, Via Crucis al Colosseo. Venerdì Santo 2005, Meditazioni e preghiere del cardinale Joseph Ratzinger, Nona stazione.