di Michele Brambilla
Una delle grandi manie del secolo XXI sono i sondaggi. Tuttavia Gesù, dice Papa Francesco alla recita dell’Angelus del 16 settembre, è un po’ allergico alle inchieste doxa: «Egli non accetta nemmeno che i suoi discepoli rispondano alle sue domande con formule preconfezionate, citando personaggi famosi della Sacra Scrittura, perché una fede che si riduce alle formule è una fede miope». A Gesù interessano infatti le domande sostanziali, come quella che Egli stesso pone nel Vangelo della XXIV domenica del Tempo ordinario (cfr. Mc 8, 27-35): «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8, 29). «Gesù, oggi, rivolge questa richiesta così diretta e confidenziale a ciascuno di noi: “Tu, chi dici che io sia? Voi, chi dite che io sia? Chi sono io per te?”. Ognuno è chiamato a rispondere, nel proprio cuore, lasciandosi illuminare dalla luce che il Padre ci dà per conoscere il suo Figlio Gesù». La fede cristiana si condensa nella risposta a questo interrogativo, come intuito, tra gli altri, da Papa Benedetto XVI nella lettera enciclica Deus caritas est (cfr., n. 1) e dal Servo di Dio mons. Luigi Giussani (1922-2005), che ha reso la domanda sulla natura di Cristo l’architrave di tutto il proprio metodo educativo.
«E può accadere anche a noi», certifica Francesco, «[…] di affermare con entusiasmo: “Tu sei il Cristo”. Quando però Gesù ci dice chiaramente quello che disse ai discepoli, cioè che la sua missione si compie non nella strada larga del successo, ma nel sentiero arduo del Servo sofferente, umiliato, rifiutato e crocifisso, allora può capitare anche a noi, come a Pietro, di protestare e ribellarci perché questo contrasta con le nostre attese, con le attese mondane».
Emerge infatti il “lato scomodo” di Gesù. «Fratelli e sorelle, la professione di fede in Gesù Cristo non può fermarsi alle parole, ma chiede di essere autenticata da scelte e gesti concreti, da una vita improntata all’amore di Dio, di una vita grande, di una vita con tanto amore per il prossimo». Tutti i tentativi di addomesticare il messaggio evangelico sono destinati a fallire miseramente, poiché il Vangelo è sia trasversale che antitetico a tutte le epoche storiche, refrattario alle mode ideologiche. «Gesù ci dice che per seguire Lui, per essere suoi discepoli, bisogna rinnegare sé stessi (cfr v. 34), cioè le pretese del proprio orgoglio egoistico, e prendere la propria croce», che ognuno di noi vorrebbe invece nascondere per non diventare istantaneamente unfit agli occhi del mondo.
L’orgoglio è da sempre uno dei motori della Rivoluzione. Si dice che in Paradiso ci siano tutti i peccati del mondo tranne l’orgoglio, mentre l’inferno sarebbe pieno di orgogliosissimi benpensanti. Come ricorda il Papa, parafrasando il Vangelo, «chi vorrà salvare la propria vita la perderà. Spesso nella vita, per tanti motivi, sbagliamo strada, cercando la felicità solo nelle cose, o nelle persone che trattiamo come cose. Ma la felicità la troviamo soltanto quando l’amore, quello vero, ci incontra, ci sorprende, ci cambia», rendendoci più simili al Dio che è amore. «La Vergine Maria, che ha vissuto la sua fede seguendo fedelmente il suo Figlio Gesù, aiuti anche noi a camminare nella sua strada, spendendo generosamente la nostra vita per Lui e per i fratelli».