Marco Invernizzi, Cristianità n. 390 (2018)
«Il mondo è la nostra casa»
Nell’aprile e nel maggio di quest’anno si celebrano due importanti ricorrenze che aiutano a comprendere la nostra storia e il profondo cambiamento in cui siamo entrati con la fine dell’epoca delle ideologie, dopo l’abbattimento del Muro di Berlino nel 1989 (1), che in qualche modo rappresentava il simbolo dell’epoca che si stava concludendo.
Il 18 aprile 1948
Quel giorno si svolsero le elezioni politiche italiane, che confermarono l’appartenenza del Paese alla civiltà occidentale grazie a una significativa e preponderante prevalenza del voto cattolico (2). Furono elezioni che rappresentarono uno scontro di civiltà piuttosto che una semplice tornata elettorale, perché la posta in gioco non era la vittoria di un partito ma quella di una concezione del mondo. Il fronte socialcomunista venne sconfitto largamente, ma la vittoria non fu tanto della Democrazia Cristiana, che peraltro ebbe la maggioranza assoluta dei deputati e quella relativa dei senatori, bensì del mondo cattolico che la sosteneva e in particolare dei Comitati Civici guidati da Luigi Gedda (1902-2000) (3), che le permisero di ottenere circa cinque milioni di voti in più rispetto alle precedenti elezioni politiche del 1946, quelle per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. Lo scontro politico vide inoltre attivamente impegnati su fronti contrapposti l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti d’America, per cui ebbe anche una indubbia valenza internazionale.
Allora era proprio il tempo delle ideologie, della Guerra Fredda (1945-1989) (4) in cui si scontravano comunismo e anticomunismo, Unione Sovietica e Stati Uniti, Partito Comunista Italiano e Democrazia Cristiana. Era il tempo in cui nell’Occidente ferito dalle ripetute rivoluzioni che lo avevano attaccato — il Rinascimento e la Riforma, quindi la Rivoluzione del 1789 —, sopravvivevano brandelli di Cristianità, cioè leggi, corpi e istituzioni che meritavano di essere difesi.
Il grande consenso ricevuto dalla Chiesa dopo la fine della guerra civile tra fascisti e antifascisti (1943-1945) non riuscì però a resistere all’avanzata del processo di scristianizzazione del Paese. Se ne avvidero i vescovi italiani, che nel 1960 denunciarono la penetrazione del laicismo nella cultura e nel costume (5), e se ne era accorto Gedda che, dopo la scomunica comminata ai comunisti nel 1949, in occasione dell’Anno Santo del 1950 lanciò la crociata del «grande ritorno», una specie di evangelizzazione straordinaria rivolta soprattutto alle masse comuniste, formate in gran parte da battezzati, perché ritornassero in seno alla Chiesa che li aveva condannati ma continuava a desiderare la loro conversione (6).
Ma non vi erano solo i comunisti. In un’Italia che riscopriva il benessere economico e la relativa stabilità politica, esistevano piccole minoranze radicali e libertarie che prepararono la svolta culturale del 1968. Erano gli ex dirigenti del Partito d’Azione (7), i radicali che si erano staccati dal movimento liberale, di cui erano espressione riviste come L’Espresso o ABC, i quali professavano una forma di laicismo che riuscì a impadronirsi della cultura e dell’informazione pubbliche e che usò l’arma della sessualità per portare nelle profondità del Paese una rivoluzione che intendeva mettere in discussione le radici stesse della cristianità italiana.
Quest’ultima non seppe resistere anzitutto dal punto di vista culturale. Capì molto tardi che cosa si stava preparando ai suoi danni e arrivò impreparata ad affrontare quel vero e proprio tsunami culturale che fu il Sessantotto. Forse, prima di ogni altra cosa, mancarono i santi e i profeti, salvo rare eccezioni. Scriveva nel 1970 Augusto del Noce (1910-1989), uno dei pochi che si ribellò coraggiosamente a questa deriva libertaria: «1) La questione dell’erotismo è anzitutto metafisica. Solo una restaurazione di quella che per brevità chiamerò “metafisica classica” può veramente troncare il sistema di valutazioni in cui esso consiste; 2) politicamente l’erotismo è collegato a quella “democrazia vuota del sacro”, che mai si è manifestata come oggi; e la cui affermazione, nonostante rappresenti l’esatto inverso della democrazia pensata da Leone XIII, è stata pur aiutata (dire semplicemente “non ostacolata” sarebbe poco) dai partiti democratici cristiani; e, naturalmente, stimolata dai nuovi modernisti per cui parlare all’“uomo d’oggi” è riconoscere la “profanità” del mondo; 3) è perfettamente inutile il “dialogo” con gli assertori della liberalizzazione sessuale e ciò semplicemente perché essi muovono dalla negazione a priori di quella metafisica, da cui discende la morale che essi giudicano “repressiva”» (8).
La tesi della democrazia senza princìpi che si traduce in totalitarismo e la condanna dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico si ripresenterà in molti interventi di san Giovanni Paolo II (1978-2005), fra cui quello dell’11 giugno 1999, nel Parlamento di Varsavia, da pochi anni ritornata a essere la capitale di un Paese liberato dal totalitarismo: «Le sfide che stanno davanti a uno Stato democratico esigono la solidale cooperazione di tutti gli uomini di buona volontà che, indipendentemente dall’opzione politica o dall’ideologia, desiderano costruire insieme il bene comune della Patria. Rispettando l’autonomia propria della vita di una comunità politica, occorre allo stesso tempo tener presente che essa non può essere intesa come indipendente dai principi etici. Anche gli stati pluralisti non possono rinunciare alle norme etiche nella vita pubblica. “Dopo la caduta in molti paesi delle ideologie — ho scritto nell’Enciclica Veritatis splendor —, che legavano la politica ad una concezione totalitaria del mondo — e prima fra esse il marxismo —, si profila oggi un rischio non meno grave per la negazione dei fondamentali diritti della persona umana e per il riassorbimento nella politica della stessa domanda religiosa che abita nel cuore di ogni essere umano: è il rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità. Infatti “se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini del potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia”» (9).
La «vittoria» del Sessantotto
Ebbe così origine una quarta fase — dopo Riforma, Rivoluzione francese e comunismo — del processo rivoluzionario, sfociata nel terrorismo delle Brigate Rosse e degli altri movimenti antisistema, ma che ottenne i risultati più significativi e duraturi nel campo della cultura e del costume. Il Sessantotto ha vinto la sua battaglia, penetrando e trasformando la stessa sinistra comunista, traducendo in legge gli obiettivi delle sue battaglie, con le leggi su divorzio e aborto, la diffusione e la legalizzazione delle droghe, e introducendo l’ideologia gender nei media e nella scuola.
La sua vittoria ha comportato quel mutamento epocale che consiste nel passaggio dalla «dittatura di classe» — il progetto del marxismo-leninismo — alla «dittatura del relativismo», come si era espresso il card. Joseph Ratzinger nell’omelia durante la Missa pro eligendo Pontifice del 18 aprile 2005, descrivendo le caratteristiche del proprio tempo. «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca», ha detto poi Papa Francesco a Firenze al V convegno della Chiesa italiana il 10 novembre 2015.
Ma se la vittoria del Sessantotto ha comportato il definitivo venir meno di ciò che rimaneva della Cristianità occidentale, cioè i pochi brandelli cui ho accennato prima, ha prodotto anche la stessa fine della società, favorendo lo smantellamento di istituzioni, come lo Stato e la famiglia, e delle stesse relazioni personali, riducendo la convivenza pubblica alla coesistenza di «atomi» rancorosi (10) che mal si sopportano a vicenda e che di fatto si usano reciprocamente nel nome del più rigoroso individualismo.
Come cambia la lotta contro la Rivoluzione
In questo mondo che muore la stessa lotta contro la Rivoluzione doveva cambiare. Rimanevano battaglie da combattere, e vennero combattute da minoranze più o meno consapevolmente contro-rivoluzionarie, e altre ancora dovranno essere combattute. Tuttavia, sempre più evidente appare la necessità di una ricostruzione che passi attraverso la riconquista delle anime e ricreando il rapporto fra persona e persona, mediante un apostolato che comprenda la creazione di ambienti missionari, che non si chiudano in loro stessi, ma sappiano trovare il linguaggio e le forme adatte a toccare il cuore dei nostri contemporanei. Un apostolato che miri alla consecratio mundi, come dicevano il venerabile Pio XII (1939-1958) il 5 ottobre 1957 e il beato Paolo VI (1963-1978) il 23 aprile 1969 (11), e all’animazione cristiana dell’ordine temporale, come spiega il decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem. Un apostolato, infine, come ha spiegato Papa Francesco sempre incontrando la Chiesa italiana il 10 novembre 2015, che sappia essere umile, disinteressato e capace di trasmettere la letizia dell’essere cristiano, affinché gli uomini disperati del nostro tempo vedano nei cattolici il desiderio di servire e di fare crescere e non l’arroganza o lo zelo amaro, il distacco dai privilegi del denaro e del potere, e quindi la gioia che nasce dal Vangelo, senza la quale è difficile oggi mostrare la verità della dottrina cristiana.
In questo contesto, già durante il pontificato di Pio XII, il Magistero ha indicato l’urgenza di una nuova evangelizzazione, anche se il termine verrà usato soltanto a partire da san Giovanni Paolo II. Infatti, la Chiesa si rende conto che i cattolici praticanti, indipendentemente dal numero dei battezzati, sono diventati in Occidente una minoranza, anche se ancora significativa in alcuni Paesi come l’Italia, e per di più senza alcuna capacità di influenzare in modo significativo la cultura della società: per questo il Magistero e la pastorale spingono sempre più consapevolmente alla missione all’interno degli stessi confini di quella che un tempo è stata una società cristiana.
Per usare l’espressione di uno dei primi gesuiti, Jerónimo Nadal (1507-1580), «il mondo è la nostra casa» (12) e il più grande desiderio, le «nostre Indie», dove sempre i seguaci di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) desideravano essere inviati come missionari (13), devono essere i cuori delle persone che incontriamo, perché attraverso l’amore di Cristo che riusciremo a trasmettere loro possano trovare la strada della salvezza e anche della ricostruzione della civiltà della verità e dell’amore.
Marco Invernizzi
Note:
(1) Cfr. Frederick Taylor, Il Muro di Berlino. 13 agosto 1961-9 novembre 1989, trad. it., Mondadori, Milano 2009.
(2) Cfr. Marco Invernizzi (a cura di), 18 aprile 1948. L’anomalia italiana. Atti del convegno Milano e il 18 aprile 1948. Chiesa, forze politiche e società civile, Milano, 3/4-12-2004, Ares, Milano 2007.
(3) Cfr. Idem, Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia, prefazione di Giovanni Cantoni, Sugarco, Milano 2012.
(4) Cfr. Mario Del Pero, La guerra fredda, Carocci, Roma 2001; Stanislas Jeannesson, La guerra fredda. Una breve storia, trad. it., Donzelli, Roma 2003; e Federico Romero, Storia della guerra fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa, Einaudi, Torino 2009.
(5) Cfr. Francesco Pappalardo, L’analisi del laicismo in una lettera pastorale dei vescovi italiani del 1960, in M. Invernizzi e Paolo Martinucci (a cura di), Dal «centrismo» al Sessantotto. Atti del convegno Milano e l’Italia dal «centrismo» al Sessantotto, Milano 30-11/1°-12-2006, Ares, Milano 2007, pp. 341-370.
(6) Cfr. M. Invernizzi, Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia, cit.
(7) Sul Partito d’Azione, cfr., per una prima introduzione, Idem, voce Partito d’Azione, in IDIS. Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale, Dizionario del Pensiero Forte, a cura di Giovanni Cantoni, nel sito web <http://alleanzacattolica.org/partito-d-azione>, consultato il 23-4-2018.
(8) Augusto Del Noce, L’erotismo alla conquista della società, in Via libera alla pornografia?, Vallecchi, Firenze 1970, ora in Rivoluzione, Risorgimento, Tradizione. Scritti su L’Europa (e altri anche inediti), a cura di Francesco Mercadante, Antonio Tarantino, Bernardino Casadei, Giuffré, Milano 1993, pp. 66-67.
(9) Giovanni Paolo II, Discorso ai membri del Parlamento della Repubblica Polacca, Varsavia 11-6-1999, n. 5. il riferimento è a Idem, Lettera enciclica «Veritatis splendor» circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale della Chiesa, del 6-8-1993, n. 101.
(10) Cfr. 51º rapporto sulla situazione sociale del Paese 2017, a cura di CENSIS, Franco Angeli, Milano 2017.
(11) Cfr. Paolo VI, La «consecratio mundi», in questo numero di Cristianità, alle pp. 57-59.
(12) Jeronimo Nadal, 13a Exhortatio complutensis, Alcalá, 1561, §256 (MHSI 90, pp. 469-470).
(13) Cfr., utile per comprendere lo spirito missionario dei gesuiti, Emanuele Colombo e Marina Massimi, In viaggio. Gesuiti italiani candidati alle missioni tra Antica e Nuova Compagnia, Il Sole 24 ore, Milano 2014.