Documento del II Incontro di Politici e Legislatori d’Europa organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia sul tema Diritti umani e diritti della famiglia, dal 22 al 24-10-1998, comparso con il titolo Conclusioni del Secondo incontro dei responsabili politici e dei legislatori d’Europa sui Diritti dell’Uomo e sui diritti della Famiglia, in L’Osservatore Romano, 16/17-11-1998. Traduzione dal francese e titolo redazionali.
Gli impegni di quanti hanno responsabilità politiche e dei legislatori d’Europa circa i diritti dell’uomo e i diritti della famiglia
Venuti da tutte le nazioni dell’Europa per riflettere sul tema dei diritti dell’uomo e della famiglia, abbiamo iniziato un dialogo sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, per tutto quanto riguarda la famiglia, cellula primordiale della società e bene necessario per essa, nella sua missione insostituibile, nel suo sviluppo, nelle sue sfide e anche nelle sue sofferenze.
Abbiamo riflettuto sul rapporto fra la Dichiarazione universale del 1948 e la Carta dei Diritti della Famiglia, pubblicata dalla Santa Sede nel 1983. Ecco alcune conclusioni, elaborate dalla nostra Assemblea e approvate all’unanimità, che desideriamo partecipare in particolare a quanti operano, come noi, al servizio della società, nella ricerca del bene comune.
1.1. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata solennemente il 10 dicembre 1948, ha dato all’ONU, l’Organizzazione della Nazioni Unite, l’autorità morale necessaria alla missione che era a essa affidata: operare per la pace, per lo sviluppo e per la protezione dei diritti di ogni persona umana. Gli Stati sono stati invitati a tradurre questi diritti nella rispettiva legislazione. Si tratta di proteggere la vita di «ogni individuo» (articolo 3), di rispettare la libertà di ciascuno e di riconoscere diversi diritti fondamentali, fra i quali «il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia» (articolo 16, 1), considerata come «il nucleo naturale e fondamentale della società», dotata del «diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato» (articolo 16, 3). Inoltre, tutti i diritti sociali, civili e politici, economici e culturali proclamati nella Dichiarazione sono anch’essi ordinati al bene delle persone, dei corpi intermedi e dell’intera comunità umana.
1.2. L’uomo non dove essere rispettato solo come «essere individuale». Anche in quanto persona, creata a immagine di Dio, capace di discernere la verità e di conformarvi la propria condotta, capace anche di vivere in concordia con gli altri in società (cfr. Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 3 e 24). La Dichiarazione del 1948 è in armonia con questa visione dell’uomo e ne esplicita le conseguenze.
1.3. Questa Dichiarazione è servita più di una volta per prevenire conflitti, per contestare nuove forme di totalitarismo, per ispirare il rispetto dei diritti dei popoli, per promuovere la decolonizzazione, per stimolare lo sviluppo e la pace. In questo modo ha mostrato la sua fecondità.
1.4. Tuttavia noi, uomini e donne impegnati in politica, e legislatori, partecipanti a questo incontro, constatiamo unanimemente che questa Dichiarazione è spesso trascurata, come pure schernita nei fatti oppure deformata con reinterpretazioni dei diritti che vi si trovano enunciati. Una tale deformazione mina soprattutto l’istituto familiare.
Un certo disprezzo per i diritti della famiglia e della vita
2.1. I diritti dell’uomo, la cui portata universale è stata sottolineata nel 1948, non sono pienamente riconosciuti né rispettati ovunque, sia che si tratti di istanze governative che private. Ecco qualche esempio, che si può purtroppo verificare anche in Europa, relativo in modo particolare alla famiglia e alla vita.
2.2. * Articolo 3: Diritto alla vita: negato nelle leggi che permettono — e, di fatto, incoraggiano — l’aborto, la distruzione degli embrioni e, già in certi paesi, l’eutanasia.
2.3. * Articolo 12: Diritto al rispetto della vita privata e della reputazione: le campagne di stampa, le accuse calunniose, le «etichettature» discriminatorie («fondamentalisti», «cavalieri dell’ordine morale», «attivisti pro-vita»); derisione nei confronti dei giovani che resistono alla licenza sessuale, e così via.
2.4. * Articolo 16: Diritto al matrimonio e a fondare una famiglia: svalutazione dell’istituto matrimoniale, apatia dei pubblici poteri di fronte alla deriva etica nella società (promiscuità giovanile, convivenza senza impegno e senso di responsabilità, sviluppo di un’omosessualità che avanza rivendicazioni e fa anche proselitismo senza rispetto per gli altri e per le istituzioni esistenti), tassazione e politiche abitative sfavorevoli alla famiglia.
2.5. * Articolo 26: Diritto dei genitori a scegliere il genere di educazione da impartire ai loro figli: abusi nell’educazione sessuale impartita ai bambini in ambiente scolastico o parasanitario; contraccezione e talora aborto degli adolescenti sottratti alla tutela dei genitori; limitazione della libertà dei genitori di scegliere per i loro figli un’educazione e un insegnamento conformi alle loro personali convinzioni.
I tentativi di deviazione dei diritti dell’uomo
3.1. Infatti, queste derive sono favorite da certe «riletture» della Dichiarazione del 1948, che ne alterano in modo basilare il senso. Oltre ai diritti riconosciuti, dichiarati e proclamati nella Dichiarazione, sono presentati dei cosiddetti «nuovi diritti» dell’uomo, risultati di tendenze culturali, di negoziati, di pressioni oppure di procedure consensuali, nel quadro delle attività intergovernative.
3.2. Dopo la Conferenza del Cairo, del 1994, e quella di Pechino, del 1995, numerose agenzie dell’ONU, spesso sostenute dall’Unione Europea, si sforzano di ottenere un consenso internazionale relativamente ad alcuni dei cosiddetti «nuovi diritti». Fra questi ultimi si trovano soprattutto «la salute riproduttiva» (formulazione che comprende di fatto l’aborto) e il diritto degli adolescenti a praticare la sessualità, sia essa etero oppure omosessuale, utilizzando metodi contraccettivi.
3.3. Queste derive, e altre come il suicidio assistito, lo sviluppo dell’omosessualità, della pedofilia, trovano la loro ispirazione in filosofie utilitariste, agnostiche, addirittura pragmatiste, nichiliste e scientiste (cfr. Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 46, 88, 89, 90, 91), così come nell’ideologia del gender. Quindi non si tratta semplicemente di sviluppare il contenuto dei diritti universali proclamati nel 1948. Si tratta di provocare una rottura nel significato dei diritti dell’uomo e, di fatto, di distoglierli dal loro senso profondo. Gli agenti di questa nuova tendenza non la basano su una riflessione a partire dalla persona umana, ma su procedure dette consensuali. Le persone, le famiglie e gli Stati stessi dovrebbero regolarsi secondo questa concezione del consensus, positivista e relativista.
3.4. Per alcuni questa deriva sarebbe anche dovuta all’influenza ideologica attualmente esercitata dal New Age, con la sua «sacralizzazione» della Natura e più specificamente della «Terra». In una tale prospettiva, l’uomo non dovrebbe più essere considerato come centro della storia, soggetto di diritti e di doveri, ma come un semplice accidente effimero di questa, dovendo essere calibrato come percentuale del cosiddetto «sviluppo sostenibile» del pianeta.
3.5. Contro queste tendenze relativiste e nichiliste, la Dichiarazione universale del 1948 riflette in un certo modo la Legge Naturale, cioè la capacità innata dell’uomo di ricercare e di discernere ciò che è vero, ciò che è giusto, ciò che è buono. Noi sottoscriviamo questa visione dell’uomo e vi vediamo il fondamento morale che permette di affermare la dignità e i diritti di ogni essere umano, e quindi i diritti della comunità umana fondamentale: la famiglia.
Riconoscere e aiutare la famiglia!
4.1. In quanto responsabili politici e legislatori che intendono essere fedeli alla Dichiarazione universale, c’impegniamo a promuovere e a difendere i diritti della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna. Questo deve essere fatto a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale e internazionale. Solo così potremo essere veramente al servizio del bene comune, tanto a livello nazionale che a livello internazionale. In questa sede attiriamo l’attenzione su quelli che crediamo essere alcuni fra i problemi cruciali che si trovano attualmente di fronte uomini politici e legislatori.
4.2. In consonanza con la Dichiarazione universale, le legislazioni europee hanno riconosciuto il matrimonio come istituto naturale, dotato di effetti giuridici obbliganti. Il matrimonio crea la famiglia perché istituisce un’unione stabile, di donazione reciproca, fra un uomo e una donna, aperta al mutuo amore, alla procreazione e all’educazione dei figli. Questo è l’istituto matrimoniale, che la società deve difendere come un bene dal quale dipende il suo futuro. Attribuire, come alcuni chiedono attualmente per non fare discriminazioni, ad altri tipi d’unione il valore di «matrimonio» o accettare altre modalità, che permetterebbero di godere degli stessi diritti e vantaggi sociali di quelli riconosciuti al matrimonio, contribuirebbe a indebolire l’istituto del matrimonio e, di conseguenza, la famiglia.
4.3. La Chiesa è consapevole del fatto che, accettando, promuovendo e difendendo l’istituto naturale del matrimonio, da Cristo elevato alla dignità di sacramento della Nuova Legge, difende la società e il vero bene dell’uomo.
4.4. La famiglia è «anteriore» allo Stato e più necessaria di esso, come dice Aristotele (Etica a Nicomaco III, 12, 18). Deve essere «prima di tutto […] riconosciuta nella sua identità e accettata nella sua soggettività sociale», «soggetto più di ogni altra istituzione sociale», come ha sottolineato Papa Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie «Gratissimum sane» (nn. 15 e 17). Il che vuol dire rispettare l’autonomia e anche la «sovranità» della famiglia.
4.5. Le relazioni fra famiglia e società devono essere fondate sul rispetto del principio di sussidiarietà. Infatti, la famiglia è la base naturale per l’educazione e lo sviluppo umano. È l’istituto capace di formare integralmente l’uomo e di farlo crescere in umanità. Inoltre, offre cure e sicurezza ai membri più deboli della società: bambini, anziani, disabili e malati cronici. E la famiglia protegge quanti sono maggiormente esposti all’esclusione.
4.6. La legislazione e la politica sociale dovrebbero proteggere la funzione delle madri. Le donne dovrebbero essere libere di essere madri e non essere costrette dalle pressioni economiche o sociali a lavorare fuori casa. Il lavoro domestico deve essere riconosciuto come vera ed essenziale attività economica, produttrice di beni. Salutiamo gli uomini e le donne impegnati politicamente e i legislatori d’Europa che hanno lottato per promuovere il diritto a essere madre, attraverso una legislazione giusta e una politica sociale adeguata. Invitiamo i nostri colleghi a vedere insieme quanto può esser fatto per creare le condizioni che permettano alle donne di svolgere il loro indispensabile compito di formazione della nuova generazione, senza che questo impedisca loro di partecipare, in condizioni di uguaglianza, alla vita della società, sia professionalmente che sulla scena politica.
4.7. I fatti mostrano che attualmente un’implosione demografica colpisce l’Europa. Livelli di fecondità al di sotto del tasso di sostituzione nei diversi paesi stanno per portare a un invecchiamento rapido della popolazione, con i futuri problemi economici e sociali che ne deriveranno. Se i bambini sono la ricchezza delle nazioni, l’Europa è oggi colpita da povertà! La speranza nell’avvenire deve essere incoraggiata e l’investimento nelle generazioni future deve sostituire la ricerca egoistica di guadagni a breve termine. La famiglia rappresenta il fattore più importante nello sviluppo futuro perché è la comunità nella quale si crea il capitale umano, in tutte le sue dimensioni. Le legislazioni che non sostengono il matrimonio e la procreazione responsabile, venendo in aiuto dell’educazione dei figli nel focolare domestico, dovrebbero essere emendate. Le tassazioni che non favoriscono le coppie con figli devono essere mutate.
4.8. Salutiamo tutti gli uomini e tutte le donne con responsabilità politiche e i legislatori d’Europa impegnati nel proclamare e nel difendere la vita, in una situazione così spesso di crisi nelle concezioni e di perdita dei valori. Essi lavorano duramente per proteggere i diritti innati di quanti sono i più deboli nella società: i bambini che devono nascere, le persone anziane e i disabili. Un’attenzione particolare dovrebbe essere riservata alla protezione dell’embrione umano contro le sperimentazioni e le manipolazioni. Rinnoviamo il nostro personale impegno per il diritto alla vita, come proclama l’articolo 3 della Dichiarazione universale.
4.9. Chiamiamo i nostri colleghi con responsabilità politiche e legislatori a riconoscere la funzione pedagogica della legge, relativamente alla vita familiare. Le leggi che indeboliscono la famiglia incoraggiano lo sviluppo di una mentalità di scetticismo e di confusione quanto alla sua funzione. Le politiche sociali ed economiche che discriminano la famiglia portano indifferenza ai suoi diritti e al suo benessere. La legislazione che favorisce l’aborto e il divorzio porta a un disprezzo diffuso della vita umana e del carattere duraturo delle relazioni familiari.
4.10. Chiamiamo i nostri colleghi e i legislatori a riconoscere e a promuovere l’insostituibile funzione educatrice della famiglia nella formazione dei futuri cittadini per una società veramente democratica. Infatti nella famiglia s’impara in primo luogo a servire il bene comune. La famiglia può essere descritta come una scuola di civiltà, di libertà, di solidarietà e d’amore.
4.11. Numerosi partecipanti alla nostra Assemblea svolgono il loro lavoro nelle nazioni dell’ Europa Orientale, ove, spesso, si è formata l’impressione che non sarebbe possibile a questi paesi divenire membri a pieno titolo dell’Unione Europea se non accettassero certi programmi di dubbia moralità. Il messaggio dei mass media rafforza questa impressione. I cristiani e le persone di buona volontà che si oppongono a questi obiettivi si vedono accusati di essere oppositori dell’ingresso nell’Unione. Questi paesi, in nome della loro dignità, della loro sovranità e della loro fedeltà agli ideali democratici, hanno il diritto e la responsabilità di conservare e di difendere la cultura della vita e di proteggere la famiglia e i suoi diritti nella «casa comune» dell’Europa di domani.
4.12. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, durante i suoi vent’anni come Successore di Pietro, ha dato un impulso forte e chiaro alla causa della famiglia e della vita, come difensore della verità e portatore di speranza. L’udienza che ci ha accordato e le parole che ci ha rivolto nell’occasione ci sono state di particolare incoraggiamento.
4.13. Invitiamo i nostri colleghi a realizzare incontri di riflessione e di dialogo simili a questo. Intendiamo impegnarci in questa realizzazione nei diversi paesi. Siamo convinti che tutti gli sforzi coerenti nella difesa dei diritti dell’uomo e della famiglia saranno semi di speranza per il futuro delle nostre nazioni e dell’Europa tutta. Nono- stante le sfide attuali ai diritti della persona e della famiglia, volgiamo con speranza il nostro sguardo a un’Europa in cui la famiglia possa fiorire e in cui la vita umana sia accolta e amata.