di Marco Invernizzi
Quanto accaduto nel consiglio comunale di Verona, che ha approvato una mozione a favore della vita, è un buon segnale. Ovviamente per la cosa in sé, che testimonia come, a tanti anni dall’approvazione della Legge 194, del 1978, e dalla sconfitta delle forze per la vita nel successivo referendum abrogativo del 1981, esista ancora una significativa resistenza popolare e politica. Ma anche perché l’episodio potrebbe essere ripreso da tanti altri consigli comunali e favorire una sensibilizzazione pro-life importante. Di più: gli stessi consigli comunali sensibili al tema della vita potrebbero approvare una mozione affinché l’utero in affitto venga dichiarato reato universale, un tema che forse può raccogliere maggioranze politiche ancora più larghe.
Certamente la notizia che ha maggiormente turbato le forze politiche e culturali contrarie a qualsiasi revisione della Legge 194 è stato il voto a favore della mozione veronese espresso dal capogruppo in comune del Partito Democratico (PD), Carla Padovani. Da cattolica dichiarata, la Padovani, che già si era battuta contro le unioni civili, ha dichiarato di avere votato per la vita appellandosi alla libertà di coscienza garantita dall’art. 2 del codice etico del partito in cui milita, oltre che dall’art. 2 dello Statuto del comune di Verona, che prevede che «la vita di ogni persona, dal concepimento alla morte naturale, venga accolta e protetta in tutti i suoi aspetti». Il PD le si è rivoltato contro, criticandola e chiedendone le dimissioni, sia a livello nazionale sia a livello dei suoi colleghi consiglieri comunali, che hanno votato contro la mozione pro-life.
È un evento importante: Carla Padovani va aiutata e non lasciata sola, perché potrebbe trovare diversi imitatori in Italia, ma soprattutto perché ha compiuto un gesto coraggioso, sfidando il politicamente corretto del PD e verosimilmente anche di molti suoi elettori.
L’episodio merita anche un’altra riflessione. È sbagliato contrapporre la battaglia politica all’interno delle istituzioni alla battaglia culturale, come spesso avviene invece nelle divisioni che s’intrecciano all’interno del mondo pro-family. Entrambe sono necessarie. Le battaglie politiche vanno combattute finché sono possibili, e in Italia lo sono, sia a livello parlamentare, come dimostra l’adesione all’intergruppo parlamentare per la famiglia e per la vita di circa 120 fra deputati e senatori, sia a livello amministrativo, come accadrà in occasione dell’incontro di sabato 17 novembre alla Regione Lombardia, organizzato dal Family Day e rivolto a tutti gli amministratori locali. Ma Verona insegna che anche il fronte della Sinistra non è compatto di fronte ai princìpi fondamentali del bene comune. E questo spinge a continuare e a migliorare l’azione culturale, fatta di corsi, di conferenze, di testimonianze e di tutto quanto serve a fare penetrare nelle singole persone la convinzione che esistano dei valori che l’uomo non crea, ma che incontra nella realtà, valori che ogni persona dovrebbe rispettare.