Giovanni Cantoni, Cristianità n. 271-272 (1997)
Indirizzo di Giovanni Cantoni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, al congresso del partito politico Krest’anská; Sociálna Unia, l’Unione Cristiano-Sociale, tenutosi in Slovachia, a Stará Lesná, in provincia di Kezmarok, il 21 e 22 giugno 1997 sul tema Per una Slovachia cristiana nell’Europa cristiana nel terzo millennio (cfr. Cristianità, anno XXV, n. 270, ottobre 1997, p. 28). Il testo è stato pubblicato quasi completamente sull’agenzia della formazione politica slovaca, Spravodaj KSU,: n. 12, 25-7-1997.
«Per una Slovachia cristiana nell’Europa cristiana nel terzo millennio»
Signor Presidente, Signori Congressisti,
da cattolico sono convinto che non esistano nella vita semplici coincidenze, ma che — dietro le coincidenze — si nasconda la Provvidenza.
Quindi sono convinto di non essere venuto per caso in Slovachia precisamente quattro anni fa, il 21 e 22 giugno 1993; di non essere stato presente per caso il 19 settembre dello stesso anno al pellegrinaggio nazionale al Santuario della Beata Vergine dei Sette Dolori a Sastin, il primo pellegrinaggio nazionale dopo la proclamazione della Repubblica Slovaca; e, finalmente, di non essere qui, oggi, per caso.
Perciò rispondo a questa condizione, che ritengo provvidenziale, come sono capace, cioè sulla base della vocazione di Alleanza Cattolica e mia personale.
Alleanza Cattolica non è un partito politico, ma si situa — come chiunque s’interessi del bene comune — nel campo di quella che Papa Pio XI ha chiamato, proprio settant’anni fa, nel 1927, «carità politica»: si tratta di un organismo che diffonde la dottrina sociale naturale e cristiana, soprattutto una cultura politica ispirata alla dottrina sociale naturale e cristiana.
Dunque, se la Repubblica Slovaca è nata il 1° gennaio 1993, la nazione slovaca ha una storia ben più lunga. Inoltre, la Repubblica Slovaca è uno Stato, un «abito» della nazione slovaca; e un partito politico quale l’Unione Cristiano-Sociale è come un guardarobiere e un sarto, che si dedica volontariamente e liberamente alla cura dell’abito della nazione, alla sua conservazione e alla sua manutenzione — ordinaria e straordinaria — e che, in questo modo, si cura della nazione: si cura che l’abito sia adatto a chi lo porta, sia della misura giusta, né troppo largo, né troppo stretto, né troppo pesante, né troppo leggero, e che abbia le caratteristiche necessarie per permettere alla nazione di stare con dignità e con decoro in società, nella società delle nazioni, senza essere causa né di ridicolo né di scandalo, ma piuttosto modello da imitare. Curandosi dell’abito della nazione, dello Stato, un partito politico si cura del corpo della nazione, perché la buona condizione del corpo permetta la buona condizione dell’animo: come dice un antico poeta latino, Giovenale, con un’espressione divenuta proverbiale, mens sana in corpore sano, «mente sana in corpo sano».
Ma, per sapere se la misura è giusta, se l’abito è adatto e decoroso, bisogna conoscere la regola dell’abbigliamento e la nazione da vestire.
La regola è la morale naturale e cristiana, il decalogo applicato alla vita sociale. Poiché gli uomini apprendono da tre fonti — i genitori, i maestri e il mondo, cioè la famiglia, la scuola e i mass media — la domanda che ogni uomo responsabile — slovaco o italiano —, quindi ogni responsabile politico si deve porre è questa: «Quanta morale sociale viene trasmessa oggi da queste tre fonti?»; quindi, subito dopo, questa seconda domanda: «Quale morale sociale viene trasmessa oggi da queste tre fonti?».
Se la risposta in Slovachia è analoga a quella che credo si debba dare per l’ Italia, è certamente indispensabile interessarsi dell’ amministrazione locale e della politica nazionale e internazionale, ma non basta: ci si deve curare anche della cultura della nazione nella morale sociale, della consapevolezza della nazione nella morale sociale. E un partito politico, anche se non è un istituto di formazione nella morale sociale, è però oggi uno degli operatori della formazione della nazione nella morale sociale: poiché la morale sociale non è una scienza infusa, come possono i responsabili di un partito politico immaginare che le nuove generazioni sappiano quanto non viene loro insegnato, o viene loro insegnato male?
Dal canto suo la nazione — la nazione vera, non la nazione «romantica», non la nazione «invenzione letteraria» a tavolino — si conosce soprattutto attraverso la sua cultura e la sua storia. Perciò, il primo modo per fare politica è fare storia e chi sbaglia storia sbaglia politica. Poiché gli uomini apprendono dalle tre fonti che ho ricordato, a proposito della storia la domanda che ogni uomo responsabile — slovaco o italiano —, quindi ogni responsabile politico si deve porre suona così: «Quanta storia viene trasmessa oggi da queste tre fonti?»; quindi viene la seconda domanda: «Quale storia viene trasmessa oggi da queste tre fonti?». Di nuovo: se la risposta in Slovachia è analoga a quella che credo si debba dare per l’Italia, non basta per certo interessarsi dell’amministrazione locale e della politica nazionale e internazionale: ci si deve curare anche della cultura storica della nazione, della consapevolezza della nazione relativamente alla propria storia. E un partito politico, anche se non è un istituto di cultura storica, è però oggi uno degli operatori della formazione storica della nazione: poiché la storia è ancor meno della morale sociale una scienza infusa, come possono i responsabili di un partito politico immaginare che le nuove generazioni sappiano la storia che non viene loro insegnata, o viene loro insegnata male?
Signor Presidente, Signori Congressisti,
mentre vi ringrazio della vostra attenzione, spero sia chiaro che quanto vi ho detto non vuol essere «lezione» di un estraneo a estranei, ma evangelico «richiamo fraterno», perché nel terzo millennio vi possa essere un’Europa cristiana, ricca delle grandezze cristiane della Slovachia e dell’Italia cristiane: poiché non si tratta di un risultato automatico, questo risultato va preparato, consapevoli che la sua realizzazione abbisogna dell’aiuto di Dio e della Madonna, che voi — e ormai anch’io — venerate a Sastin come Beata Vergine dei Sette Dolori. E noi oggi siamo qui per preparare questo risultato.
Giovanni Cantoni