Dal 22 aprile, in molte diocesi d’Italia, militanti di Alleanza Cattolica e propagandisti di Cristianità hanno diffuso 100 mila copie di un pieghevole – il cui testo riproduciamo di seguito integralmente -, che esprime la posizione di Alleanza Cattolica sulle concrete possibilità di lotta contro la «legge» abortista e sulle iniziative da essa promossa per abrogarla.
Depositata la richiesta di referendum abrogativo
CONTRO L’ABORTO. Contro ogni colpevole inerzia
1. La introduzione della infame «legge» abortista, il dovere di abrogarla mediante referendum, la perdurante omissione di tale dovere
In Italia, dal 22 maggio 1978 vige la infame «legge» n. 194 che, invece di assistere moralmente e materialmente la famiglia e la madre e di tutelare il diritto dei figli alla vita, legittima la pratica dell’omicidio-aborto, lo organizza, lo finanzia, lo tutela, lo incrementa.
L’Italia, d’altra parte, è uno dei pochissimi paesi in cui esiste l’istituto del referendum abrogativo, ossia la possibilità di abrogare, nel caso concreto, tutte quelle norme che, nella infame «legge» n. 194, sono in diretto e gravissimo contrasto con l’etica e il diritto naturali.
Ora, se tale mezzo elementare e lecito – autorizzato dallo stesso ordinamento giuridico – esiste, farvi ricorso era ed è, con ogni evidenza, gravemente doveroso.
Invece, ormai a quasi un anno dalla entrata in vigore della citata, infame «legge», il grave ed elementare dovere di ricorrervi non è ancora stato compiuto.
2. Chi poteva e doveva promuovere il referendum abrogativo? E quando?
Quando, e da chi, era legittimo non solo attenderlo, ma pretenderlo, stante la chiarezza della dottrina in proposito?
Da chi? Era lecito attenderlo e pretenderlo, anzitutto, da parte di quelle forze cattoliche ufficiali e ufficiose che dai vescovi d’Italia ricevono un ufficiale o ufficioso patronato e avallo.
Quando? Il referendum abrogativo poteva e doveva essere proposto fin da subito, immediatamente dopo l’approvazione della iniqua «legge», utilizzando i quattro mesi da giugno a settembre 1978 per raccogliere e depositare le 500 mila firme necessarie. Difficile, nei quattro mesi da giugno a settembre 1978, raccogliere tali 500 mila firme? No. La prova del contrario era appena stata fornita: a sostegno di un progetto di legge di iniziativa popolare «per la vita» – pure suscettibile di gravi valutazioni critiche (1) – era bastato un sia pure modesto e discreto avallo da parte dei vescovi italiani a consentire di raccogliere, in poco più di un mese, ben più delle 500 mila firme necessarie per un referendum abrogativo.
Dopo la inammissibile inerzia di tali mesi, il referendum abrogativo poteva e doveva essere proposto almeno immediatamente all’inizio del corrente 1979, sia per la non mai sufficientemente sottolineata e grave doverosità dell’atto in sé stesso, sia per porlo al riparo da possibili colpi di mano parlamentari tesi a renderlo, in un prossimo futuro, estremamente difficoltoso e a impedirne una promozione sollecita.
Sono invece trascorsi sterilmente non soltanto i mesi utili del 1978, ma tutti i mesi del corrente 1979 fino a oggi, senza che tale gesto elementare e doveroso sia stato compiuto. Tra l’altro, a stimolare le forze cattoliche al compimento di tale dovere non è valsa neppure la ulteriore minaccia rappresentata dal referendum richiesto dal Partito Radicale, che – se realizzato – avrebbe domani costretto i cattolici a scegliere tra la illimitata libertà di omicidio. aborto, da un lato, e, dall’altro, la infame «legge» abortista attuale, con l’esito, in ogni caso, di rendere improponibile per legge un referendum abrogativo antiabortista almeno fino al 1987.
3. L’appello di Alleanza Cattolica ai vescovi, e la risposta del silenzio
Di tutto questo Alleanza Cattolica – libero raggruppamento civico-culturale che della dottrina sociale della Chiesa fa il criterio della propria azione – ha partitamente scritto a tutti e a ognuno dei vescovi che presiedono alle diocesi d’Italia, facendo loro pervenire – in data 15 marzo 1979, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno – un appello, e una memoria giuridica allegata, in cui: si indicavano il danno, il pericolo e lo scandalo costituiti da una perdurante inerzia; si chiedeva loro insistentemente di farsi solleciti assertori e promotori del ricorso al referendum, da svolgersi a opera di forze – e non si può immaginare che manchino – in cui fosse loro possibile riporre fondata fiducia; si segnalava, infine, che in mancanza di altri e più autorevoli interventi a ciò concretamente ordinati e pubblicamente rilevabili, avremmo avviato l’iniziativa di referendum.
A tale appello ha fatto seguito solamente un sostanziale e generale silenzio: infatti, nessuno dei vescovi italiani si è fatto assertore e promotore dell’avvio sollecito e concreto di una iniziativa di referendum.
4. La iniziativa di referendum di Alleanza Cattolica e la condizione della sua attuazione
Per parte nostra, quindi, rendiamo noto – in conformità a quanto loro segnalato – l’appello rivolto ai vescovi d’Italia e la deposizione della iniziativa di referendum, avvenuta in data 21 aprile 1979.
Questa iniziativa – i cui criteri avevamo pure sottoposto ai vescovi d’Italia con la memoria giuridica allegata al nostro appello – è ora a disposizione di quanti intendano svolgere una reale e concreta azione antiabortista, e quindi, anzitutto, dei presuli preposti alle singole diocesi italiane.
L’abrogazione da noi richiesta è parziale, ossia tale da: a) togliere ogni pretesto propagandistico a chi, in caso di abrogazione totale, ne approfitterebbe per gridare al «vuoto legislativo!»; b) lasciare in vigore tutte e soltanto le norme in qualche modo ordinate alla assistenza della famiglia e della maternità; c) sopprimere ogni e qualsiasi norma che autorizzi l’omicidio-aborto, che dunque ritorna a essere sempre e in ogni caso un reato, sia pure insufficientemente penalizzato. La legge che da tale richiesta di abrogazione risulta – data la natura abrogativa e non legiferante del referendum popolare – può essere considerata soltanto un incompleto primo passo verso una legislazione integralmente conforme al diritto naturale e cristiano, nella cui prospettiva si pone l’attuale nostra richiesta di referendum.
Ogni obiezione sulla sua tempestività – Ma è ormai tardi!, potrebbe pensare qualcuno, di fronte alle programmate scadenze elettorali entro le quali è necessario provvedere al deposito delle 500 mila firme indispensabili per appoggiare la richiesta – non può che cadere, di fronte alla prova sopra ricordata: la raccolta, per la iniziativa popolare di legge «per la vita», di ben più delle 500 mila firme, in poco più di un mese!
Ogni obiezione sulla sua opportunità – dopo che i radicali hanno dichiarato di lasciare cadere la minaccia del loro referendum – può e deve essere tacitata dalla considerazione della comunque inaccettabile permanenza di una «legge» iniqua, la cui mostruosa cadenza annua di omicidi è già stata più che sufficientemente attestata anche da dichiarazioni ufficiali.
Di fronte a una «legge» iniqua e abrogabile, è dunque finalmente a disposizione la iniziativa di abrogazione, la cui attuazione è ovviamente condizionata dalla benevolenza operosa dei vescovi italiani, con la quale è indubbiamente ancora possibile – in poco più di un mese, da ora, 22 aprile, al 2 giugno prossimo venturo – condurla a compimento: senza la quale non sarà certo nostra la responsabilità di avere preferito differire di un altro anno il ricorso al mezzo accessibile e lecito capace di arrestare la lugubre cadenza di omicidi, che pure periodicamente si deplora.
5. Nell’attesa dei vescovi, l’impegno comune per l’abrogazione
Tale operosa benevolenza ci sembra oggi di potere attendere non certo e non tanto a motivo di una immoderata stima della nostra realtà associativa – che, peraltro, abbiamo offerto non come protagonista, ma come collaboratrice di altre e più accreditate realtà associative -, ma a nome, soprattutto, di quel popolo cattolico che si interroga, turbato, sulle ragioni per cui va di fatto deserta – nonostante dichiarazioni che si rivelano sostanzialmente e costantemente velleitarie – la difesa doverosa e concretamente possibile del diritto alla vita dell’innocente, premessa della difesa del comune diritto alla vita di tutto un popolo, e di ogni ulteriore e superiore diritto dei singoli, delle famiglie, dei corpi sociali, della Chiesa.
Se invece, malauguratamente e non certo per nostra responsabilità, tale benevolenza operosa e indispensabile alla realizzazione dell’impresa doverosa non avesse a manifestarsi o si rivelasse irrimediabilmente tardiva, riteniamo comunque dovere nostro e di ogni cattolico italiano agire perché si rafforzi e si organizzi in modo sempre più efficace l’opinione antiabortista, tesa realmente alla utilizzazione inderogabile delle prossime scadenze giuridicamente opportune, per la promozione del referendum abrogativo che liberi finalmente l’Italia da un marchio di barbarie e di infamia, tra i più gravi di quelli che oggi la deturpano.
22 aprile 1979
Domenica in Albis
Note:
(1) Cfr. UNIONE ITALIANA DELLE INIZIATIVE CIVILI PER LA DIFESA DELLA DIGNITÀ UMANA, Lettera ai vescovi e Osservazioni sulla proposta di legge di iniziativa popolare «Accoglienza della vita umana e tutela sociale della maternità», in Cristianità, anno VI, n. 33, gennaio 1978.