Domenica della sacra famiglia
Prima lettura: Gen 15,1-6; 21,1-3;
Seconda lettura: Eb 11,8.11-12.17-19;
Vangelo: Lc 2,22-40.
Ciò che viene sottolineato dal ripetersi, saltuario ma incisivo e tagliente, del monito del Signore nel Vangelo: Guai ai soli (Qo 4, 10), è il desiderio di compiere il proprio tempo nell’altro, cioè verso il prossimo. Qui sta tutta la questione dell’affezione. L’amore dell’uomo ha sempre bisogno di essere confermato. Presso Dio anzi tutto, e abitualmente in quell’ambiente umano che frequenti e che esprime la misura del tuo amore verso Dio e quindi verso il prossimo. Dimmi chi sono i tuoi amici, la tua famiglia, il tuo ambiente, dove ti spendi per il prossimo. Apprezziamo porgere tutti i fatti della nostra vita, soprattutto in certi bei sabati sera, con gli amici che ti capiscono e ti giudicano rettamente perché ti amano e ti confermano calorosamente tutto il bene che compi.
In questi momenti spesso mi è accaduto, nelle serate di Bobbio, presso i raduni giovanili organizzati da Alleanza Cattolica, di cogliere tra un ragazzo e una ragazza un’intesa coinvolgente e fragrante e una reciprocità che stupisce loro stessi.
Sguardi veramente attirati e affascinati da quella che non può che essere una divina avventura, che poco alla volta si compie nelle stesse parole di Adamo, quando Dio creò Eva: “ Osso delle mie ossa, carne della mia carne “ (Gn 2, 23).
Sono i più belli e tangibili atti fondativi di una sacra famiglia. Accettati e riconosciuti anche quando sconvolgono tutti i nostri programmi.
Ben sappiamo che ogni nostra impresa finisce dove è iniziata. Se inizia presso la croce, Dio porterà a compimento i tuoi sforzi. L’autentico fidanzamento comporta questa grande prospettiva di umiltà: riconoscere che Dio accompagna Eva al suo Adamo. Sua è l’iniziativa. Lui irrompe nella vita di una persona, che pur già nella sua santa tensione verso il Padre, vive un momento più alto umano e cristiano dedicandosi a quella persona che non ha cercato, ma che i fatti, con cui Dio parla, hanno causato. Accogliere questi fatti in cui Dio parla forte e chiaro è l’autentica vigilanza. Affinché sempre si compia questa divina avventura è indispensabile la più bella povertà, quella positiva povertà, di cui si parla nel Vangelo nel discorso della montagna, vera carta d’identità della fede cattolica:
“ Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli “ (Mt 5,3).
E’ la povertà di chi sente di non avere dei meriti da accampare davanti a Dio e perciò non si appoggia orgogliosamente su sé stesso, non si sente superiore agli altri, ed è più preparato a riporre la sua fiducia in Dio.
Un santo stupore, luce d’umiltà, caratterizza l’esperienza della coppia benedetta da Dio, prendendo coscienza della Sua azione al presente nella storia personale quotidiana, che si connota per la bellezza umana e cristiana della vita di chi inizia nel raccoglimento del cuore, un progetto d’amore atteso e sperato. Chi crede di avere già tutto, è soddisfatto, non desidera e non aspetta niente, e non aspettando è triste e annoiato, perché la gioia più pura è quella che viene proprio dall’attesa e dalla speranza.
Ci si può manifestare amore in due modi fondamentali. Il primo è fare doni alla persona amata.
Dono non per forza materiale, anche donare il proprio tempo dedicandosi a una persona, donare parole di incoraggiamento, donare affetto fisico, è il modo come Dio ci ha amati nella creazione. La creazione è tutta un dono: dono è l’essere che possediamo, dono i fiori, l’aria, il sole, la luna, le stelle, il cosmo in cui la mente umana si perde.
Ma c’è un secondo modo di manifestare a un altro il proprio amore, molto più difficile del primo, ed è ciò che accade, deve accadere, affinché due fidanzati convincano con il loro vissuto d’amore autentico, ed è dimenticarsi di sé stessi e soffrire per l’altro, cioè per la persona che veramente ami. E’ lo stesso amore con cui Dio ci ha amati nel Natale.
Dal compiersi di questo percorso, autentica verifica di quanto una coppia si avvicini a Gesù, coltivando una relazione d’anima, giunge senza alcuna irrisolutezza, il più autentico: “ Ti amo “. Cioè, io non posso essere ciò che sono ora, se non dedicandomi totalmente a te. Ci vuole una grande umiltà per esprimere autenticamente il proprio amore. E’ quanto accadde a Maria e Giuseppe, entrambi già pienamente rivolti a Dio. Privi di qualunque ricerca di compensazione affettiva meramente umana, ma ben edificati sulla loro santa fede. Giuseppe era addirittura detto il giusto, cioè il santo, ma che pure trova compimento ulteriore al fianco di quella donna che Dio aveva pensato dall’eternità per lui.
Dio continua ad agire e a chiamare giovani donne e uomini, per edificare Sacre Famiglie indissolubili, culla ottima della vita nascente, prima struttura sociale dell’umanità redenta.
Le letture bibliche di quest’anno presentano in modo compatto una componente della famiglia, oggi terribilmente oppressa da diverse forme di eutanasia: gli anziani. Ognuna delle letture odierne ne presenta una coppia: Abramo e Sara nelle prime due letture, Simeone ed Anna nel Vangelo.
Gli anziani vivono oggi una condizione che ha modificato il tradizionale loro ruolo. Il lavoro predilige l’innovazione, l’aggiornamento e la conoscenza dell’ultima ora, rispetto all’esperienza; da cui la spasmodica ricerca del giovane da assumere, con concomitante pre-pensionamento dell’anziano.
Il modello monocellulare che prevede le sole figure dei genitori e dei figli, dove l’anziano è visto molto saltuariamente, crea solitudine e assenza di contatto con la figura dei nonni, così fortemente equilibratrice.
L’anziano è provato fisicamente, sul suo volto leggi l’avvicinarsi della propria ora di passare dalla terra al Padre, ma continua a fare del bene, con chiara convinzione e determinazione, prega senza molti atti preparatori, perché la sua spiritualità è essenziale e contemplativa. Sa che Dio non dimenticherà nemmeno il più piccolo sforzo di servire a Lui. L’amore del nonno sa offrire ogni sofferenza, è più forte del dolore immediato, è un combattente dello spirito esperto, uomo dei dolori, il suo amore è più forte della morte. L’anziano non si è affatto “ ritirato “, ma vive la più autentica spiritualità espressa in San Paolo:
“ I vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, saldi nella fede, nell’amore e nella pazienza. Ugualmente le donne anziane si comportino in maniera degna dei credenti: non siano maldicenti,
sappiano piuttosto insegnare il bene per formare le giovani all’amore del marito e dei figli “
(Tito 2, 2-4).
L’anziano lo vediamo capace di smorzare i toni nei contrasti, sa indurre una riflessione paziente e perseverante.
Quando la fede lo regge, viene superata anche quella tendenza spesso debordante nella terza età, di guardare solo il passato. Lo vediamo in Abramo e Sara, che divennero genitori in tarda età.
“ Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi “ (Salmo 92, 15).
Sicuramente in cielo vi sono tante anime salvate dalle preghiere della nonna e del nonno.
In Simeone e Anna, siamo alla grande scuola della speranza cristiana.
Simeone, definito “ santo vecchio “, ormai vicino al tramonto, tutto volge al termine, ma attende continuamente alla volontà di Dio, che sempre colma tutti i vuoti. Se un uomo è vivo, sia vecchio, malato o disabile, Dio vive in lui, Dio lo ha scelto. Scegliamolo anche noi, sempre, finché Dio lo vuole su questa terra. Grande è la benedizione di Dio, verso chi ama il vecchio padre, secondo i tempi di Dio. Simeone fu premiato potendo reggere fra le braccia il bambino Gesù.
Tanti anziani sperano di vedere i figli riconciliati con la fede e la Chiesa, pregano con perseveranza ma soprattutto “ sperano “ e sono veramente giovani in spirito, come troviamo nella penetrante preghiera a cui siamo tutti invitati in questa domenica della Sacra Famiglia:
“ Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze.
Io, invece non cesso di sperare, moltiplicherò le tue lodi. La mia bocca annunzierà la tua giustizia, proclamerà sempre la tua salvezza, che non so misurare.
Tu mi hai istruito fin dalla giovinezza e ora nella vecchiaia e nella canizie Dio, non abbandonarmi,
finché annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie “.
( Salmo 71, 9;14-15;17)
Domenica, 27 dicembre 2020