di Michele Brambilla
«Oggi», dice Papa Francesco all’inizio dell’Angelus del 2 dicembre, «inizia l’Avvento, il tempo liturgico che ci prepara al Natale, invitandoci ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Gesù. In Avvento non viviamo solo l’attesa del Natale; veniamo invitati anche a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo – quando alla fine dei tempi tornerà –, preparandoci all’incontro finale con Lui con scelte coerenti e coraggiose. Ricordiamo il Natale, aspettiamo il ritorno glorioso di Cristo, e anche il nostro incontro personale: il giorno nel quale il Signore chiamerà».
Per il cattolico è quindi un tempo liturgico carico di speranza. «In queste quattro settimane siamo chiamati a uscire da un modo di vivere rassegnato e abitudinario, e ad uscire alimentando speranze, alimentando sogni per un futuro nuovo». “Uscire” nel senso di riscoprire la trascendenza nella nostra vita quotidiana, compiendo principalmente due azioni, che il Papa sottolinea con forza: «stare svegli e pregare». Quando attendiamo un appuntamento importante non è raro addormentarsi con maggiore fatica e svegliarsi molto presto a causa della tensione. «Ci si alza quando si attende qualcosa o qualcuno. Noi attendiamo Gesù, lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza».
Gesù, infatti, lo troviamo sempre nella preghiera. Lo incontriamo, però, anche nel prossimo. La virtù cristiana della speranza comporta necessariamente estendere lo sguardo sugli altri, compartecipi della medesima attesa. Ecco allora arrivare, al termine dell’Angelus, l’ennesimo appello ad unirsi nella preghiera e nella solidarietà ai fratelli nella Fede siriani. «In questo momento vorrei fare mia la speranza di pace dei bambini della Siria, dell’amata Siria, martoriata da una guerra che dura ormai da otto anni. Per questo, aderendo all’iniziativa di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, accenderò ora un cero, insieme a tanti bambini che faranno lo stesso, bambini siriani e tanti fedeli nel mondo che oggi accendono le loro candele».
Segue a queste parole l’accensione materiale di un cero sopra il davanzale dello studio del Palazzo apostolico. «La fiamma della speranza», prosegue quindi il Papa, «raggiunga anche tutti coloro che subiscono in questi giorni conflitti e tensioni in diverse altre parti del mondo, vicine e lontane. La preghiera della Chiesa li aiuti a sentire la prossimità del Dio fedele e tocchi ogni coscienza per un impegno sincero a favore della pace. E che Dio, nostro Signore, perdoni coloro che fanno la guerra, coloro che fanno le armi per distruggersi e converta il loro cuore».