Edith Stein e i percorsi verso la verità: una lettura di Essere finito ed Essere eterno
Edith Stein (1891-1942) è una di quelle imponenti figure del Novecento. Filosofa, allieva del padre della fenomenologia, Edmund Husserl (1859-1932), nonché sua assistente. Di origine ebraica diventata atea per poi convertirsi al cristianesimo, attratta prima dalla testimonianza di alcuni amici protestanti e poi corroborata dall’amicizia con una famiglia di colleghi cattolici, nella cui biblioteca, in una notte, trova la Vita di santa Teresa d’Avila (1515-1582) che leggerà avidamente, esclamando alla fine: “Questa è la verità!”. Non più una verità teoretica, ma l’incontro con una Persona: Gesù Cristo. Da allora l’esito della riflessione ontologica di Stein sarà sinteticamente: «l’amore è l’origine, il senso e il fine ultimo dell’esistenza» (p. 51). Quindi si convertirà al cattolicesimo, chiedendo il battesimo ed entrando successivamente nel Carmelo di Colonia, assumendo il nome di suor Teresa Benedetta della Croce.
Trasferita dai superiori dell’Ordine ad Echt, nei Paesi Bassi, per essere messa al riparo dalle persecuzioni dei nazionalsocialisti nei confronti degli ebrei sarà prelevata dalla Gestapo e troverà la morte, martire, assieme a tanti suoi antichi correligionari ad Auschwitz nel 1942. San Giovanni Paolo II (1978-2005) non solo la beatificherà e canonizzerà, ma anche la dichiarerà compatrona d’Europa (1987).
L’autrice, nel volume, strutturato su quattro capitoli – Prima di Essere finito e Essere eterno, Il senso dell’essere, Come il raggio rispetto alla luce e L’immagine di Dio nella creazione, dopo i necessari cenni biografici, attraverso l’angolo visuale privilegiato caratterizzato dall’opera Essere finito ed Essere eterno, presenta in maniera densa e lineare al tempo stesso il pensiero di Edith Stein, tra filosofia e mistica.
Tra le linee importanti che emergono vi è soprattutto il tentativo da parte della filosofa di conciliare la filosofia moderna, ed in particolare la fenomenologia, con la metafisica di Tommaso d’Aquino, cercando una soluzione alla contrapposizione tra una coscienza ipertrofica e la dimensione dell’essere. In questo senso, Edith Stein apre una via del tutto nuova alla filosofia cristiana. Su questa scia, tra gli altri, si porrà anche la riflessione filosofica dello stesso Karol Wojtyła (1920-2005). Altresì, è notevole nel testo il confronto su alcuni plessi teoretici che l’autrice pone tra il pensiero di Stein e quello di Erich Przywara (1889-1972) gesuita e filosofo polacco e Hedwig Conrad-Martius (1888-1966), filosofa fenomenologa tedesca.
Scrive Eliana Grande: «se in Edith Stein il senso dell’essere costituisce il cuore, l’essenza della ricerca filosofica, l’indagine volta a coglierlo non parte dall’essere stesso ma dal rapporto con l’altro, iniziando negli anni giovanili con le prime indagini sull’empatia, ovvero sulla possibilità e la modalità del rapporto con l’altro, e sull’opportunità della conoscenza di sé attraverso l’altro, e concludendosi in Essere finito ed Essere eterno nell’incontro mistico con l’Altro, e nella conoscenza, o meglio nell’originario riconoscimento di sé attraverso l’Altro. L’Altro è fondamento, fine ultimo e massima realizzazione della persona umana, per sua natura orientata e predisposta a tale incontro che si costituisce come conoscenza e libero dono di sé, oltre che come condizione indispensabile per una elevazione al senso dell’essere» (p. 22-23).
Consigliato a quanti vogliono conoscere il pensiero filosofico di Edith Stein ed una via significativa per la filosofia cristiana nella contemporaneità.
Categoria: Saggio
Autore: Eliana Grande, pref. Mons. Antonio Livi, presentazione di Marinella Pernice
Pagine: 136 pp
Prezzo: € 12,90
Anno: 2013
Editore: D’Ettoris Editori, Crotone
ISBN: 978-88-89341-47-6