di Marco Invernizzi
Un caro amico ipotizza che i “gilet gialli” che stanno dilagando in Francia possano essere definiti una “insorgenza rivoluzionaria di massa”. Che cosa significa?
L’Insorgenza è una categoria politica pensata dal fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni, come chiave interpretativa di un fenomeno preciso: la maggioranza di un popolo che rifiuta una minoranza ideologica al potere (e pertanto ideocratica, oltre che ideologica).
Il riferimento storico è alle reazioni popolari che si sono manifestate in Italia durante e quindi contro la dominazione napoleonica, a partire dal 1796 e fino alla sconfitta definitiva di quella prospettiva ideologico-ideocratica nel 1815. Quando le truppe rivoluzionarie francesi invasero e occuparono l’Italia (escluse le isole), si scontrarono con la fiera opposizione non del clero e dei nobili, che ancora rappresentavano per certi versi la classe dirigente, ma del popolo, che allora era certamente poco consapevole (nel senso di meno politicizzato), ma più fedele alle radici, cattoliche, della propria identità.
L’Insorgenza ha investito tutta l’Europa. Famosa, in Francia, quella verificatasi nella “regione” nordoccidentale che gli specialisti chiamano «Vandea Militare», forse la madre di tutte le insorgenze, e famosa è anche, nata sempre in Francia, quella molto più recente e legata alle proteste popolari denominate “Manif pour tous” contro il “matrimonio per tutti”, ovvero il cosiddetto “matrimonio” LGBT. Queste insorgenze, come quelle legate alle elezioni del 18 aprile 1948 o alla “maggioranza silenziosa” del 1970 in Italia, avevano princìpi ispiratori molto identitari, benché siano avvenute all’interno di società già segnate dal pluralismo ideologico.
La rivolta dei “gilet gialli” è invece un’altra cosa: per questo l’amico succitato la descrive come “insorgenza rivoluzionaria di massa”, cioè come una rivolta di una parte consistente del popolo che reagisce contro le scelte della élite al potere, non per difendere degli ideali, ma ascoltando la “propria pancia”, cioè i propri interessi materiali minacciati da una politica che non ne tiene conto.
C’è qualcosa di buono in questa rivolta? Certamente sì. Ascoltare la “propria pancia” è un segnale di buon senso, nella misura in cui esprime il desiderio di difendere una condizione esistenziale, uno status minacciato da chi detiene il potere. Tuttavia, va approcciata per quello che è, non per quello che ci piacerebbe fosse. Si tratta appunto di un’“insorgenza rivoluzionaria”, cioè espressione di un’epoca come la nostra, egemonizzata dal relativismo e segnata dalla diffusione del rancore sociale e dal timore del “declassamento sociale”, se quanto scritto dal Censis per l’Italia vale anche, come credo, per la Francia.
Anche per questo motivo in questa nuova rivolta francese si trova tutto e il contrario di tutto: striscioni con le tre date 1789, 1968, 2018, e accanto militanti di movimenti conservatori.
Sarebbe quindi vano cercare in questa rivolta, come in altre simili che si potrebbero verificare anche in Italia, e che in parte sono alla base del sostegno dato dal popolo italiano allo “strano” governo giallo-verde che governa il nostro Paese, delle ragioni ideali simili a quelle che hanno spinto in piazza i sostenitori della “Manif pour tous” o delle Sentinelle in Piedi o dei Family Day.
Le rivolte dei “gilet gialli”, e altre simili che appunto potrebbero scoppiare, vanno capite e affrontate realisticamente, cercando di convincere chi in qualche modo le rappresenta della necessità di allontanare i violenti (che normalmente sono anche i manifestanti più politicizzati) e cercando lentamente di fare capire, per quanto sia possibile, che in ogni uomo esiste qualcosa che va oltre la “pancia”, peraltro sempre importante.