Di Tommaso Tartaglione da Centro Studi Caserta del 02/06/2021
A 75 anni dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946, in cui vinse la Repubblica con il 54,3% dei voti contro il 45,7% per la Monarchia, e che ha rappresentato la prima consultazione politica nazionale in cui fu riconosciuto – con decreto legislativo luogotenenziale firmato da Umberto II – il diritto di voto anche alle donne, occorre fare qualche breve riflessione segnatamente sui risultati della provincia di Caserta.
Il Mezzogiorno rispose alla chiamata alle urne scegliendo la Monarchia e in particolare la Campania risultò essere la regione più monarchica d’Italia con il 76,5% di voti favorevoli. Caserta, invece, con ben l’83,1% si assestò come la seconda provincia d’Italia dopo quella di Lecce dove si registrò addirittura l’85%. In Campania seguirono le province di Napoli con il 77,6%, Salerno con il 75,1%, Benevento con il 71,7% e Avellino con il 69,2%.
In particolare, su 84 comuni che all’epoca formavano la neocostituita provincia di Caserta, in ben 32 si superò la soglia del 90% dei voti per il sovrano e, di questi, importanti centri come Teano, “città dello storico incontro” tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, e Mondragone. I picchi più alti si registrarono, però, in 5 comuni dove si superò addirittura il 96%: Trentola, Letino, Rocchetta e Croce, Pignataro Maggiore, Camigliano.
Al contrario, in 11 comuni – anche se comunque con percentuali molto alte – non si riuscì a sfiorare il 70% per la Monarchia, mentre i risultati più bassi si rilevarono a Sant’Angelo d’Alife e San Potito Sannitico, rispettivamente con solo il 50,7% e il 54,1%. Occorrerebbe indagare sulle cause di un risultato così negativo, comparato al resto della provincia, per la Monarchia. Si può ipotizzare la presenza in questi due centri di personalità con una forte ascendenza che abbiano potuto indirizzare il voto, in una zona, come l’Alto casertano in cui la percentuale media dei voti monarchici superava abbondantemente l’80% in modo che questi due centri possono essere considerati come due vere e proprie isole.
Per quanto riguarda i comuni più popolosi e importanti della provincia, nel capoluogo si ebbe il 77,9% a favore della Monarchia, ad Aversa l’85,7%, a Maddaloni l’80%, a Capua il 75,1% e a Marcianise 67,5%. Tranne che per quest’ultima in cui forse influì una certa presenza socialista, il risultato delle altre quattro città riflesse evidentemente il particolare attaccamento di queste popolazioni in quanto storicamente centri che avevano visto nei secoli la permanenza dei sovrani.
Non vi è dubbio che nel voto monarchico del Sud si può ravvisare il retaggio di un’antica tradizione che rimanda non solo alla Casa Savoia, ma agli stessi sovrani Borbone, volendo con ciò esprimere la fedeltà all’istituzione monarchica in quanto tale, indipendentemente dalla dinastia regnante.
E così Terra di Lavoro, erede di una saldissima tradizione realista, nel referendum che decretò la fine della monarchia in Italia risaltò come la seconda provincia più monarchica d’Italia e la prima della Campania.
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