Sulla barca della nostra vita Gesù, anche se sembra dormire, c’è
di Michele Brambilla
«Nella liturgia di oggi», spiega Papa Francesco affacciandosi per l’Angelus del 20 giugno, «si narra l’episodio della tempesta sedata da Gesù (Mc 4,35-41). La barca su cui i discepoli attraversano il lago è assalita dal vento e dalle onde ed essi temono di affondare. Gesù è con loro sulla barca, eppure se ne sta a poppa sul cuscino e dorme. I discepoli, pieni di paura, gli urlano: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (Mc 4,38)». Un grido che contraddistingue anche molti nostri contemporanei: «tante volte anche noi, assaliti dalle prove della vita, abbiamo gridato al Signore: “Perché resti in silenzio e non fai nulla per me?”».
In realtà, Gesù non si è affatto dimenticato dei discepoli: «sulla barca, infatti, anche se dorme, Gesù c’è, e condivide con i suoi tutto quello che sta succedendo. Il suo sonno, se da una parte ci stupisce, dall’altra ci mette alla prova. Il Signore è lì, presente; infatti, attende – per così dire – che siamo noi a coinvolgerlo, a invocarlo, a metterlo al centro di quello che viviamo. Il suo sonno provoca», allora, «noi a svegliarci. Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui». Il Papa lo ribadisce: «sentite questo: bisogna gridare a Lui. La preghiera, tante volte, è un grido: “Signore, salvami!”».
Serve un momento di introspezione: «oggi possiamo chiederci: quali sono i venti che si abbattono sulla mia vita, quali sono le onde che ostacolano la mia navigazione e mettono in pericolo la mia vita spirituale, la mia vita di famiglia, la mia vita psichica pure? Diciamo tutto questo a Gesù, raccontiamogli tutto. Egli lo desidera, vuole che ci aggrappiamo a Lui per trovare riparo contro le onde anomale della vita», che solo Lui sa placare. «Gesù, pregato dai discepoli, calma il vento e le onde. E pone loro una domanda, una domanda che riguarda», dice il Pontefice, «che riguarda anche noi: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”». I marosi dell’esistenza non sono insormontabili se teniamo lo sguardo fisso su Gesù.
A proposito delle difficoltà incontrate dai credenti nel mondo, il Santo Padre presenta ancora una volta il caso del Myanmar, per il quale formula questo appello: «unisco la mia voce a quella dei vescovi del Myanmar, che la scorsa settimana hanno lanciato un appello richiamando all’attenzione del mondo intero l’esperienza straziante di migliaia di persone che in quel Paese sono sfollate e stanno morendo di fame: “Noi supplichiamo con tutta la gentilezza di permettere corridoi umanitari” e che “chiese, pagode, monasteri, moschee, templi, come pure scuole e ospedali” siano rispettati come luoghi neutrali di rifugio. Che il Cuore di Cristo», a cui è dedicato il mese di giugno, «tocchi i cuori di tutti portando pace nel Myanmar!». Solo così si riesce a comprendere appieno un secondo appello, lanciato dal Pontefice in occasione delle Giornata mondiale del rifugiato: «apriamo il nostro cuore ai rifugiati; facciamo nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza! E così, tutti insieme, faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia», come desiderato da Dio Padre.
Lunedì, 21 giugno 2021