Appello del Papa per il Paese dei Cedri ad un anno di distanza dalla terribile esplosione di Beirut (4 agosto 2020). Francesco spera di poterlo visitare al più presto
di Michele Brambilla
Il 4 agosto si svolge nell’Aula Nervi in Vaticano la prima udienza generale dopo la pausa di luglio, quest’anno contrassegnata dalla convalescenza dovuta all’operazione subita da Papa Francesco al Gemelli. A giugno il Papa aveva iniziato un ciclo di catechesi sulla Lettera ai Galati: ora lo riprende, sottolineando che «quando si tratta del Vangelo e della missione di evangelizzare, Paolo si entusiasma, esce fuori di sé. Sembra non vedere altro che questa missione che il Signore gli ha affidato. Tutto in lui è dedicato a questo annuncio, e non possiede altro interesse se non il Vangelo. È l’amore di Paolo, l’interesse di Paolo, il mestiere di Paolo: annunciare. Arriva perfino a dire: “Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo” (1 Cor 1,17)». Del resto, la celebrazione dei sacramenti presuppone la fede dei partecipanti, affinché il seme della Grazia possa davvero germogliare nel neofita.
L’annuncio del Vangelo, in Paolo, è quindi fondamentale e costitutivo. All’epoca, osserva il Pontefice, i quattro Vangeli canonici non erano ancora stati messi per iscritto: “camminavano” assieme agli Apostoli che li annunciavano. «Per lui il Vangelo è ciò che lui predica, questo che si chiama il kerygma, cioè l’annuncio. E quale annuncio? Della morte e risurrezione di Gesù come fonte di salvezza. Un Vangelo che si esprime con quattro verbi: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto, è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa” (1 Cor 15,3-5). Questo è l’annuncio di Paolo, l’annuncio che ci dà vita a tutti. Questo Vangelo è il compimento delle promesse ed è la salvezza offerta a tutti gli uomini».
Proprio per questo, l’Apostolo delle genti inizia a preoccuparsi per i Galati, che sembrano tentati da dottrine “esotiche”: «davanti a un dono così grande che è stato fatto ai Galati, l’Apostolo non riesce a spiegarsi come mai essi stiano pensando di accogliere un altro “vangelo”, forse più sofisticato, più intellettuale… un altro “vangelo”. È da notare comunque che questi cristiani non hanno ancora abbandonato il Vangelo annunciato da Paolo. L’Apostolo sa che sono ancora in tempo a non compiere un passo falso, ma li ammonisce con forza, con tanta forza». Essi subiscono, infatti, le pressioni dei predicatori “giudaizzanti”, cioè coloro che ritenevano necessario riappropriarsi delle prescrizioni mosaiche. I cristiani della Galazia «non conoscono ancora la complessità della Legge mosaica e l’entusiasmo nell’abbracciare la fede in Cristo li spinge a dare ascolto a questi nuovi predicatori, illudendosi che il loro messaggio sia complementare a quello di Paolo. E non è così. L’Apostolo, però, non può rischiare che si creino compromessi su un terreno così decisivo. Il Vangelo è uno solo ed è quello che lui ha annunciato; un altro non può esistere».
Il Santo Padre ritiene necessario, a questo punto, un chiarimento: «Paolo non dice che il vero Vangelo è il suo perché è stato lui ad annunciarlo, no! Questo non lo dice. Questo sarebbe presuntuoso, sarebbe vanagloria. Afferma, piuttosto, che il “suo” Vangelo, lo stesso che gli altri Apostoli andavano annunciando altrove, è l’unico autentico, perché è quello di Gesù Cristo», da loro conosciuto di persona. Ecco allora il doppio “anatema” nei confronti di chi predica un Vangelo differente: «insomma, su questo punto l’Apostolo non lascia spazio alla trattativa: non si può negoziare. Con la verità del Vangelo non si può negoziare. O tu ricevi il Vangelo come è, come è stato annunciato, o ricevi un’altra cosa. Ma non si può negoziare, con il Vangelo. Non si può scendere a compromessi: la fede in Gesù non è merce da contrattare: è salvezza, è incontro, è redenzione. Non si vende a buon mercato», rimarca con forza il Pontefice. Di fronte alla necessità di preservare l’integrità dell’annuncio cristiano, non esiste l’attenuante della “buona fede”, che si rivela subito “mala” non appena Paolo viene accusato di eresia dai nuovi venuti: «i nemici di Paolo sembrano essere animati dalla fedeltà alla tradizione ricevuta dai padri e ritengono che la fede genuina consista nell’osservanza della Legge. Davanti a questa somma fedeltà giustificano perfino le insinuazioni e i sospetti su Paolo, ritenuto poco ortodosso nei confronti della tradizione. Lo stesso Apostolo è ben cosciente che la sua missione è di natura divina – è stata rivelata da Cristo stesso, a lui! – e quindi è mosso da totale entusiasmo per la novità del Vangelo, che è una novità radicale, non è una novità passeggera: non ci sono vangeli “alla moda”, il Vangelo è sempre nuovo, è la novità» che non tramonta.
Il 4 agosto 2020 il sole era, invece, tramontato sulle rovine ancora fumanti di Beirut, semidistrutta da un’esplosione avvenuta nel porto della capitale libanese. «A un anno dalla terribile esplosione avvenuta nel porto di Beirut, capitale del Libano, che ha provocato morte e distruzione, il mio pensiero», dice Francesco, «va a quel caro Paese, soprattutto alle vittime, alle loro famiglie, ai tanti feriti e a quanti hanno perso la casa e il lavoro, e tanti hanno perso l’illusione di vivere». Rievoca la giornata di preghiera dello scorso 1 luglio e «oggi faccio appello anche alla Comunità internazionale, chiedendo di aiutare il Libano a compiere un cammino di “risurrezione”, con gesti concreti, non soltanto con parole, ma con gesti concreti. Auspico che in tal senso sia proficua la Conferenza in via di svolgimento, promossa dalla Francia e dalle Nazioni Unite». Il Pontefice aggiunge un suo personale auspicio: «cari Libanesi, il mio desiderio di venire a visitarvi è grande, e non mi stanco di pregare per voi, perché il Libano ritorni a essere un messaggio di fratellanza, un messaggio di pace per tutto il Medio Oriente». La Chiesa è una, come il Vangelo annunciato: quando un membro soffre, tutte le altre membra del corpo ecclesiale soffrono con esso. Il Santo Padre affida tutti i presenti alla Salus Populi Romani, l’icona più venerata della basilica romana di S. Maria Maggiore, di cui il 5 agosto ricorrerà la festa della Dedicazione.
Mercoledì, 4 agosto 2021