Di Giulio Meotti da Il Foglio del 06/11/2021
“Sono andata a lavorare come sempre e ho visto gli adesivi in tutto il mio edificio sulla ‘merda transfobica che esce dalla bocca di Kathleen Stock’. E’ stato angosciante, ma il giorno dopo è peggiorato”.
Parla così per la prima volta alle tv inglesi Kathleen Stock dopo le dimissioni da docente di Filosofia all’Università del Sussex. Del suo caso ha parlato tutta la stampa europea. La sua “colpa”? Criticare l’identità di genere e sostenere, da femminista classica, che questa non può cancellare la differenza sessuale. Mentre camminava verso il campus dalla stazione ferroviaria, Stock si è trovata di fronte a una serie di manifesti che ne chiedevano il licenziamento.
“Stavano facendo esplodere dei petardi… E poi un uomo con un passamontagna, tutto di nero, che assomigliava a un antifa. L’immagine era intimidatoria: teneva in mano un enorme striscione con la scritta ‘Stock out’, mentre accendevano razzi rosa e blu perché quelli sono i colori della bandiera transgender. Sono andata di corsa alla stazione, ho preso il treno per tornare a casa, ho provato a tenere una lezione su Zoom, ma sono scoppiata in lacrime. Era l’inizio della fine della campagna per cacciarmi”.
Stock continua: “La teoria dell’identità di genere è egregiamente falsa. E’ terribile, pseudo-filosofia e fallirebbe un esame del primo anno”. Dice che è colpa degli accademici, non degli studenti. “Molti di questi accademici contribuiscono a creare un ambiente in cui stanno accadendo cose piuttosto terribili, ad esempio, ai bambini nelle cliniche per l’identità di genere. Posso capire perché avessero interesse a chiudermi la bocca”. Il trauma delle aggressioni è profondo. “Mi è stato consigliato di rimanere a casa per la mia protezione. La polizia è arrivata”. Gli attivisti hanno festeggiato le sue dimissioni. “La strega è morta!”. Il problema è profondo e va ben oltre il caso Stock. Raccontava ieri al Financial Times Arif Ahmed, un filosofo di Cambridge che si batte per la libertà di parola nelle università: “Noto una grande differenza tra oggi e dieci anni fa, quando nessuno pensava che il proprio lavoro potesse essere in pericolo per quello che diceva… Ora siamo in una situazione in cui, come è successo a Kathleen Stock e come ho sperimentato qui a Cambridge, la gente dice in privato di sostenerti, ma poi non lo fa pubblicamente”. Con la strega sta morendo anche la libertà di espressione.