Amiamo perché siamo stati pre-amati
di Michele Brambilla
Papa Francesco spiega ai fedeli dell’Angelus del 20 febbraio che «nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù dà ai discepoli alcune indicazioni fondamentali di vita. Il Signore si riferisce alle situazioni più difficili, quelle che costituiscono per noi il banco di prova, quelle che ci mettono di fronte a chi ci è nemico e ostile, a chi cerca sempre di farci del male». Nei confronti di costoro «Gesù dice: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano” (Lc 6,27). E ancora più concreto: “A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra” (Lc 6,29). Quando noi sentiamo questo, ci sembra», però, «che il Signore chieda l’impossibile», umanamente e socialmente, dato che la nostra idea di giustizia esige che il malvagio sia punito con severità.
Il Papa invita a riflettere proprio sul senso di ingiustizia che a volte ci pervade quando ascoltiamo alcune parole del Signore e precisa: «durante la Passione, nel suo ingiusto processo davanti al sommo sacerdote, a un certo punto riceve uno schiaffo da una delle guardie. E Lui come si comporta? Non lo insulta, no, dice alla guardia: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?» (Gv 18,23). Chiede conto del male ricevuto. Porgere l’altra guancia non significa», allora, «subire in silenzio, cedere all’ingiustizia. Gesù con la sua domanda denuncia ciò che è ingiusto. Però lo fa senza ira, senza violenza, anzi con gentilezza. Non vuole innescare una discussione, ma disinnescare il rancore, questo è importante: spegnere insieme l’odio e l’ingiustizia, cercando di recuperare il fratello colpevole. Non è facile questo», riconosce il Santo Padre, «ma Gesù lo ha fatto e ci dice di farlo anche noi. Questo è porgere l’altra guancia: la mitezza di Gesù è una risposta più forte della percossa che ha ricevuto. Porgere l’altra guancia non è il ripiego del perdente, ma l’azione di chi ha una forza interiore più grande».
Il Pontefice affronta una seconda obiezione: è davvero possibile amare i propri nemici? «Se dipendesse solo da noi, sarebbe impossibile. Ma ricordiamoci che, quando il Signore chiede qualcosa», allo stesso tempo «vuole donarla. Mai il Signore ci chiede qualcosa che Lui non ci dà prima. Quando mi dice di amare i nemici, vuole darmi la capacità di farlo. Senza quella capacità noi non potremmo, ma Lui ti dice “ama il nemico” e ti dà la capacità di amare. Sant’Agostino pregava così – ascoltate che bella preghiera questa –: Signore, “dammi ciò che chiedi e chiedimi ciò che vuoi” (Confessioni, X, 29.40), perché me lo hai dato prima. Che cosa chiedergli? Che cosa Dio è contento di donarci? La forza di amare, che non è una cosa, ma è lo Spirito Santo», che agisce in noi fin dal Battesimo.
Allora «la forza di amare è lo Spirito Santo, e con lo Spirito di Gesù possiamo rispondere al male con il bene», come ha fatto Lui. «E noi», chiede il Papa, «proviamo a vivere gli inviti di Gesù? Pensiamo a una persona che ci ha fatto del male. Ognuno pensi a una persona. È comune che abbiamo subito il male da qualcuno, pensiamo a quella persona. Forse c’è del rancore dentro di noi. Allora, a questo rancore affianchiamo l’immagine di Gesù, mite, durante il processo, dopo lo schiaffo. E poi chiediamo allo Spirito Santo di agire nel nostro cuore», affinché si estingua l’odio e germogli, ancora una volta, l’amore.
Martedì, 22 febbraio 2022