Da L’Osservatore Romano del 10/03/2022
Il Vangelo è ancora in grado di parlare all’essere umano? Una domanda cruciale, soprattutto in questo momento storico. Una domanda che pone un problema enorme in un mondo globalizzato e sempre più virtuale, dove ogni cosa è messa in discussione: dall’identità umana alla nozione stessa di realtà. Questa domanda è stata al centro dell’intervento tenuto ieri dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato — presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino – Angelicum — al convegno “Ditelo sui tetti” (Mt 10, 27), organizzato da Associazioni del laicato cattolico italiano per una “Pubblica agenda sussidiaria e condivisa”.
L’incontro, al quale ha preso parte anche il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha voluto lanciare un appello affinché il mondo cattolico non rinunci a far sentire la propria voce nella società e nella politica.
Da qui bisogna ripartire: dalla ricerca di Dio che abita nel cuore dell’uomo, segno dell’apertura all’amore. «Quest’amore, questa misericordia infinita di Dio per l’uomo — per ogni uomo concreto, qui ed oggi — non è una pura idea, una filosofia o uno dei tanti umanesimi che hanno attraversato la storia. Questo amore è all’origine di tutto ciò che esiste e ha impresso il suo sigillo nella creazione intera, che ne costituisce la sua prima manifestazione», ha spiegato Parolin.
Il Logos si è fatto carne; l’avvento di Cristo perfeziona la sintesi Veterotestamentaria portandola a compimento. La sfida di fronte alla quale ci si trova oggi — ha proseguito il porporato — è che «questa stessa sintesi è rimessa in discussione e in alcune parti espressamente rifiutata, senza però produrre un modello alternativo, filosoficamente fondato o dotato almeno di una seria base culturale. Siamo in presenza di un travaglio profondo, che tocca le stesse radici dell’essere umano nelle sue dimensioni fondamentali e che tenta di erodere le categorie previe senza proporne di nuove, un distruggere senza costruire, nella menzogna o nell’illusione di presentare come evoluzione un processo che altro non è che un impoverimento e un indebolimento dell’essere umano».
Ecco allora che uscire da tale crisi epocale significa avere il coraggio di definire un’agenda «di ispirazione cristiana» per riscoprire l’uomo e il suo ruolo. Questa agenda deve essere fondata su tre pilastri: una ragione “allargata”, la centralità della dignità umana e il valore della bellezza. È il trittico su cui si fonda la visione antropologica cristiana.
La ragione, ha detto il relatore, è «un concetto che va oltre gli angusti confini entro i quali vorrebbe relegarlo un atteggiamento falsamente scientifico, che riduce e limita la ragione all’ambito angusto di ciò che è verificabile solo attraverso l’esperimento». Tale riduzione «non è solo contraria a ciò che è propriamente “scientifico”, ma anche a ciò che è essenzialmente “ragionevole” e arriva in fondo ad umiliare la ragione stessa, sottraendole l’ambito delle grandi domande sul senso dell’esistenza umana». Al contrario, la vera ragione è una ragione aperta, che pone la dignità umana al centro del suo interesse. Ragionevolezza e dignità umana sono intrinsecamente connessi. La Chiesa cattolica — ha sottolineato il segretario di Stato — «ha un suo parametro per misurare la dignità dell’uomo; un parametro altissimo che, se non ci provenisse dalla stessa Rivelazione cristiana, sarebbe altrimenti indicibile: questo parametro è la vita stessa di Dio. La dignità umana, ovvero il valore di ogni uomo in quanto tale, è misurato dalla passione di Cristo, dal Suo sangue versato per noi». È questo un punto «sul quale ha molto — e giustamente — insistito il presidente Mattarella nel discorso tenuto di recente al Parlamento in seduta comune in occasione della sua rielezione. Parlando della dignità, egli è andato al cuore stesso del discorso antropologico».
Alla ragionevolezza e alla dignità umana, che sono parametri di carattere filosofico ed etico, si deve però aggiungere un terzo criterio: la bellezza. «Ed è per questo che all’uomo si addicono soltanto cose molto belle — ha osservato il cardinale —! È cosa molto bella infatti che una donna partorisca il figlio, sempre. E se anche dovesse farlo in condizioni precarie, se anche non lo avesse pianificato o se fosse addirittura malato, resta una cosa molto bella che una madre lo dia alla luce. Sempre. E quanto più l’accoglienza del figlio implicherà sacrificio, tanto più la scelta in favore della vita sarà bella e nobile».
Ragione, dignità umana e bellezza sono i punti da cui i cristiani devono ripartire per ispirare pensieri e opere in seno al contesto sociale, «e così incidere non soltanto a livello privato, ma anche pubblico e politico». Per fare questo, secondo il cardinale Parolin, bisogna anzitutto interrogarsi sul senso della laicità superandone un’accezione superficialmente oppositiva alla religione. Occorre invece sviluppare una concezione della laicità «nel senso di una collaborazione e di un arricchimento dello Stato e dello Stato-comunità in particolare, proprio grazie alla religione». È solo nel solco di questa laicità “autentica” che «può fiorire quella politica “migliore” di cui parla Papa Francesco nel capitolo v dell’enciclica Fratelli tutti». Una politica migliore perché autenticamente populista, cioè animata da un vero «amore politico». Solo questo amore può davvero cambiare le cose.