Mauro Ronco, Cristianità n. 411 (2021)
Relazione, rivista e annotata, al convegno Per la maggior gloria di Dio, anche sociale. In memoria di Giovanni Cantoni (1938-2020), organizzato il 25-9-2021 a Piacenza, nella Sala di Palazzo Galli, da Alleanza Cattolica, da Cristianità e dall’IDIS, l’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale.
1. L’incontro con Giovanni Cantoni
Il 18 gennaio del 2020 ha lasciato la patria terrena Giovanni Cantoni (1938-2020), fondatore all’inizio degli anni 1960 di Alleanza Cattolica e sua guida instancabile fino al 2013, allorché, colpito per due volte da ictus cerebrale, rinunciò alla reggenza dell’associazione.
Ho conosciuto Cantoni nell’estate del 1968. Nei mesi precedenti avevo appreso dell’esistenza di Alleanza Cattolica. Una trentina di giovani, al grido di «Viva Cristo Re», avevano violato, nella primavera, i picchetti violenti del Movimento Studentesco, che occupavano sfrontatamente i locali della gloriosa Università Cattolica di Milano. Costituivano il primo nucleo attivo dell’associazione, formatosi da alcuni anni a Piacenza nella preghiera e nello studio. In quell’estate, accompagnato da Agostino Sanfratello, conobbi a Piacenza Giovanni. Mi affascinò per la sua attitudine seria e benigna. I due termini designano bene la sua personalità. Serietà è la consapevolezza della propria dignità che si traduce in compostezza di atteggiamenti, indicativi del senso della responsabilità e del dovere corrispondenti ai princìpi di rettitudine e di moralità. Cantoni ricordava frequentemente nel suo insegnamento che la Santissima Vergine apparve a Fatima, nel racconto della piccola veggente Lucia dos Santos (1907-2005), in un’attitudine seria, né gioiosa né triste, ma seria. In tutta la sua esistenza egli ha interiorizzato quell’atteggiamento di serietà il cui modello aveva trovato in Nostra Signora.
Attitudine seria, ma insieme benigna. Con questo termine si traduce in italiano una parola ebraica che nella Bibbia evoca la generosità di Dio verso il popolo con cui ha stipulato l’alleanza, disposta a intervenire in ogni occasione a suo sostegno. La benignità di Cantoni si riversò sul suo «popolo» — i militanti di Alleanza Cattolica radunati a uno a uno per le vie dell’Italia ancora profondamente cattolica —, popolo con il quale egli aveva stretto un’alleanza indissolubile. Alleanza Cattolica, appunto, rappresentava, nella mente di Cantoni, un’applicazione storica in hac lacrimarum valle di quel modello divino di alleanza che, annunciata dall’arcobaleno a Noè nei tempi antichi, si è concretizzata nel patto con Israele e definitivamente attuata con la nuova ed eterna Alleanza del Testamento di nostro Signore Gesù Cristo.
2. La paternità di Cantoni
Riconobbi subito in Giovanni Cantoni i tratti della paternità. Oggi la paternità è quasi scomparsa e se ne vedono i tragici effetti. Il padre è la radice; il padre dà stabilità alla famiglia; il padre è garanzia dell’identità personale dei figli. Due secoli di liberalismo hanno soffocato la paternità. Le due guerre mondiali hanno scisso l’unità delle famiglie. Nel secondo dopoguerra, per almeno un decennio, l’insegnamento paterno del venerabile Pio XII (1939-1958) aveva alimentato la speranza di un risveglio familiare. Ma il veleno dell’ideologia, per un verso, e l’affanno della ricostruzione, per altro verso, ostacolarono la ripresa. Mio padre, per esempio, che aveva trascorso come ufficiale medico in vari fronti di guerra l’intero periodo 1940-1945, congedato come capitano medico nel giugno del 1946, si dedicò da allora alla professione in modo eccezionalmente intenso. Egli amava i suoi figli; ma noi lo vedevamo raramente.
Il Sessantotto, con le parole iniziatiche della lotta all’autoritarismo, annichilì definitivamente la paternità. Vidi in Giovanni Cantoni, nelle discussioni piene di fervore dei primi anni, almeno fino al 1973, quando iniziarono le pubblicazioni di Cristianità, i tratti dell’autorità paterna, che spiegava e illustrava le cose, religiose, metafisiche e politiche, che io sentivo vere dentro di me, ma che non ero capace di esplicitare e che egli estraeva maieuticamente da me in un dialogo fecondo che assomigliava al vero dialogo fra padre e figlio.
Non era soltanto la parola a convincermi, ma soprattutto l’esempio. Fui attratto dalla sua calma e dalla sua serenità. Conobbi sua moglie, la dolce Sabina, e fui estasiato dalla intrepida purezza del loro rapporto coniugale. Intravidi la luce del mistero racchiuso nel matrimonio cristiano ove il giuramento reciproco di amore esclusivo e indissolubile dell’uomo e della donna diventa in forza del sacramento concreta ed efficace immagine delle mistiche nozze di Cristo con la sua Chiesa. Ammirai la dedizione alla sua famiglia, intrisa di fervido affetto per i figli, cui però era riuscito con semplicità a far intendere che le cose celesti hanno la precedenza sulle preoccupazioni della vita quotidiana. In breve: io riconobbi in Alleanza Cattolica la mia famiglia. Cantoni si preoccupava come un padre del bene del figlio. Ricordo, fra gli innumerevoli insegnamenti, la sua raccomandazione ad amare veramente sé stessi. A rimedio della dissennatezza dei propositi irrazionali che inducevano talora a trascurare la preghiera e lo studio a vantaggio di azioni politiche sconsiderate, egli ricordava che il comandamento dell’amore dice di amare il prossimo come sé stessi. Dunque, per amare il prossimo, occorre amare sé stessi, cioè trattarsi come enti razionali vocati a conseguire la propria felicità in Dio Santissima Trinità.
3. Cantoni come apostolo di conversione
Fin dai primi incontri Cantoni mi fece comprendere che senza la conversione del cuore a Gesù Cristo Nostro Signore, via verità e vita, ogni nostro sforzo è destinato al naufragio: «Omnia possum in eo qui me confortat» (Fil. 4,13). In Gesù e con l’intercessione di Maria posso compiere le più grandi cose nella dimensione della vita familiare, sociale e politica. Ma — secondo la sequenza dello Spirito Santo — «sine tuo númine, nihil est in hómine nihil est innóxium», «senza il tuo soccorso, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa».
Io per vero non comprendevo bene che cosa fosse la conversione di cui Cantoni, opportune et importune, parlava sempre ai giovani che aderivano alla compagnia. Ero stato educato in una famiglia di rigorosa tradizione cattolica. Nell’infanzia e nell’adolescenza ero stato devoto. Poi la devozione si era annebbiata, ma ero sempre stato fedele al nomen cattolico. Le mie figure ideali erano i cristeros messicani; la società buona era per me quella gerarchica e sacrale di un tempo mitico, non ben focalizzato storicamente, subito dissoltosi. Però mi ero allontanato dalla vita sacramentale. Il cattolicesimo per me era una dottrina — la verità dogmatica, che peraltro non conoscevo affatto — ma non era una vita, non era la mia vita. L’invito alla conversione non lo comprendevo bene. Io ero già cattolico. Che cosa voleva dire convertirsi? Cantoni fu maestro di conversione, per me e per i tanti giovani che si avvicinavano ad Alleanza Cattolica. Il metodo che egli adottò non fu quello dell’«incontro» diretto con Cristo, di cui in quegli anni si avvaleva il servo di Dio monsignor Luigi Giussani (1922-2005) nelle prime esperienze di Comunione e Liberazione. Il metodo che Cantoni adottò non sovvertì mai l’ordine delle essenze: prima la conoscenza; la volontà viene dopo. O meglio: la volontà, anzitutto, come sforzo per conoscere; una volta ottenuta la certezza razionale che Dio esiste e che Dio si è rivelato agli uomini, allora occorre applicare a sé e trasmettere agli altri le cose conosciute per amore di Dio e degli altri: «contemplata aliis tradere» (1), come ripeteva spesso. Non si può amare Dio senza conoscerlo. Nell’ordine delle essenze il Verbo viene prima dell’Amore.
Sul piano pratico Cantoni applicava tale metodo a sé e agli altri con una mirabile umiltà. Siccome eravamo ignoranti in dottrina e non avevamo fatto alti studi teologici — egli diceva — dobbiamo avere la modestia di avvicinarci all’insegnamento più vicino a noi, quello sparso a piene mani dal magistero della Chiesa nell’ultimo secolo, nel corso dell’esplosione delle ideologie progressiste. Poiché siamo dei principianti nella vita spirituale, rivolgiamoci allora a quegli autori che sono stati, soprattutto nell’ultimo secolo, maestri di vita spirituale anche per i principianti. Egli si fece così diffusore paziente dei testi di vita spirituale più solidi e consolidati, in particolare L’anima di ogni apostolato (2), del trappista francese dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935), e La vita interiore semplificata (3), del certosino savoiardo dom François de Sales Pollien (1853-1936). Questi autori hanno semplificato per i principianti del nostro secolo barbaro l’inesauribile ricchezza della spiritualità degli ordini religiosi contemplativi. Poi, la scoperta più preziosa di tutte: i corsi di esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) secondo il metodo del padre Francisco de Paula Vallet (1883-1947), condensati in cinque giorni. Con perseveranza Cantoni raccomandava a tutti di partecipare agli esercizi per attuare la piena conversione del cuore e per riconoscere la propria vocazione di combattente per Cristo Re e Maria Regina.
In quegli anni eroici per Alleanza Cattolica — il comunismo sembrava alle porte e la sovversione dei costumi erodeva implacabilmente la disposizione naturaliter christiana della natura umana — resistere all’impeto distruttivo delle violente ondate della Rivoluzione era assai arduo. Il pensatore e uomo d’azione brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), cui Cantoni faceva riferimento come a un maestro anche nella vita spirituale, parlava in quegli anni del pericolo incombente della «bagarre rossa» — termine con cui intendeva il tempo della barbarie comunista — e dell’attualità di una «bagarre azzurra», consistente nel sempre più intricato affollarsi di spine — le preoccupazioni lavorative, le distrazioni mondane, i divertimenti, il desiderio di successo, i contrasti e le afflizioni familiari — che soffocavano la maturazione del buon seme gettato dal Seminatore celeste (cfr. Lc. 8,4-15). Giovanni Cantoni ispirò a tutti come rimedio contro la mondanità e come alimento al fervore la devozione mariana soprattutto secondo lo spirito di san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716). L’associazione fu consacrata al Cuore Immacolato di Maria in occasione del Capitolo Generale Straordinario, tenuto a Roma il 10 e l’11 ottobre 1981, come viatico per la consacrazione individuale, che venne lasciata alla responsabilità di ciascun militante.
Cantoni fu maestro eccelso nella lettura e nella diffusione del messaggio conferito alla Chiesa e all’umanità intera dalla Santa Vergine Madre di Dio a Fatima nel 1917. Egli contribuì in modo mirabile all’inquadramento del messaggio all’interno della visione di teologia della storia presente in tutta la tradizione della Chiesa. La Madonna — diceva— ha pregato a Fatima per la salvezza della società tentata dal «serpente antico» con le ideologie moderne, soprattutto con il comunismo, esercitando con ciò una vera e propria direzione spirituale nei riguardi dell’intera umanità. Il messaggio è diretto alla singola persona per la sua salvezza individuale affinché sia preservata dall’inferno personale; è diretto alle nazioni per la loro salvezza storica dall’inferno terreno del comunismo; è diretto alla Chiesa affinché, purificata dal peccato dei suoi membri, soprattutto dei pastori che tralignano dalla verità, torni a splendere in tutto il fulgore di sposa di Cristo. Cantoni spargeva il suo insegnamento generosamente in una prospettiva non miracolista, bensì realistica, indirizzata al cambiamento radicale del cuore dei militanti. Come egli spesso diceva citando un proverbio popolare: «aiutati che Dio ti aiuta». Se tu puoi fare qualcosa di concreto per dilatare il regno di Dio, prima nel tuo cuore, poi nella tua famiglia, indi nella società intera, allora non ti mancherà l’aiuto di Dio per dare compimento ai tuoi gesti, anche a quelli più apparentemente insignificanti. Ma se tu resti inerte a lamentarti del presente stato di cose, evocando sterilmente con un astratto «bisognerebbe» — espressione che tanto irritava Cantoni —, un irrealizzabile cambiamento delle cose, allora le tue parole saranno vane perché non sono accompagnate da opere conseguenti.
4. Cantoni come interprete della storia
Ho fin da giovanissimo coltivato un forte interesse per la storia. Quasi mi ero disgustato a studiarla sia perché la storiografia dominante, per lo più di impostazione marxista, tendeva a gettare sul passato uno sguardo colmo di risentimento, sia perché non riuscivo a coglierne i significati profondi, al di là della serie innumerevole di fatti. Incontrai in Giovanni Cantoni colui che mi aiutò a rintracciare il «filo rosso» che consente di comprendere il significato unitario degli eventi storici, in qualche modo il significato della storia alla luce della presenza benefica in essa della Provvidenza. Penetrando nelle profondità della storia Cantoni ha mostrato l’insufficienza della prospettiva puramente tradizionalistica, che rischiava di sfociare in un archeologismo che sottrae slancio a chi vuol dare testimonianza alla verità nelle tempeste del mondo. Egli ha saputo introdurre una chiave preziosa nella lettura relativa alla dinamica della Rivoluzione, traendola dallo studio del sommo genio italiano Giambattista Vico (1668-1744). La storia è un perpetuo oscillare tra corsi e ricorsi, tra cicli di ascesa e cicli di decadenza al cui interno la Provvidenza sa trarre il bene dal male secondo l’aurea Degnità VII della Scienza Nuova seconda, che prova «[…] esservi Provvedenza divina; e che ella sia una Divina Mente Legislatrice; la quale delle passioni degli uomini tutti attenuti alle loro private utilità, per le quali viverebbono da fiere bestie dentro le solitudini, ne ha fatto gli ordini civili, per gli quali vivano in Umana Società» (4).
Nel nostro tempo si consuma una fase acuta del ciclo di decadenza, quello in cui — come ricordava Cantoni in una delle sue innumerevoli lezioni — i guasti diffusi dalla «barbarie della riflessione» (5) sono ben più irreparabili di quelli provocati dalla «prima barbarie del senso» (6). Ma, pervenuti allo stadio ultimo della «barbarie della riflessione», per aver negato gli uomini il lume della ragione e smarrito la traccia del diritto naturale, la Provvidenza esercita il suo «ultimo rimedio», volto a far sì che gli uomini, non sentendo più agi e delicatezze, ma soltanto le utilità indispensabili alla vita, ritornino per necessità alle virtù della semplicità e della modestia, divenendo nuovamente socievoli gli uni con gli altri. Rifioriranno allora «la pietà, la fede, la verità, che sono i naturali fondamenti della giustizia e sono grazie e bellezze dell’ordine eterno di Dio» (7).
Cantoni ha sempre letto la storia della modernità, la cui dominante è la Rivoluzione nelle sue varie fasi, nella prospettiva del ricorso, ovvero del nuovo percorso ascetico che l’umanità dovrà compiere con l’aiuto della Provvidenza per la restaurazione della civiltà cristiana. Non importa quanto sarà impervia la strada della risalita e lunga la durata del tempo necessario per compierla. Il suo sguardo era sempre rivolto all’ascesa: per questo motivo egli non cessava di orientare le modalità di esistenza dell’associazione calando i problemi dell’oggi nell’orizzonte storico della Contro-Rivoluzione. Più che insistere nel descrivere il processo di decadenza — certo non da trascurarsi — era però indispensabile per lui riflettere sulle vie della risalita, non vagheggiando utopisticamente cose impossibili, bensì studiando accuratamente gli esempi storici offerti dagli uomini e dalle donne che si sono mirabilmente opposti alla Rivoluzione anche nei momenti più bui e tenebrosi.
Grazie al suo sguardo e al suo incitamento tutta Alleanza Cattolica si è aperta alla comprensione della storia, generando nel suo seno anche studiosi della statura di Marco Tangheroni (1946-2004), senza dimenticare Francesco Pappalardo, Massimo Introvigne, Oscar Sanguinetti, Renato Cirelli, Marco Invernizzi, Paolo Martinucci e tanti altri: tutti operosamente rivolti a valorizzare i germi di Contro-Rivoluzione che il furore della Rivoluzione ha schiacciato e che una storiografia compiacente al processo di decadenza ha colpevolmente obliato o — peggio — denigrato o addirittura calunniato.
Nell’opera di ricostruzione della storia Cantoni è stato veramente grande. Quasi nulla è rimasto inesplorato alla sua ricerca, che si è fecondamente irradiata in tutta Alleanza Cattolica. È difficile riassumere in poche parole la grandiosità del disegno ricostruttivo di Cantoni, che ha ripercorso le forme di resistenza della Cristianità orientale contro la pressione islamica nel primo millennio cristiano e la formazione della Cristianità occidentale a partire dall’incontro dei monaci di Occidente con i popoli provenienti dal Settentrione e dall’Asia. Descrivendo il distendersi della guerra nata dall’islam sull’Europa, Cantoni ha coniato l’immagine veridica dell’Europa assediata, tanto come luogo geografico quanto come luogo spirituale. Egli ha così rovesciato il falso stereotipo della Cristianità aggressiva verso il resto del mondo, elaborato artificiosamente dalla storiografia dei Lumi per denigrare la Cristianità romana. Per più di un millennio l’islam non ha dato pace alla Cristianità, prima riducendo in servitù le Cristianità d’Oriente e ostacolando le vie di evangelizzazione verso l’Asia; successivamente, desertificando l’Africa settentrionale, invadendo la Spagna e insidiando, con il saccheggio dei beni e il rapimento della popolazione, le terre greche e la Penisola Italiana. Cantoni ha riportato nella giusta luce la Reconquista ispanica; l’immenso sforzo dei crociati d’Occidente per riaprire la via dei Luoghi Santi; la coraggiosa difesa del Mediterraneo dalle razzie e dalle scorrerie barbaresche e ottomane nei due secoli e mezzo successivi alla tragica caduta di Bisanzio in mano islamica, difesa compiuta per merito di Venezia, della Spagna e di Genova. Infine, ha dato l’impulso, soprattutto in occasione del quinto centenario dell’inizio dell’evangelizzazione delle Americhe, allo studio amorevole della Cristianità ibero-americana, nata dall’intento evangelizzatore e fiorita sotto la protezione del mantello della Vergine di Guadalupe (8).
Alleanza Cattolica ha così dato vita a una cultura storica di notevole spessore destinata a fruttificare nel tempo se i suoi aderenti sapranno seguire la via tracciata dal maestro.
Tutta la storia della modernità è stata approfondita: dall’esame della Rivoluzione protestante alla critica implacabile della francese e delle sue premesse culturali; dalla denuncia delle guerre di sterminio di Napoleone Bonaparte (1769-1821) in Italia alla riscoperta e alla valorizzazione delle insorgenze dei popoli dell’Italia e dell’Europa cattoliche. La denuncia dell’ingiustizia contro la Chiesa e contro gli Stati italiani annessi con la violenza e con la frode, soprattutto la distruzione di Napoli e del suo regno, «al di qua e al di là del faro», sono stati oggetto di approfondimento storico grazie all’impulso e all’energia instancabile di Cantoni studioso di storia. La sua intenzione storica si è consolidata da ultimo nella ricerca dell’«Europa fuori dall’Europa», per indicare l’ampiezza dell’opera di evangelizzazione che si è dilatata dal centro romano della Cristianità al mondo intero (9).
Infine, egli è stato protagonista della resistenza culturale e politica al comunismo. La denuncia dell’intrinseca sua menzogna ideologica e del totalitarismo oppressivo che ne è la inevitabile conseguenza hanno impegnato l’associazione in modo intenso fino — e anche oltre — al crollo del muro di Berlino e all’implosione del sistema comunista sovietico. Non vi è stato, invero, tema storico che avesse relazione con la Rivoluzione che non abbia sollecitato la sua attenzione e il suo studio e non abbia costituito oggetto del suo insegnamento a beneficio non soltanto dei militanti dell’associazione, ma anche degli studiosi interessati ad approfondire questo o quel settore della storia della modernità.
Vi rivelo una cosa. Cantoni e Alleanza Cattolica hanno avuto parte significativa nella liberazione dell’Albania dal giogo comunista. Ne è testimonianza la lettera di ringraziamento ad Alleanza Cattolica inviata dal primo presidente non comunista di quel popolo così caro e vicino agli italiani.
5. Cantoni come filologo, come scrittore, curatore di testi di cultura e come editore di Cristianità
A tutti i militanti di Alleanza Cattolica è noto che Cantoni era rigoroso nei suoi scritti e nei suoi interventi e pretendeva che tutti i collaboratori si esercitassero nella virtù della paziente acribia critica delle fonti e delle informazioni. Egli voleva con ciò non soltanto seguire la via dell’onesto ricercatore scientifico, ma anche tracciare un itinerario ascetico per la formazione di uomini e donne capaci di affrontare le sfide della modernità.
Quando si osserva il mondo della scienza e della cultura — che poi influisce sulla politica e sulla comunicazione — ci si rende conto — e Cantoni se ne rendeva conto con grande perspicacia — che fra le ragioni che spiegano il trionfo storico dei cattivi vi sono la negligenza e la superficialità dei buoni. Questi ultimi, avendo il dono della fede, credono spesso di potersi esimere dal duro lavoro di scavo filologico che sta a fondamento delle scienze e, in particolare, delle cosiddette scienze umane: il diritto, la politica, la sociologia, l’economia. Molti perciò si accontentano, nell’impegno di contrastare le tesi false, dominanti nello studio delle scienze umane, di enunciare qualche principio, di citare vecchi scritti, magari di buono spirito, ma superati dalle ricerche scientifiche successive. Questo atteggiamento superficiale fa precipitare lo scrittore di buona lega ideale nell’abisso del discredito scientifico.
Ecco allora lo sprone di Cantoni rivolto a far comprendere a tutti i militanti che le tesi fondamentali della Contro-Rivoluzione, già in sé e per sé molto ostiche al sentimento di orgoglio diffuso nella modernità, fossero esposte con un rigore scientifico che impedisse al nemico di discreditarle per il modo superficiale o approssimativo della loro esposizione e presentazione.
Alla cura filologica si è accompagnata una instancabile scoperta di testi religiosi, politici, storici, che egli ha proposto ai militanti e a tutti gli uomini di buona volontà con traduzioni impeccabili dalle lingue straniere, con presentazioni accurate, con l’edizione in lingua italiana di molti capolavori dimenticati. Cantoni ha sacrificato in quest’opera silenziosa la sua stessa attitudine di autore originale, preferendo fornire agli altri gli strumenti migliori di formazione, piuttosto che proporre sé stesso come unico — o quasi unico — autore. Egli fu esempio, anche in questo campo, in cui spesso prevale la vanità del ricercatore, dello studioso e del maestro che subordina al bene del discepolo il proprio stesso legittimo desiderio di essere apprezzato e onorato.
Nel quadro di Cantoni editore rientra anche — e forse soprattutto — l’ineguagliabile opera da lui compiuta come direttore e redattore di Cristianità, la rivista ufficiale di Alleanza Cattolica, pubblicata ininterrottamente dal 1973. Se qualche militante lo ha aiutato in questo compito, soprattutto negli ultimi quindici anni prima della malattia, è però vero che quasi tutto l’immenso lavoro redazionale è gravato sulle sue spalle, che ha potuto compierlo soltanto grazie a un immenso sacrificio, sostenuto — ne sono convinto — dall’ausilio della Vergine Santissima. Esaminando nel dettaglio la storia di Cristianità, non si può non ricorrere alla categoria del miracolo: La rivista, invero, è stata sempre al passo con lo svolgersi degli eventi, ha svolto un’opera di alta divulgazione scientifica, ha avuto un forte impatto politico: è vissuta per decenni, senza il minimo finanziamento, grazie all’indefesso sacrificio del suo direttore e redattore e all’umile servizio dei militanti di base dell’associazione.
6. Cantoni come precursore del Rinascimento d’Italia
Il nostro Paese presenta alcuni caratteri peculiari che non si rinvengono in alcun’altra nazione del mondo. Provo a enunciarne alcuni in breve: I) l’Italia è il luogo in cui provvidenzialmente ha posto la sua sede il Papato; II) l’Italia è il luogo in cui hanno avuto origine i grandi fattori di incivilimento che hanno portato all’apogeo del Medioevo: il fervore di progresso materiale, civile e religioso delle corporazioni delle arti e dei mestieri che dettero vita alla fioritura di innumerevoli città governate da statuti di uomini liberi; III) l’Italia è la sede delle grandi repubbliche marinare: Venezia, Genova, Pisa ed Amalfi, che hanno mantenuto aperti i canali di comunicazione fra l’Asia, il Medio Oriente e l’Europa; IV) l’Italia è la sede ove magnificamente e ineguagliabilmente si sono sviluppate le arti e le scienze; ove le città sono state edificate come opere d’arte con il risparmio del superfluo di tutte le categorie sociali, ove le cattedrali e gli edifici destinati all’esercizio del potere civile sono stati oggetto della creatività dei più insigni architetti, scultori, pittori, artigiani di tutti i tempi; V) l’Italia ha generato insigni capitani d’arme che hanno combattuto in difesa dell’impero cristiano d’Occidente; VI) l’Italia ha sempre gelosamente conservato la fede cattolica, resistendo all’offensiva e all’infiltrazione protestante; VII) l’Italia ha sempre fondato la sua unità sulla fede, sulla religione e sui beni che da esse discendono, generando un senso comune realistico, per cui, sotto la guida della Provvidenza divina, la nazione intera ha vissuto la sua esistenza nella consapevolezza che senza religione, matrimoni solenni e rispetto delle tradizioni familiari ogni società è destinata a perire; VIII) l’Italia è il luogo in cui nacquero le Università, quella di Medicina e, in particolare, quella di Diritto, in cui, grazie allo studio delle leggi romane, le menti si aprirono a coltivare la giurisprudenza della naturale equità.
Cantoni ha radicato la sua fondazione e, poi, tutta l’azione di Alleanza Cattolica su questi princìpi e sulla convinzione che il nostro Paese potrà rinascere soltanto se essi ritorneranno: essi sono veri; essi sono il principio dell’incivilimento di ogni nazione; essi hanno costituito in concreto la causa della grandezza dell’Italia nei secoli.
L’enunciazione magistrale dell’ideale d’Italia di Cantoni è scolpita nell’introduzione all’opera di Corrêa de Oliveira Rivoluzione e Contro-Rivoluzione apparsa per le edizioni di Cristianità nel 1972 (10). In quel saggio denso e incisivo premesso al testo è declinata l’interpretazione della storia italiana degli ultimi due secoli. In esso si coglie il conflitto tra Rivoluzione e Contro-rivoluzione nella dinamica concreta degli eventi drammatici che hanno segnato la storia d’Italia: la frattura inconciliabile fra l’élite, prima nobiliare e poi borghese, e il popolo italiano; il tragico errore del Risorgimento, che non fu percepito neanche da alcuni eccelsi ingegni cattolici, e che soltanto la sapienza del magistero petrino seppe denunciare e trafiggere; il tradimento di una parte del laicato cattolico che venne a patti con il liberalismo; l’inganno del fascismo, che venne considerato con superficialità dal laicato cattolico e non fu combattuto con l’arma della verità; lo spreco dell’occasione storica offerta dal risveglio anticomunista del 1948, che aveva dimostrato, pur dopo il logorio della guerra e le divisioni recate nella società dalle ideologie, che un popolo autenticamente cattolico ancora esisteva nel nostro Paese; il cedimento vile e inerte di una parte cospicua del laicato cattolico alla cultura azionista e socialcomunista; le pattuizioni della Democrazia Cristiana con il Partito Comunista Italiano per garantirsi una sopravvivenza parassitaria a scapito del popolo italiano.
L’Italia sarebbe potuta rinascere anche sul piano politico soltanto se una cultura, alternativa a quella infiltratasi per dissolvere l’unità popolare con i veleni dell’individualismo, dell’edonismo, del socialismo e del totalitarismo, fosse rinata grazie a un impegno rinnovato per il bene comune, nuovamente fondato sul valore della religione, della famiglia e dell’amore per le tradizioni sante della patria.
L’analisi formulata da Cantoni nel 1972 — e riproposta immutata cinque anni dopo (11) — è rimasta insuperata. Vi sono stati momenti, successivi all’implosione del comunismo in Unione Sovietica, in cui la ripresa del Paese si sarebbe potuta reimpostare. Cantoni ha con umiltà ricercato e incontrato uomini e donne con cui percorrere insieme i primi tratti di un cammino in ascesa. Gli sforzi compiuti, non coronati purtroppo da esiti favorevoli, non hanno affatto demoralizzato Cantoni, il quale ha da allora sempre più invitato i militanti di Alleanza Cattolica al realismo, prospettando loro la meritorietà di un’azione realizzata disinteressatamente per il bene comune e, in primis, per la diffusione di una cultura realistica, che si opponga effettivamente a quella contraddittoria congiunzione fra soggettivismo idealista e materialismo dialettico che connota la vita politica contemporanea; altri, magari fra centinaia di anni, raccoglieranno i frutti del seme gettato oggi per il rinascimento d’Italia; ma se nessuno oggi getta il seme, è certo che domani non vi saranno frutti.
Cantoni in questa sua veste di precursore del Rinascimento d’Italia ha in particolare dimostrato, con l’esempio inconfutabile della storia, che nessun compromesso è ammissibile sul piano dei princìpi. Nel compromesso l’errore divora a poco a poco la verità. Sul piano delle utilità i compromessi sono necessari e talora buoni, anche perché inducono alla rinuncia di qualcosa di materiale. Sul compromesso in ordine alle utilità, preservati i princìpi, si potrà forse costruire in un futuro una federazione di gruppi politici tutti ispirati alla preservazione della vera religione, alla promozione della famiglia naturale feconda ed educatrice delle nuove generazioni; alla pratica dell’equità nella divisione delle risorse materiali. Questa la lezione di Cantoni.
7. Cantoni come profeta
Profeta è colui che rappresenta con la forza della parola e con la trasparenza della condotta di vita la verità delle cose o, più esattamente, la verità della condizione esistenziale e storica in cui si trova a condurre la propria esistenza. Tutti conosciamo l’importanza che il profetismo ha avuto nell’Antico Testamento. Sarebbe assurdo pensare che nell’economia del Nuovo si sia perduto il profetismo, giacché nella Nuova Alleanza si esprimono in attualità e pienezza le potenzialità dei carismi rappresentati nell’Antico Testamento. V’è di ciò conferma espressa in san Paolo, che menziona la varietà dei doni nell’unità dello Spirito: «Infatti, a uno è data, dallo Spirito, parola di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue» (1Cor. 12, 4-11).
Il dono della profezia nella Nuova Alleanza è stato un poco oscurato dalla forte accentuazione del ministero sacro sacerdotale. Questo è ovvio. Il sacerdote della Nuova Alleanza è un alter Christus; è Cristo stesso quando agisce nei sacri misteri. Però il dono della profezia è ancora presente nella storia della Chiesa. Profeta è anche il laico, del cui carisma la costituzione conciliare Lumen gentium e il decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem hanno proclamato, ancora una volta, con la massima chiarezza, l’importanza nella vita della Chiesa: il carisma di animare secondo la fede l’ordine temporale.
Non vi sono stati forse profeti nell’economia della Nuova Alleanza? Sì, e molti, in particolare coloro che, uomini o donne, sacerdoti, religiosi o laici, hanno alzato le insegne di Cristo Re e di Maria Regina nelle guerre — culturali e militari — per la difesa della fede e della Cristianità. Alcuni di costoro hanno ricevuto anche riconoscimenti da parte dell’autorità ecclesiastica. Altri sono stati invece perseguitati, molti dimenticati. Non sono forse profeti del Nuovo Testamento i comandanti militari della Vandea e tutti i loro soldati, che cucirono sugli stendardi il Cuore sacratissimo di Gesù e proclamarono alta la sua regalità mentre si esponevano a morte certa intonando i canti sacri di una nobile battaglia? E i combattenti cristeros messicani, abbandonati da tutti, anche dalla gerarchia della Chiesa, che si offrirono a migliaia in olocausto gridando con indomito coraggio in punto di morte — di fronte ai fucili del potere massonico — «Viva Cristo Rey», non sono forse anch’essi dei profeti? E il beato Marco D’Aviano O.F.M. Cap. (1631-1699), con il crocifisso innalzato verso il cielo, che incita i combattenti cristiani a liberare Vienna dall’assedio turco? E Gabriel García y Moreno (1821-1875), presidente dell’Ecuador, ferito a morte dai killer mandati dalle logge, che lancia il grido, prima di morire «Dios no muere»?
Né sono mancati i profeti più vicini a noi, come san Pio da Pietrelcina O.F.M. Cap. (1887-1968), che rinnovò in sé stesso per gran parte della sua vita la passione di Cristo, sospingendo verso il sacrificio le anime elette in riparazione dei peccati di una società che si impaludava nell’edonismo. Né sono mancati i profeti sul piano della cultura nella lotta terribile contro la Rivoluzione. Ricordo per tutti due profeti molto amati da Giovanni Cantoni, Giambattista Vico nel secolo XVIII e Plinio Corrêa de Oliveira nel secolo XX. Vico, anzitutto, che fu talmente grande da saper riproporre in modo rinnovato il diritto naturale classico e cristiano contro lo sfiguramento che del diritto aveva fatto la Rivoluzione protestante: e ciò per la difesa e la promozione della Cristianità, come egli espressamente scrisse al card. Lorenzo Corsini (1652-1740), il futuro Papa Clemente XII (1730-1740), nella lettera di presentazione della prima edizione della sua Scienza nuova, nel 1725. Quindi Plinio Corrêa de Oliveira, che compendiò in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione una sintesi imperitura per la lotta efficace contro la Rivoluzione.
Cantoni fu il profeta che si eresse a denunciare gli errori che la Rivoluzione del Sessantotto ha inoculato nelle coscienze e nella società, infiltrandosi persino dentro il recinto di Santa Madre Chiesa. Cantoni fulminò con sguardo profetico la deriva rivoluzionaria diffusasi con il Sessantotto. La scrittrice di sinistra Dacia Maraini ha scritto nel cinquantesimo anniversario del Sessantotto: «Una grande rivoluzione. Sono cambiati i rapporti sia nella famiglia che nella società. E le leggi, tutte le grandi leggi del mondo civile, fino a quella attuale sul fine vita. Tutto è cominciato a cambiare nel ’68» (12).
Cantoni non solo denunciò, ma spronò un esercito schierato a battaglia contro tutte le deformazioni indotte dal Sessantotto. Il suo impegno ha qualcosa di prodigioso. Il Sessantotto fu la rivoluzione morale contro i costumi cristiani o quello che residuava di essi. Cantoni schierò a battaglia Alleanza Cattolica contro il divorzio per la famiglia, contro l’aborto per la vita innocente, contro la droga per la salute, contro l’usura per l’onesto compenso del lavoro, contro la cultura della morte per la cultura della vita. Il Sessantotto fu una rivoluzione politica, condotta su due versanti correlativi, il socialcomunismo e il liberalismo laicista. Contro i due volti del Leviatano, che divora ora la libertà in nome dell’autorità, ora l’autorità in nome della libertà, ora la solidarietà in nome della libertà, ora la libertà in nome della solidarietà, Cantoni riscoprì e diffuse senza concedersi riposo la profezia dell’integrale dottrina politica e sociale della Chiesa, caduta in oblio negli anni Sessanta del secolo scorso anche presso gli ecclesiastici e che egli studiò e insegnò con una generosità e una determinazione di cui non ho trovato esempi uguali.
Cantoni fu profeta a riguardo dell’insondabile mistero di iniquità che la Rivoluzione ha introdotto anche all’interno di Santa Madre Chiesa. Egli dispose Alleanza Cattolica al combattimento, anzitutto con la preghiera e il sacrificio, contro il tradimento interno alla Chiesa, contro la quinta colonna della Rivoluzione che ammorba l’insegnamento della dottrina nei seminari, che deforma l’informazione sui giornali diocesani; che denigra l’espressione della religiosità popolare; che aggiorna la pastorale tramite il «dialogo» con il miscredente, con il cosiddetto «cristiano anonimo» che non crede ai misteri della fede e invece presta credito — à la Pierre Teilhard de Chardin S.J. (1881-1955) o à la Karl Rahner S.J. (1904-1984) — alla pseudo-rivelazione nella storia di un cristo inventato dalla fantasia filosofica e non al vero Cristo, insieme incarnato nella storia e oggetto della fede della Chiesa, che per due millenni è stato oggetto dell’insegnamento dottrinale e dell’azione pastorale.
Cantoni indusse l’associazione a riprendere la pia pratica della Via Crucis, a fortificare la fede con i pellegrinaggi ai santuari mariani che costellano i luoghi santi del nostro Paese. Alleanza Cattolica fu zelante ed entusiasta nel diffondere in tutta la nazione il messaggio che la Madonna aveva consegnato a Fatima all’umanità intera. Il serpente antico, che è il motore occulto della Rivoluzione, sa che non potrà vincere completamente la sua guerra contro l’umanità se non sarà riuscito a schiacciare Santa Romana Chiesa — secondo il ben noto incitamento «écraser l’infame» di François-Marie Arouet «Voltaire» (1694-1778) — e a impadronirsi, se ciò fosse possibile, della stessa sede di Pietro. Che non sia possibile, perché Nostro Signore Gesù Cristo ha garantito che le forze degli inferi non prevarranno, non significa che il principe di questo mondo non cerchi senza posa, con la scaltrezza che gli è propria, di soffocare, di alterare la voce della Chiesa e della sua autorità suprema.
Cantoni fu profeta anche in questo fondamentale campo. Con appelli rispettosi all’autorità ecclesiastica, ma anche con tutta la fermezza che conviene al laico che esercita il suo carisma profetico, egli invocò intrepidamente in occasioni innumerevoli l’autorità affinché purificasse il sacro recinto della Chiesa dal «fumo di Satana» (13) che — secondo le parole del Pontefice san Paolo VI (1963-1978) — era entrato al suo interno.
Il profetismo dell’Antico Testamento è percorso dai moniti ricorrenti, spesso duri e implacabili, rivolti ai capi religiosi di Israele, che precipitavano il popolo alla rovina a causa della loro infedeltà all’Alleanza con Dio. Anche il profetismo del nuovo Testamento possiede il medesimo carisma. Il profeta Osea, vissuto nell’VIII secolo a.C., applica al rapporto di Dio con Israele l’esperienza personale del tradimento della donna che ha amato. Israele, nazione santa, è stata sposata da Dio, ma si è comportata come una donna infedele, come una prostituta, provocando il furore e la gelosia del suo sposo divino. Questi continua ad amarla; però la castigherà, per ricondurla a sé e riportarla alle gioie del primo amore. Osea così si rivolge ai sacerdoti infedeli: «[…] contro di te, sacerdote, muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e il profeta con te inciampa di notte e fai perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e io dimenticherò i tuoi figli. […] Essi si nutrono del peccato del mio popolo e sono avidi della sua iniquità. Il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte; li punirò per la loro condotta e li retribuirò dei loro misfatti» (Os. 4,3-9).
È giusto ricordare, fra i tanti appelli profetici di Cantoni, anche il seguente, pubblicato su Cristianità nell’ottobre del 1985, a vent’anni dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) e in previsione del secondo Sinodo straordinario dei Vescovi da poco convocato da san Giovanni Paolo II (1978-2005). Scriveva Cantoni con accenti di speranza profetica: «Non resta quindi che pregare la Vergine santissima, Mater Ecclesiae, affinché la seconda assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi avvii a soluzione almeno qualcuno dei problemi che affliggono il corpo di cui il Signore Gesù è mistico capo e risponda almeno a qualcuno degli interrogativi che in esso circolano» (14).
8. Cantoni cattolico romano
V’è un rapporto essenziale fra la Santa Chiesa e Pietro, perché a Pietro Gesù ha conferito le chiavi del regno dei cieli: «Io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt. 16,18).
V’è un particolare rapporto di carattere misterioso anche fra Pietro e Roma. Questo rapporto è stato grandiosamente evocato da Dante Alighieri (1265-1321), sommo poeta della nostra patria. Ma le parole di Dante sono di un uomo che la Chiesa non ha ufficialmente dichiarato santo. Rivolgiamoci allora a santa Caterina da Siena (1347-1380), patrona dell’Italia. Ella spese una parte preziosa dei suoi giorni terreni nel richiamare con veemenza il Pontefice, nel periodo del disastroso Scisma di Occidente (1378-1418), al ritorno nella sede di Roma che egli aveva codardamente abbandonato per stabilirsi in Avignone, in Francia. Caterina intravvedeva profeticamente nel ristabilimento della sede in Roma una condizione necessaria per la fine del doloroso scisma. E così fu.
Cantoni è stato inflessibilmente cattolico romano. Anzitutto, perché ha richiamato sempre i militanti di Alleanza Cattolica a mantenere intatta la fedeltà al Sommo Pontefice, ascoltando il suo magistero con religiosa obbedienza. Il numero 300 di Cristianità si apriva con un suo editoriale dal titolo «Cum Petro», «sub Petro», verso la civiltà cristiana nel terzo millennio (15). E nello stesso numero della rivista era pubblicato un suo saggio fondamentale — che esprime il livello più alto della sua maturità intellettuale — dal titolo La «buona battaglia» di Alleanza Cattolica per la maggiore gloria di Dio anche sociale (16). In questo scritto Cantoni professava, per un verso, l’indissolubile legame di Alleanza Cattolica con la roccia di Pietro e, per altro verso, la sua fedeltà alle linee di un’azione politica e sociale condotta sotto lo stendardo di Cristo Re, re dei cuori, ma anche delle nazioni.
V’è un ultimo particolare meritevole di attenzione. Cantoni ha costantemente ritenuto che il legame di Pietro con Roma sia garanzia contro i venti scismatici che scuotono la Chiesa. Roma è il luogo in cui sparsero il sangue per Cristo sia Pietro che Paolo, le due colonne della Chiesa. Eventi di questa portata non sono frutto del caso, bensì accadono sotto la guida misteriosa della Provvidenza. Roma è garanzia storica di unità della Chiesa. Non fu senza motivo che santa Caterina versasse lacrime d’amore affinché Pietro tornasse a Roma. Non ci è possibile penetrare a fondo il misterioso operare della Provvidenza nella storia. È doveroso, però, constatare i fatti con realismo, ma non trascurare il loro significato trascendente.
Infine, dire di un uomo che egli è cattolico romano significa riconoscergli una qualità ulteriore, che non diminuisce l’essere cattolico, ma ne definisce una proprietà. Il carisma della romanità è stato di fondare le repubbliche libere sullo «jus naturale gentium humanarum» (17) e celebrare la giustizia come virtù cardinale dell’uomo. Essere romani significa ricondurre la vita politica e sociale alla giustizia. Essere cattolici romani significa ricondurre questa giustizia a dono di Dio, poiché la verità è il principio di ogni diritto naturale e perché da Iddio provengono i princìpi delle scienze e, in particolare, del diritto.
A Giovanni Cantoni, per l’opera compiuta nella vita terrena, spetta in modo eminente il titolo di cattolico romano.