Marco Invernizzi, Cristianità n. 412 (2021)
1. Il Papa a Cipro
1.1 San Barnaba
Nei primi giorni del mese di dicembre del 2021 Papa Francesco ha compiuto un viaggio apostolico a Cipro e in Grecia. L’isola di Cipro è la terra dell’apostolo san Barnaba, conosciuto negli Atti degli apostoli come il compagno di viaggio di san Paolo, che lo accompagna nei primi gesti apostolici rivolti ai pagani, avendone curato la formazione dopo la conversione sulla strada per Damasco.
Barnaba, nativo di Cipro, è stato oggetto della prima riflessione del Pontefice, che ne descrive le caratteristiche, in particolare la pazienza: «Si parla di Barnaba come di un grande uomo di fede e di equilibrio, che viene scelto dalla Chiesa di Gerusalemme — si può dire dalla Chiesa madre — come la persona più idonea per visitare una nuova comunità, quella di Antiochia, composta da diversi neoconvertiti dal paganesimo. Viene inviato per andare a vedere cosa sta succedendo, quasi come un esploratore. Vi trova persone che provengono da un altro mondo, un’altra cultura, un’altra sensibilità religiosa; persone che hanno appena cambiato vita e perciò hanno una fede piena di entusiasmo, ma ancora fragile, come all’inizio. In tutta questa situazione — prosegue Francesco — l’atteggiamento di Barnaba è di grande pazienza. Sa aspettare. Sa aspettare che l’albero cresca. È la pazienza di mettersi costantemente in viaggio; la pazienza di entrare nella vita di persone fino ad allora sconosciute; la pazienza di accogliere la novità senza giudicarla frettolosamente; la pazienza del discernimento, che sa cogliere i segni dell’opera di Dio ovunque; la pazienza di “studiare” altre culture e tradizioni. Barnaba ha soprattutto la pazienza dell’accompagnamento: lascia crescere, accompagnando. Non schiaccia la fede fragile dei nuovi arrivati con atteggiamenti rigorosi, inflessibili, o con richieste troppo esigenti in merito all’osservanza dei precetti. No. Li lascia crescere, li accompagna, li prende per mano, dialoga con loro. Barnaba non si scandalizza, come un papà e una mamma non si scandalizzano dei figli, li accompagnano, li aiutano a crescere. Tenete a mente questo: le divisioni, il proselitismo dentro la Chiesa non vanno. Lascia crescere e accompagna. E se devi rimproverare qualcuno, rimprovera, ma con amore, con pace. È l’uomo della pazienza» (1). Come Barnaba allora, anche oggi la Chiesa di Cipro deve essere paziente e così rappresentare un modello per la Chiesa in Europa, che attraversa una crisi di fede: «È un messaggio importante anche per la Chiesa in tutta Europa, segnata dalla crisi della fede: non serve essere impulsivi, non serve essere aggressivi o nostalgici o lamentosi, ma è bene andare avanti leggendo i segni dei tempi e anche i segni della crisi. Occorre ricominciare ad annunciare il Vangelo con pazienza, prendere in mano le Beatitudini, soprattutto annunciarle alle nuove generazioni» (2).
Quindi il Pontefice ricorda l’amicizia e la collaborazione con Paolo, che tutti i cristiani temevano perché li aveva perseguitati prima della propria conversione. Barnaba lo prende con sé, scrive Luca negli Atti, garantisce per lui, diventa suo compagno nell’apostolato, arrivando anche a litigare perché avevano vedute diverse. Si separeranno ma senza rancore, rimanendo fratelli: nella Chiesa «si discute non per farsi la guerra, non per imporsi, ma per esprimere e vivere la vitalità dello Spirito, che è amore e comunione. Si discute, ma si rimane fratelli» (3).
Nello stesso giorno il Papa ha incontrato le autorità di Cipro e si è rivolto loro ricordando il primo presidente della Repubblica dopo l’indipendenza, nel 1960, l’arcivescovo ortodosso Makarios III (1913-1977), e sottolineando i particolari legami della Chiesa cattolica con Barnaba, Paolo e Marco: «Proprio da qui, dove Europa e Oriente si incontrano, è cominciata la prima grande inculturazione del Vangelo nel continente ed è per me emozionante ripercorrere i passi dei grandi missionari delle origini, in particolare dei santi Paolo, Barnaba e Marco» (4).
Cipro è stata per il cristianesimo un trampolino di lancio verso il continente e nei secoli è diventata un crocevia di popolazioni e culture diverse. Questa capacità di accogliere e di integrare rimane la sua caratteristica più significativa, anche se ha molto sofferto negli ultimi decenni per il conflitto fra la maggioranza greco-ortodossa e la minoranza turca prevalente nel nord del Paese. Tuttavia, la sua rimane una vocazione alla pace e al dialogo fra le diverse culture che si affacciano sul Mar Mediterraneo: «Ci sia di riferimento il Mediterraneo, ora purtroppo luogo di conflitti e di tragedie umanitarie; nella sua bellezza profonda è il mare nostrum, il mare di tutti i popoli che vi si affacciano per essere collegati, non divisi. Cipro, crocevia geografico, storico, culturale e religioso, ha questa posizione per attuare un’azione di pace. Sia un cantiere aperto di pace nel Mediterraneo» (5).
Il 3 dicembre, il Papa ha incontrato il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa e ha fondato il suo discorso ancora sulla figura di Barnaba, al quale ha affidato il buon esito del dialogo fra le chiese, cattolica e ortodossa, per pervenire all’unità, superando, come fece Barnaba, le incomprensioni e impedendo che «[…] le tradizioni, al plurale e con la “t” minuscola, tendano a prevalere sulla Tradizione, al singolare e con la “T” maiuscola. Essa ci esorta a imitare Barnaba, a lasciare quanto, anche buono, può compromettere la pienezza della comunione, il primato della carità e la necessità dell’unità» (6).
1.2 Contro le divisioni
A Nicosia, la capitale, nello stesso giorno, durante l’omelia della Messa celebrata allo stadio, Papa Francesco ha ricordato come il diavolo approfitti della solitudine che porta al rancore e alle divisioni: «Cari fratelli e sorelle, dinanzi a ogni oscurità personale e alle sfide che abbiamo davanti nella Chiesa e nella società, siamo chiamati a rinnovare la fraternità. Se restiamo divisi tra di noi, se ciascuno pensa solo a sé o al suo gruppo, se non ci stringiamo insieme, non dialoghiamo, non camminiamo uniti, non possiamo guarire pienamente dalle cecità. La guarigione viene quando portiamo insieme le ferite, quando affrontiamo insieme i problemi, quando ci ascoltiamo e ci parliamo. E questa è la grazia di vivere in comunità, di capire il valore di essere insieme, di essere in comunità» (7).
In una parrocchia della capitale ha quindi incontrato i migranti che in gran numero sbarcano sull’isola e ha ascoltato le loro testimonianze, spesso drammatiche, e i loro sogni, che difficilmente si realizzano: «Dobbiamo andare contro questo vizio dell’abituarsi a leggere queste tragedie nei giornali o sentirli in altri media. Guardando voi, penso a tanti che sono dovuti tornare indietro perché li hanno respinti e sono finiti nei lager, veri lager, dove le donne sono vendute, gli uomini torturati, schiavizzati… Noi ci lamentiamo quando leggiamo le storie dei lager del secolo scorso, quelli dei nazisti, quelli di Stalin, ci lamentiamo quando vediamo questo e diciamo: “ma come mai è successo questo?”. Fratelli e sorelle: sta succedendo oggi, nelle coste vicine! Posti di schiavitù. Ho guardato alcune testimonianze filmate di questo: posti di tortura, di vendita di gente. Questo lo dico perché è responsabilità mia aiutare ad aprire gli occhi» (8).
2. Il Papa in Grecia
Il giorno successivo, 4 dicembre, il Santo Padre è arrivato ad Atene dove ha incontrato anzitutto le autorità, alle quali ha ricordato in primo luogo la grandezza della Grecia nella storia del mondo: «[…] dal Monte Olimpo all’Acropoli al Monte Athos, la Grecia invita l’uomo di ogni tempo a orientare il viaggio della vita verso l’Alto. Verso Dio, perché abbiamo bisogno della trascendenza per essere veramente umani. E mentre oggi, nell’Occidente da qui sorto, si tende a offuscare il bisogno del Cielo, intrappolati dalla frenesia di mille corse terrene e dall’avidità insaziabile di un consumismo spersonalizzante, questi luoghi ci invitano a lasciarci stupire dall’infinito, dalla bellezza dell’essere, dalla gioia della fede. Da qui sono passate le vie del Vangelo, che hanno unito Oriente e Occidente, Luoghi Santi ed Europa, Gerusalemme e Roma; quei Vangeli che per portare al mondo la buona notizia di Dio amante dell’uomo sono stati scritti in greco, lingua immortale usata dalla Parola — dal Logos — per esprimersi, linguaggio della sapienza umana divenuto voce della Sapienza divina» (9).
2.1 La crisi della democrazia
«Da qui gli orizzonti dell’umanità si sono dilatati», «verso l’Alto» e «verso l’altro» (10). La Grecia è anche il luogo dove è nata la democrazia, cioè quella particolare forma di governo basata sulla partecipazione del maggior numero possibile di persone alla gestione del governo. Il Papa ne ha approfittato per denunciare un «arretramento della democrazia» in corso in Occidente, «provocato dalla distanza delle istituzioni, dal timore della perdita di identità, dalla burocrazia» (11).
A questa crisi si è aggiunta quella provocata dall’alto numero di immigrati: «Questo Paese, improntato all’accoglienza, ha visto in alcune sue isole approdare un numero di fratelli e sorelle migranti superiore agli abitanti stessi, accrescendo così i disagi, che ancora risentono delle fatiche della crisi economica. Ma anche il temporeggiare europeo perdura: la Comunità europea, lacerata da egoismi nazionalistici, anziché essere traino di solidarietà, alcune volte appare bloccata e scoordinata. Se un tempo i contrasti ideologici impedivano la costruzione di ponti tra l’est e l’ovest del continente, oggi la questione migratoria ha aperto falle anche tra il sud e il nord. Vorrei esortare nuovamente a una visione d’insieme, comunitaria, di fronte alla questione migratoria, e incoraggiare a rivolgere attenzione ai più bisognosi perché, secondo le possibilità di ciascun Paese, siano accolti, protetti, promossi e integrati nel pieno rispetto dei loro diritti umani e della loro dignità» (12). Infine il Papa ha toccato il tema della pandemia che oggi è «la grande avversità» e quello della sacralità della vita, che va salvaguardata sempre, sia per i concepiti che per gli anziani: «La vita è infatti un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata» (13).
2.2 Il dialogo verso l’unità
Nello stesso giorno si è svolto l’incontrocon Sua Beatitudine Ieronymos nell’arcivescovado ortodosso di Atene, dove Francesco ha ripercorso in chiave ecumenica il passato delle chiese sorelle, quella latina e quelle orientali, unite nel primo millennio dalle comuni radici apostoliche: «In seguito, purtroppo, siamo cresciuti lontani. Veleni mondani ci hanno contaminato, la zizzania del sospetto ha aumentato la distanza e abbiamo smesso di coltivare la comunione. San Basilio il Grande ha affermato che i veri discepoli di Cristo sono “modellati soltanto su ciò che vedono in lui” (Moralia, 80,1). Con vergogna — lo riconosco per la Chiesa Cattolica — azioni e scelte che poco o niente hanno a che vedere con Gesù e con il Vangelo, improntate piuttosto a sete di guadagno e di potere, hanno fatto appassire la comunione. Così abbiamo lasciato che la fecondità fosse compromessa dalle divisioni. La storia ha il suo peso e oggi qui sento il bisogno di rinnovare la richiesta di perdono a Dio e ai fratelli per gli errori commessi da tanti cattolici» (14).
Ma come può avvenire la riconciliazione rispetto alla frattura fra le chiese sorelle avvenuta all’inizio del secondo millennio e non ancora rimarginata? «Anche oggi [Cristo] desidera che vegliamo e preghiamo: per portare al mondo la consolazione di Dio e risanare le nostre relazioni ferite occorre la preghiera degli uni per gli altri. È indispensabile per giungere “alla necessaria purificazione della memoria storica. Con la grazia dello Spirito Santo, i discepoli del Signore, animati dall’amore, dal coraggio della verità e dalla volontà sincera di perdonarsi a vicenda e di riconciliarsi, sono chiamati a riconsiderare insieme il loro doloroso passato e quelle ferite che esso continua purtroppo a provocare anche oggi” (S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint, 2)» (15).
2.3 In Grecia le fondamenta dell’Occidente
Le parole più belle rivolte alla Grecia e alla sua straordinaria storia forse il Papa le ha pronunciate quando ha incontrato nella cattedrale ateniese di San Dionigi i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i catechisti della piccola Chiesa cattolica della Grecia: «Sono contento di incontrarvi in una terra che è un dono, un patrimonio dell’umanità sul quale sono state costruite le fondamenta dell’Occidente. Siamo un po’ tutti figli e debitori del vostro Paese: senza la poesia, la letteratura, la filosofia e l’arte che si sono sviluppate qui, non potremmo conoscere tante sfaccettature dell’esistenza umana, né soddisfare molte domande interiori sulla vita, sull’amore, sul dolore e anche sulla morte» (16). Protagonista di quel «laboratorio della fede» che cominciò allora nel segno dell’inculturazione della fede fu l’apostolo Paolo. Egli ebbe fiducia in Dio nonostante si trovasse solo e criticato ad Atene, davanti ai membri dell’Areopago. Non si scoraggiò e così deve fare la piccola Chiesa di Grecia: «Essere minoritari — e nel mondo intero la Chiesa è minoritaria — non vuol dire essere insignificanti, ma percorrere la via aperta dal Signore, che è quella della piccolezza: della kenosis, dell’abbassamento, della condiscendenza, della synkatábasis di Dio in Gesù Cristo. Egli è disceso fino a nascondersi nelle pieghe dell’umanità e nelle piaghe della nostra carne. Ci ha salvato servendoci. Egli infatti — afferma Paolo — “svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo” (Fil 2,7). Tante volte abbiamo l’ossessione dell’apparire, della visibilità, ma “il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione” (Lc 17,20). Viene di nascosto, come la pioggia, lentamente, sulla terra. Aiutiamoci a rinnovare questa fiducia nell’opera di Dio, e a non perdere l’entusiasmo del servizio. Coraggio, avanti su questa strada dell’umiltà, della piccolezza!» (17).
Paolo ha anche mostrato una virtù necessaria per ogni evangelizzazione, quella dell’accoglienza. Dio ci precede sempre nella semina e l’apostolo non trova mai una terra arida ma uomini nei quali sono presenti «coaguli», cioè semi di verità, dai quali partire per aiutarli a conoscere la verità intera. E così «[…] san Paolo, qui in terra greca, ha manifestato la sua serena fiducia in Dio e ciò lo ha reso accogliente verso gli areopagiti che sospettavano di lui. Con questi due atteggiamenti ha annunciato quel Dio che ai suoi interlocutori era ignoto. Ed è arrivato a presentare il volto di un Dio che in Gesù Cristo ha seminato nel cuore del mondo il germe della risurrezione, il diritto universale alla speranza, che è un diritto umano, il diritto alla speranza. Quando Paolo annuncia questa buona notizia, la maggior parte lo deride e se ne va. Tuttavia, “alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro” (At 17,34). La maggioranza va via; un piccolo resto si unisce a Paolo, tra cui Dionigi, a cui è intitolata questa Cattedrale! È un piccolo resto, ma è così che Dio tesse le fila della storia, da allora fino a voi oggi» (18).
2.4 Non perdiamo la speranza
Domenica 5 dicembre il Papa ha visitato i rifugiati e così si è espresso: «In questa domenica, prego Dio di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre, di scuoterci dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo. E prego anche l’uomo, ogni uomo: superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini! Contrastiamo alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa» (19). In questo discorso il Papa ha accennato soltanto a uno dei problemi di maggiore portata a mio avviso del tempo contemporaneo, quello della contrapposizione ideologica, dello scontro fra opinioni contrapposte ma egualmente erronee, come quando si oppone un errore a un altro errore, una rivoluzione a un’altra rivoluzione: «In diverse società si stanno opponendo in modo ideologico sicurezza e solidarietà, locale e universale, tradizione e apertura. Piuttosto che parteggiare sulle idee, può essere d’aiuto partire dalla realtà: fermarsi, dilatare lo sguardo, immergerlo nei problemi della maggioranza dell’umanità, di tante popolazioni vittime di emergenze umanitarie che non hanno creato ma soltanto subìto, spesso dopo lunghe storie di sfruttamento ancora in corso» (20).
Nell’omelia della stessa domenica il Santo Padre, commentando il Vangelo, ha parlato della figura di san Giovanni Battista e ha ricordato la peculiarità del cristianesimo, che non comincia la Redenzione dai palazzi dei potenti — citati da Luca come l’imperatore, re Erode e Ponzio Pilato — ma nel deserto, dove vive il Battista: «Questa strategia paradossale ci dona un messaggio molto bello: avere autorità, essere colti e famosi non è una garanzia per piacere a Dio; anzi, potrebbe indurre a insuperbirsi e a respingerlo. Serve invece essere poveri dentro, come povero è il deserto» (21). Nella stessa omelia il Papa tratta il tema della conversione predicata dal Battista: «Convertirsi […] significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla — i pessimisti di sempre. È rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità. È non arrendersi ai fantasmi interiori, che si presentano soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la faremo, che tutto va male e che diventare santi non fa per noi. Non è così, perché c’è Dio. Bisogna fidarsi di Lui, perché è Lui il nostro oltre, la nostra forza. Tutto cambia se si lascia a Lui il primo posto. Ecco la conversione: al Signore basta la nostra porta aperta per entrare e fare meraviglie, come gli sono bastati un deserto e le parole di Giovanni per venire nel mondo. Non chiede di più» (22). Pertanto, non perdiamo la speranza: «Chiediamo la grazia della speranza. Perché è la speranza che rianima la fede e riaccende la carità. Perché è di speranza che i deserti del mondo sono assetati oggi» (23).
2.5 Ai giovani
Il 6 dicembre, sempre ad Atene, il Papa ha incontrato i giovani greci e ha risposto ad alcune loro sollecitazioni. La prima riguarda i dubbi relativi alla fede che spesso affliggono alcuni giovani. Essi sono «vitamine della fede» (24), osserva Francesco, perché servono ad approfondirla e quindi non vanno temuti. Il Pontefice risponde ricordando una massima di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) contenuta nelle sue indicazioni su come discernere i pensieri e distinguere quelli buoni che vengono da Dio dagli altri demoniaci: «Bisogna ritrovare il punto di partenza. Qual è? Per capirlo, mettiamoci in ascolto della vostra grande cultura classica. Sapete quale fu il punto di partenza della filosofia, ma anche dell’arte, della cultura, della scienza? Sapete quale? Tutto cominciò da una scintilla, da una scoperta, resa da una parola magnifica: thaumàzein. È il meravigliarsi, lo stupore. Così è partita la filosofia: dalla meraviglia di fronte alle cose che sono, alla nostra esistenza, all’armonia del creato, al mistero della vita» (25).
Dobbiamo imparare a stupirci di quanto Dio ci ama e di come ci perdoni sempre e ricordare che il cristianesimo non consiste tanto in un insieme di cose da credere o da fare quanto nel «lasciare che Dio ti ami, e riconoscere che sei unico, che sei unica davanti all’amore di Dio.
«[…] Non siamo cristiani perché dobbiamo, ma perché è bello» (26).
Ed è bello anche perché ci permette di uscire da noi stessi, di non stare in poltrona ma di servire gli altri e così di realizzare ciascuno la propria vita.
Note:
1) Francesco, Discorso a sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, catechisti, associazioni e movimenti ecclesiali di Cipronella Cattedrale Maronita di Nostra Signora delle Grazie a Nicosia, del 2-12-2021.
2) Ibidem.
3) Ibidem.
4) Idem, Incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico nella «Ceremonial Hall» del Palazzo Presidenziale a Nicosia, del 2-12-2021.
5) Ibidem.
6) Idem, Incontro con il Santo Sinodo nella Cattedrale ortodossa di Nicosia, del 3-12-2021.
7) Idem, Omelia durante la Messa nel «GSP Stadium» a Nicosia, del 3-12-2021.
8) Idem, Preghiera ecumenica con i migranti nella chiesa parrocchiale Santa Croce a Nicosia, del 3-12-2021.
9) Idem, Discorso alle autorità, la società civile e il corpo diplomatico nel Palazzo Presidenziale ad Atene, del 4-12-2021.
10) Ibidem.
11) Ibidem.
12) Ibidem.
13) Ibidem.
14) Idem, Discorso nella «Sala del Trono» dell’Arcivescovado Ortodosso di Grecia ad Atene in occasione dell’incontro con Sua Beatitudine Ieronymos, del 4-12-2021.
15) Ibidem.
16) Idem, Discorso ai vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti nella cattedrale di San Dionigi ad Atene, del 4-12-2021.
17) Ibidem.
18) Ibidem.
19) Idem, Discorso ai rifugiati nel «Reception and Identification Centre» a Mytilene, del 5-12-2021.
20) Ibidem.
21) Idem, Omelia durante la Messa nel «Megaron Concert Hall» ad Atene, del 5-12-2021.
22) Ibidem.
23) Ibidem.
24) Idem, Incontro con i giovani nella Scuola San Dionigi delle Suore Orsoline a Maroussi, Atene, del 6-12-2021.
25) Ibidem.
26) Ibidem.