Solennità del Corpo e del Sangue del Signore
(Gen 14, 18-20; Sal 109; 1Cor 11, 23-26; Lc 9, 11b-17)
La memoria è una delle facoltà più misteriose e più grandiose dello spirito umano. Tutte le cose viste, udite, pensate e fatte fin dalla prima infanzia sono conservate in questo seno immenso, pronte a ridestarsi e a balzare alla luce, a un richiamo esterno o della nostra stessa volontà. Senza memoria, cesseremmo di essere noi stessi, perderemmo la nostra stessa identità. Chi è colpito da amnesia totale, vaga smarrito per le strade, senza sapere né come si chiama, né dove abita. La grande differenza rispetto ad un computer è che la nostra memoria è vivente, spontanea, accompagnata da sentimenti ora di gioia, ora di tristezza, a seconda della natura dei ricordi. Il ricordo, al suo affacciarsi alla mente, ha il potere di catalizzare tutto il nostro mondo interiore e convogliarlo verso il suo oggetto, specie se questo non è una cosa o un fatto, ma una persona viva.
Questo ricco retroterra umano ci dovrebbe aiutare, ora, a capire meglio cos’è l’Eucarestia per il popolo cristiano. E’ il gesto istituito da Cristo per ricordarci l’evento da cui è nata la Chiesa. L’Antico Testamento chiama la Pasqua un «memoriale» (Es 12,14), perché essa doveva ricordare a tutte le generazioni future l’evento a cui Israele doveva la sua esistenza come popolo. Il Nuovo Testamento chiama memoriale l’Eucarestia, perché essa ricorda l’evento a cui ormai tutta l’umanità deve la sua esistenza come umanità redenta: la morte del Signore. La parola “memoriale” è quella che il sacerdote pronuncia immediatamente dopo la consacrazione in tutte e quattro le Preghiere eucaristiche. Nella più antica di esse, la Preghiera Eucaristica II, si dice: «Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, o Padre, il pane della vita e il calice della salvezza».
L’Eucarestia ha qualcosa che la distingue da ogni altro memoriale. Essa è memoria e presenza insieme; una presenza reale, non solo intenzionale. Rende la persona realmente presente, anche se nascosta sotto i segni del pane e del vino. Il “Giorno della memoria” degli americani non può far si che i loro caduti ritornino in vita; il “Memoriale di Gandhi” degli indiani non può far sì che Gandhi sia ancora vivo. Questo, invece, si realizza nel memoriale eucaristico nei riguardi di Cristo, dal momento che egli è risorto.
La memoria si può trasformare, è vero, in sterile e paralizzante nostalgia. Questo avviene quando la persona diventa prigioniera dei propri ricordi e finisce per viver nel passato, in quelli che chiama nostalgicamente i “suoi” tempi o i “bei vecchi tempi”. Il memoriale eucaristico non è davvero di questa specie. Al contrario essa ci proietta in avanti. Dopo la consacrazione, il popolo acclama: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». L’Eucarestia è detta cibus viatorum perché, come la manna, nutre coloro che sono in cammino verso la Terra promessa.
Un’antifona attribuita a san Tommaso d’Aquino (O Sacrum Convivium) definisce l’Eucarestia il sacro convito in cui «si riceve Cristo, si celebra la memoria della sua passione, l’anima si riempie di grazia e a noi viene dato il pegno della glori futura».
Passato, presente e futuro: tutto è presente nell’Eucarestia.E’ proprio lo Spirito Santo che opera questo, che ci fa ricordare la sua persona e le sue parole: «Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26). Il Paraclito esercita questa funzione soprattutto nell’Eucarestia. Per questo prima della consacrazione nella Messa, viene invocato lo Spirito Santo. Non solo per rendere Cristo nel pane, ma per renderlo presente nel nostro cuore. L’invocazione rende possibile il ricordo. Tutto quanto detto fin ora trova pieno compimento quando passa dalla liturgia alla vita, esortandoci al ricordo di Lui fuori della Messa, lasciandoci plasmare nei sentimenti e in tutti gli atteggiamenti, da questo ricordo colmo di gratitudine. Noi siamo plasmati, a volte anche nei lineamenti del volto, da ciò che la nostra memoria in quel momento sta ricordando.
Un inno liturgico molto noto, l’Adoro te devote, ha una strofa molto bella sull’Eucarestia memoriale. La facciamo nostra al termine di questa riflessione:
«O vero memoriale della morte del Signore,
pane vivo che dai la vita all’uomo:
fa’ che la mia mente viva sempre di te,
e gusti sempre il tuo dolce sapore».
Domenica, 19 giugno 2022