Le ambiguità dell’art.5 della Costituzione preparano un futuro islamista per la Tunisia
di Silvia Scaranari
Ci sono luoghi in cui l’islam si propone in modo violento (Nigeria e molti altri Paesi africani), altri luoghi in cui l’islam jihadista subisce piccole sconfitte (al-Zawahiri ucciso a Kabul) e altri ancora in cui l’islam fa piccoli, silenziosi passi, che potrebbero avere un significato a lungo termine. In questo caso mi riferisco alla Tunisia, dove lo scorso 25 luglio si è svolto un referendum per approvare la nuova Costituzione.
Affluenza bassissima, solo 30,5% degli aventi diritto, dato che conferma la scarsa fiducia dei cittadini nei confronti del Governo e nella possibilità che qualcosa cambi, ma di questi il 94,6% ha espresso parere favorevole verso il nuovo testo costituzionale. fortemente voluto dal presidente in carica Kais Saied.
L’opposizione del Fronte di Salvezza nazionale – composto da 10 partiti e associazioni molto diversi fra loro (dal movimento islamista Ennahda al fronte laicista) -, ha accusato l’Autorità superiore indipendente per le elezioni (ISIE) di aver falsificato il dato sui votanti e ha sottolineato il fallimento del referendum, ribadendo la propria fedeltà alla Costituzione del 2014, chiedendo allo stesso tempo le dimissioni del presidente e nuove elezioni libere.
La nuova Costituzione punta molto sull’identità tunisina, richiamando fin dall’esordio la storia e senso di unità del popolo: «Noi siamo il popolo tunisino sovrano il quale, a partire dal 17 dicembre 2010, si è levato con una sommossa rabbiosa e senza precedenti…», «Noi siamo il popolo tunisino, che ha fornito legioni di martiri per la liberazione e per la libertà. Il loro sangue puro e giusto si è mescolato a questa terra generosa…», «Noi, il popolo tunisino, accettiamo questa nuova Costituzione senza scordare la nostra storia…», «Noi popolo tunisino, cerchiamo con questa nuova Costituzione, di realizzare la giustizia, la libertà, la dignità, poiché non c’è pace sociale senza giustizia, e non esiste dignità umana in assenza di vera libertà…». Sembrano frasi degne delle migliori intenzioni, ma può sorgere qualche legittimo dubbio quando si passa ad altri punti della medesima Costituzione.
Prima di arrivare alle vere novità, forse è necessario fare qualche richiamo storico su questa dinamica terra tunisina. Territorio del famoso popolo punico, poi dominio dei Romani (dopo la sconfitta della mitica Cartagine) e, in seguito, invasa da Vandali e Bizantini, dal 647 diventa parte integrante del territorio arabo islamico. Posta in posizione centrale nel Mediterraneo, è oggetto di ambizioni da parte della Spagna e della Francia, che, di volta in volta, contendono il territorio all’Impero ottomano. Sotto i diversi dominatori nasce molto presto un sentimento nazionalistico, che si esprime già nel XVII sec. con la Carta Al-Mizan, “la Bilancia”, (soprannominata “la Briglia rossa” dalla fodera che copriva il testo), una specie di Magna Charta a difesa della popolazione dai soprusi delle élite.
Ricca di movimenti riformisti dal XIX sec. – nel 1861 vede la proclamazione dei Diritti del Governante e dei Sudditi e della Legge dello Stato Tunisino -, all’inizio del XX sec. è il primo territorio ad avere un movimento nazionalistico con il Movimento dei giovani tunisini, fondato nel 1907 da Bashir Sfar, Ali Bach e Abdeljelil Zaouche. Il 4 giugno 1920 nasce il movimento Dustur, quasi subito costretto alla clandestinità. Nel 1932 l’avvocato Habib Bourguiba fonda il giornale l’Action Tunisienne per sostenere l’indipendenza ma anche il secolarismo come prospettiva sociale. Nel 1934 la divisione del Partito in Dustur (favorevole all’identità musulmana del popolo) e Neo-Dustur che assume una dottrina secolarista ispirata al socialismo europeo. Dopo il tentativo di rivolta del 1937-38 il Movimento subisce dure repressioni da parte della Francia e Bourguiba, arrestato, viene incarcerato in Francia. Liberato durante l’occupazione tedesca, viene portato in Italia da Mussolini, che spera, senza successo, di usarne l’influenza per la sua avanzata in Nord Africa.
Dopo la II Guerra Mondiale la Tunisia chiede l’indipendenza, appoggiata nel 1950 dal ministro degli esteri francese Robert Schuman, che propone 5 fasi per il distacco dalla Francia. In verità il processo non sarà diplomatico, ma ricco di insurrezioni, repressioni, sommosse e attentati fino al 20 marzo 1956, quando la Francia riconosce ufficialmente l’indipendenza mantenendo la base militare di Biserta. La prima Costituzione è del1° giugno 1959 e definisce l’assetto dello Stato con un governo, un parlamento bicamerale, e un presidente della repubblica, carica assunta da Habib Bourguiba, che nel 1975 si proclama presidente a vita. Le sue misure di secolarizzazione, la distribuzione delle terre, la repressione dei movimenti sindacalisti e il favoreggiamento di alcune élite, assieme alla corruzione portano la crescita del movimento islamista. Il 7 novembre 1987 il ministro degli interni e capo del Governo, Zine El-Abidine Ben Alì, depone Bourguiba per senilità e rilancia una nuova politica economica senza cambiarne l’impianto generale, ma reprimendo il partito filo-islamico Ennahda.
Zine El-Abidine Ben Alì mantiene il potere con progressive miniriforme della Costituzione per assicurarsi la rieleggibilità oltre i limiti dei tre mandati. Dal 2000 le proteste interne aumentano, culminando il 18 dicembre 2010, quando il fruttivendolo Mohamed Bouazizi si dà fuoco nel mercato di Sidi Bouzid, piccolo centro rurale nel centro del Paese. Le rivolte che seguono in tutto il Paese (nella temperie delle cosiddette “Primavere Arabe”) portano nel 2011 allo scioglimento delle Camere e alla fuga di Ben Alì. Prende il potere ad interim il primo ministro Mohamed Ghannouchi, sostituito il 27 febbraio da Caid Essebsi, che annuncia un’Assemblea Costituente con parità di eletti fra uomini e donne e la presenza pluralista dei partiti, fra cui Ennahda, che ottiene la maggioranza relativa. La nuova Costituzione entrerà in vigore il 29 gennaio 2014 dopo un tormentato periodo di rivolte, morti e cambi di potere.
Alle elezioni di ottobre Nidaa Tounes (Appello alla Tunisia, movimento di Essebsi, laicista e di sinistra) ottiene la maggioranza relativa e forma una coalizione con il Partito Repubblicano (Unione per la Tunisia), mandando all’opposizione Ennahda. Riassunto così, sembra che la vicenda si sia assestata sulla regolare alternanza politica, ma il quadro politico tunisino è molto più complesso. Contando quanti partiti sono nati negli ultimi anni sembra di essere in Italia. Bisogna infatti citare: Partito Democratico Progressista, laico e a favore di investimenti stranieri; Unione Patriottica Libera, centrista anti-islam; Afek Tounes, neoliberale; Ettakol – Forum Democratico per il Lavoro e le Libertà, centro sinistra e per la trasparenza; Coalizione modernista Democratica, coalizione di centro-sinistra; Partito del Congresso per la repubblica, laico e di sinistra; Partito Pirata Tunisino, non troppo legale, lotta per la trasparenza e lo sviluppo del web; Partito Comunista dei lavoratori tunisini, marxista-leninista; Hizb ut-Tahrir, panislamico di stampo salafita, molto conservatore; La Nazione, nazionalista e laico; Giustizia e Libertà, vicino all’omonimo marocchino e filo islam; L’Iniziativa e il Partito dell’Indipendenza per la Libertà
Ma cosa cambia la nuova Costituzione? Il presidente assume la funzione esecutiva con “l’aiuto” del governo, un vero presidenzialismo, può nominare ma anche revocare unilateralmente il mandato ai ministri; e il governo risponde a lui e non alle Camere. Il parlamento è composto da un’assemblea eletta a suffragio universale, ma anche da un «Consiglio delle regioni e dei distretti» nominati dai consiglieri locali e, per finire, il parlamento può votare la sfiducia al governo ma occorre la maggioranza di due terzi, condizione difficile da raggiungere vista la pluralità del contesto politico.
Ogni Paese si dota delle forme di governo che ritiene più opportune e, come insegna san Tommaso, l’importante è che agiscano per il bene dell’uomo. ma una sottolineatura merita l’Art. 5: «La Tunisia fa parte della Umma islamica. Lo stato solo deve provvedere alla realizzazione degli obiettivi dell’islam puro nel preservare la vita umana, la dignità, il patrimonio, la religione e la libertà». La nuova Costituzione evita il riferimento alla shari’a e al Corano, comune in molti altri Paesi islamici, ma inserisce la nazione in una dinamica universale come la Umma (la comunità dei fedeli), che nasce proprio dalla comune fede nel Corano e nell’applicazione della legge coranica. Inoltre, e questo mi sembra molto pericoloso, affida allo Stato l’applicazione dell’islam, definendo così una perfetta teocrazia. Qualcuno ha commentato che la Tunisia non corre nessun pericolo perché la storia e la formazione di Kais Saied è laica e non vorrà mai imporre l’islamizzazione al popolo, ma è il principio così espresso che fa correre un forte rischio ai tunisini. Saied non è certo eterno, anzi, e chi verrà dopo di lui? Se è giusto che lo Stato rispetti il sentimento religioso del suo popolo, dare al governo le redini della fede riporta la Tunisia al più ferreo regime califfale.
Mercoledì, 11 agosto 2022