Nelle parole che il dittatore marxista nicaraguense Daniel Ortega ha scagliato contro la Chiesa cattolica, accusandola di essere una dittatura, emerge tutta la sua formazione catto-comunista. I rapporti con la gerarchia ecclesiastica vanno progressivamente degenerando in persecuzione aperta
di Stefano Nitoglia
Il dittatore marxista (di ispirazione castrista) del Nicaragua, Daniel Ortega, in un discorso tenuto il 28 settembre scorso, in occasione del quarantatreesimo anniversario della fondazione della polizia, ha pesantemente attaccato la Chiesa cattolica, accusandola di essere una “dittatura”. Durante il discorso Ortega ha definito la Chiesa cattolica «una dittatura perfetta», esclamando: «Chi elegge i sacerdoti? Chi elegge i cardinali? Chi elegge il papa? È una dittatura perfetta, una tirannia perfetta», proseguendo con i soliti luoghi comuni della leggenda nera, dall’Inquisizione, agli abusi contro i bambini indigeni in Canada.
Ortega, in realtà, non ha digerito il sostegno che le Chiese avrebbero dato alle proteste dell’opposizione nel 2018 e proprio per questo accusa vescovi e sacerdoti di essere «assassini» e «golpisti». Da allora, i rapporti tra regime e Chiesa cattolica si sono infatti deteriorati. Il conflitto si è intensificato lo scorso agosto con l’arresto del vescovo di Matagalpa, mons. Rolando Álvarez, fortemente critico del governo e posto ai domiciliari. Sono stati arrestati anche quattro sacerdoti e due seminaristi senza precisare le accuse a loro carico. La polizia ha recentemente vietato le processioni religiose. Lo scorso marzo il nunzio apostolico, mons. Waldemar Sommertag, è stato espulso dal Nicaragua e a luglio è stata messa fuori legge l’associazione Charity Missions, creata da santa Teresa di Calcutta, e le suore della Carità hanno dovuto lasciare il Paese.
Più di 200 oppositori, inclusi sette ex-candidati alla presidenza, quest’anno sono stati condannati a una reclusione compresa tra gli 8 e i 13 anni per «minaccia all’integrità nazionale» e altri crimini.
Papa Francesco ha riferito che esiste un «dialogo» con il Nicaragua in merito all’arresto di diversi membri della Chiesa cattolica, dialogo del quale, però, al momento non si conoscono gli esiti.
La “vocazione” rivoluzionaria di Daniel Ortega nasce nell’ambito del progressismo cattolico, durante gli studi al collegio dei Gesuiti di Managua, dove si formò l’intera generazione che combatté contro la dittatura dei Somoza. Questa sua formazione, diremmo “catto-comunista” (nel 1979 la giunta sandinista arrivata al potere e diretta da Ortega giurò nelle mani del vescovo di Managua), l’ha mantenuta fino ad oggi.
Nel 1962 entra in clandestinità e diviene dirigente del movimento guerrigliero Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale. Nel 1966 va a Cuba per sei mesi per partecipare a un corso di guerriglia. Nel 1967 partecipa all’assassinio del sergente della Guardia Nazionale Gonzalo Lacayio, accusato di aver torturato i guerriglieri. Condannato a 30 anni di prigione, viene liberato nel 1974.
Sconfitta la dittatura dei Somoza, Ortega diviene presidente del Nicaragua, inaugurando una dittatura di ispirazione marxista-castrista, dal 1985 al 1990, per poi riprendere il potere dal 2007 ad oggi. Nel 1998 uno scandalo sembrò rovinargli definitivamente la carriera politica: la figliastra, Zoilamérica Narváez lo accusò di ripetute violenze sessuali sin dal 1979, cioè da quando aveva nove anni. Daniel Ortega ha però negato le accuse e il procedimento penale non ha avuto luogo per via dell’immunità parlamentare.
I rapporti con le gerarchie cattoliche sembrano ora correre verso la persecuzione aperta, nonostante la mano tesa dello stesso Vaticano.
Domenica, 2 ottobre 2022