I Magi non si limitano a portare a Gesù qualcosa di loro, ma ricevono da Cristo una vocazione, il discernimento e la capacità di accogliere le sorprese del Signore
di Michele Brambilla
Piazza S. Pietro riecheggia ancora dei suoni e delle emozioni del funerale di Benedetto XVI quando Papa Francesco si affaccia, come di consueto, per l’Angelus dell’Epifania. «Oggi, solennità dell’Epifania, il Vangelo ci parla dei Magi che, arrivati a Betlemme, aprono i loro scrigni e offrono a Gesù oro, incenso e mirra (cfr Mt 2,11)», dice il Pontefice compendiando il significato di questa festività. «Questi sapienti d’Oriente sono famosi per i doni che hanno fatto; pensando però alla loro storia, potremmo dire che essi, prima di tutto, ricevono tre doni: loro hanno ricevuto tre doni, tre doni preziosi che riguardano anche noi», sostiene il Santo Padre.
«Il primo dono è il dono della chiamata. I Magi non l’hanno avvertita per aver letto la Scrittura o aver avuto una visione di angeli, ma l’hanno sentita mentre studiavano gli astri», ovvero nelle loro occupazioni quotidiane. «Questo ci dice una cosa importante: Dio ci chiama attraverso le nostre aspirazioni e i nostri desideri più grandi», aprendoli all’Infinito. In questo senso si può dire che «i Magi si sono lasciati stupire e scomodare dalla novità della stella e si sono messi in cammino verso quello che non conoscevano. Colti e sapienti, sono stati affascinati più da ciò che non sapevano che da ciò che già sapevano». La vicenda dei Magi ci insegna a non accontentarci di un rapporto abitudinario con il Signore, «perché Dio chiama ogni giorno, qui e oggi. Dio ci chiama, chiama ognuno di noi, ogni giorno, ci chiama qui e ci chiama oggi, nel nostro mondo», affinché esso “ecceda”, trabocchi di grazia.
Proprio per questo i sapienti ci invitano al discernimento. Essi stessi hanno dovuto andare più a fondo del loro desiderio e delle conoscenze acquisite, che li avevano erroneamente condotti da Erode. «Potevano rimanere lì, alla corte di Erode, tranquilli: no, vanno avanti. Lasciano il palazzo di Erode e, attenti al segnale di Dio, non vi passeranno più, ma torneranno per un’altra strada», indizio di una conversione autentica a Cristo, il quale si presenta sempre secondo il Suo di metro e non i calcoli umani. Infatti «dopo un lungo viaggio questi uomini di alto livello sociale che cosa trovano? Un bambino con la mamma (cfr v. 11): una scena certo tenera, ma non stupefacente! Non vedono gli angeli come i pastori, ma incontrano Dio nella povertà. Forse si aspettavano un Messia potente e prodigioso, e trovano un bimbo. Eppure non pensano di essersi sbagliati, sanno riconoscerlo».
Così anche noi, perché, «fratelli e sorelle, tutti siamo chiamati – primo dono: la chiamata – da Gesù; tutti possiamo discernere – secondo dono, il discernimento –, discernere la sua presenza; tutti possiamo sperimentare le sue sorprese – terzo dono, la sorpresa. Oggi sarebbe bello fare memoria di questi doni: la chiamata, il discernimento e la sorpresa, doni che abbiamo già ricevuto» con lo Spirito Santo nei Sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Lo spirito ci dona la capacità di concretizzare il Vangelo nelle nostre scelte quotidiane. Il Papa formula i suoi auguri per il Natale ortodosso (7 gennaio), ma «in modo particolare vorrei farlo giungere ai fratelli e alle sorelle del martoriato popolo ucraino. La nascita del Salvatore infonda conforto, infonda speranza; e ispiri passi concreti che possano finalmente condurre alla fine dei combattimenti e alla pace», cercando di vedere delle buone intenzioni nella “tregua natalizia” faticosamente proclamata nelle stesse ore.