Di Renato Farina da Libero del 15/04/2023
Giovanni Paolo II era un predatore sessuale di ragazzine? Usciva la sera dal suo appartamento in Vaticano con due monsignori polacchi per soddisfare i suoi gusti di pedofilo? La sparizione e l’eliminazione di Emanuela Orlandi nel giugno del 1983 è stata preceduta da un tentativo di adescamento della 15enne cittadina della Città-Stato da parte di papa Wojtyla nei giardini vaticani? Certo che no, ovvio che no. Il fatto è che queste frecce avvelenate sono state lanciate a DiMartedì, trasmissione di prima serata su La7, in un contesto drammatico che le ha avvalorate come verità possibile anzi probabile. Funziona maledettamente bene la fabbrica della calunnia di massa. Non c’è bisogno di prove, neppure di indizi se chi parla è una persona come il fratello di Emanuela, cioè Pietro Orlandi, un uomo che da quando era ragazzo porta su di sé l’angoscia senza tregua della sua famiglia. Nessuno durante la trasmissione ha eccepito. E così abbiamo visto dicerie trasformarsi in una lapidazione post mortem di chi non può difendersi, e contro ogni principio di civiltà chi accusava non si è assunto l’onere della prova, non ha fornito possibilità di riscontri. SILENZIO IN PLATEA Il silenzio concorde e asseverante della platea e di Giovanni Floris è riuscito a trasformare la patacca oscena di un affiliato minore della Banda della Magliana in rivelazione evangelica! È un po’ che funziona così: si è lasciato scrivere la storia d’Italia a Cosa Nostra, adesso tocca ai seguaci di Renatino De Pedis, boss della Magliana, romanzare quella della Chiesa. DiMartedi. Poi di mercoledì. Quindi dì giovedì. Nessuna “alta” replica vaticana. Anzi c’è un crescendo. La valanga partita da La7 sembra trovare apprezzamenti Oltre Tevere. Il procuratore del Papa, Alessandro Diddi, rivela a Pietro Orlandi, che lo dice ai quattro venti e a quattro mila telecamere: “che dalla base ai vertici” nessuno godrà di immunità. Cioè indaga Wojtyla? Se fa come con Becciu siamo a posto nel senso dell’inferno. In precedenza il professor Diddi si era già posto come voce unica del Papa regnante: «Sia il Santo Padre che il Cardinale Pietro Parolin, mi hanno concesso massima libertà d’azione per indagare ad ampio raggio senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla. Ho il mandato di accertare qualunque aspetto in uno spirito di franchezza, di “parresia” evangelica e tale approccio è ciò che più conta. Questo è l’atteggiamento con il quale stiamo affrontando il caso Orlandi». I Papi precedenti invece no? Giovanni Paolo e Benedetto occultavano, intralciavano, coprivano? Non volevano parresia evangelica? Che tristezza. Ovvio che le agenzie riprendano e avvalorino senza avanzare dubbi le squinternate dicerie del fratello di Emanuela (che personalmente stimo, ma adesso proprio non capisco), e ripropongano, come fossero frammenti di papiri biblici ritrovati nelle grotte di Qumran, documenti di falsari già smantellati da anni. GLI IMPOSTORI Come capitò a quello, pubblicato da Emiliano Fittipaldi nel libro Gli impostori (2017), trafugato da una cassaforte o qualcosa di simile. Lì c’era il rendiconto delle spese per il mantenimento a Londra della quindicenne. Interviene un giornalista in pensione, vaticanista di vaglia, Lucio Brunelli, che con semplicità in un post su Twitter, svela in sintesi la bolla speculativa: «Quindi il Vaticano non solo avrebbe organizzato il rapimento di Emanuela ma conserva pure la nota-spese dell’operazione. Quindi Wojtyła la sera usciva per Roma con due monsignori in cerca di ragazzine. Il Vaticano sarà pure il luogo del Male ma questa non è un’informazione seria». Bolla speculativa. Ma perché nessuno la fa scoppiare là in altissimi? Non ci si rende conto che il silenzio significa avallare la plausibilità delle fanfaluche calunniose? Ma ecco, finalmente, con un ritardo che ha sconcertato tutti, ed è parso coincidere con un dubbio tremendo che stava addirittura nella testa di Papa Francesco, due voci si sono finalmente alzate per difendere la memoria di San Giovanni Paolo II. Non voci qualsiasi: espressione la prima della Chiesa italiana e la seconda della Santa Sede. Su Avvenire (quotidiano dei vescovi) è apparso un editoriale appassionato di Angelo Scelzo; il direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, a sua volta firma su Vatican news un articolo duro e puro con questo titolo dirimente: «Accuse assurde e infamanti. A proposito delle presunte rivelazioni su Papa Wojtyla e il caso Orlandi». La campagna contro i predecessori di Francesco era in realtà in corso da tempo. Benedetto è stato ancora recentemente estratto dalla bara per essere pugnalato, sulla base di una lettera interpretata capziosamente, come protettore conclamato di preti pedofili. Lo stesso è accaduto nei mesi scorsi con Wojtyla nella stessa Polonia. Ieri è intervenuto con grande forza, in una intervista a Famiglia cristiana firmata Orazio La Rocca, il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski. «Anche Gesù, ogni volta che parlava in pubblico per difendere poveri, deboli, malati, dai suoi avversari veniva criticato, perseguitato, costretto a cambiare continuamente città. Alla fine, da innocente, è stato crocifisso. Ma è risorto…». GLI ATTACCHI Ancora. Sulle cosiddette nuove rivelazioni: «Non ho parole. Preferisco non commentare, pur nel rispetto del dolore della famiglia. Purtroppo sembra quasi una moda attaccare i santi, ingiuriarli con pensanti accuse indimostrabili, ma che fatalmente vengono amplificate dai mass media o da qualche libro fresco di stampa scritto solo per infangare. È capitato a San Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI, ma anche Santa Madre Teresa di Calcutta e a quasi tutti i santi. E nemmeno Papa Francesco a volte viene risparmiato. Nella Chiesa, fin dalle sue origini, è sempre stato così. Gesù stesso è stato attaccato, calunniato, vilipeso mentre spendeva parole per gli ultimi». Detto questo si scavi fino alle viscere. La verità fa liberi. A questo proposito una osservazione banale a cui attendo repliche. Wojtyla si è mosso con una energia formidabile piazzandosi inerme davanti a Breznev che minacciava l’invasione della Polonia ribelle. Se avesse avuto quel vizio atroce, i servizi segreti sovietici e del Patto di Varsavia lo avrebbero di certo «avuto in mano», ricattandolo per condizionarne il Pontificato. Hanno dovuto sparargli. E se avessero potuto moralmente eliminarlo bastava una foto, qualche spiata. Invece niente di niente, nonostante le spie al soldo di Mosca disseminate tra i prelati.