Di Alessandro De Carolis da Vatican News del 19/05/2023
Una visione “antropologica integrale” sull’amore e la sessualità umana, intesi secondo il piano di Dio, che a 55 anni dalla pubblicazione continua a proporre una verità alta negata invece da decenni di “antropologia contraccettiva”, che ha diviso quella visione unitaria. È questo il valore dell’Humanae vitae, l’Enciclica di Paolo VI uscita nel luglio del ’68, messo in evidenza dal cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Il porporato è intervenuto oggi, 19 maggio, all’Augustinianum, in apertura di una due giorni di studio dedicata al documento, organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune.
Connessione inscindibile
“L’audacia di un’Enciclica sulla sessualità e la procreazione” recita il titolo del convegno e per il cardinale Ladaria l’audacia di quanto scrisse Paolo VI “è molto più profonda” rispetto all’aver resistito “alle pressioni” che chiedevano di “approvare l’uso di contraccettivi ormonali nei rapporti sessuali all’interno del matrimonio cattolico”. Il coraggio dell’Humanae vitae, ha detto il porporato, è di “carattere antropologico” perché ha mostrato la vocazione divina della sessualità, ovvero “la connessione inscindibile che Dio ha voluto” tra “i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e quello procreativo”.
Non più un dono ma un prodotto
Al contrario, ha proseguito il prefetto vaticano, la morale contraccettiva che si è affermata in contrasto con l’Enciclica mette in opposizione la natura, il corpo stesso, con un concetto di libertà che pretende di cambiare le “condizioni di vita dell’amore coniugale”. Secondo questa visione, ha argomentato il cardinale Ladaria, quello che importa è una “unione affettiva” e l’atto sessuale non è importante che risponda “a un significato preesistente, naturale o stabilito da Dio, ma semplicemente che sia un atto libero”. In questo senso, ha affermato, il corpo “ridotto a pura materialità” ha aperto nel tempo la strada a una serie di derive, in particolare a “un’allarmante diminuzione delle nascite e a una moltiplicazione del numero di aborti”. Il controllo delle nascite con l’uso di contraccettivi si è “evoluto – ha stigmatizzato – nella manipolazione artificiale della trasmissione della vita, attraverso tecniche di riproduzione assistita. Prima si è accettata la sessualità senza figli, poi si è accettato di produrre figli senza l’atto sessuale. La vita prodotta non è più considerata, in sé, come un ‘dono’, ma come un ‘prodotto’ e viene valutata in termini di utilità”.
Libertà e natura sono unità non in contrasto
Una manipolazione costante, ha proseguito il porporato, riscontrabile sia nell’ideologia gender – in cui non è il corpo che identifica una persona ma il suo orientamento – sia nel “transumanesimo”, in cui la persona essendo “ridotta alla sua mente” può trasferire la sua essenza “a un altro corpo umano, a un corpo animale, a un cyborg, a un semplice file di memoria”. E di questa antropologia, ha insistito il cardinale Ladaria, “il cyborg appare come la sua piena realizzazione”, giacché accetta la “costruzione del corpo e del sesso attraverso la biotecnologia”, un mondo – in estrema sintesi – “senza maternità” e dunque “postumano”. Invece l’Enciclica Humanae vitae, ha concluso il capo dicastero, resta “ancora valida”, anzi profetica, perché rifiutando questi che si pongono come “veri e propri antiumanesimi” propone “un’antropologia capace di unire la libertà con la natura”.