Il Signore ci “tiene per mano”. Per essere buoni apostoli, dice il Pontefice, bisogna quindi tornare bambini, sulle ginocchia del Padre
di Michele Brambilla
Il 18 giugno Papa Francesco pronuncia il primo Angelus dopo il nuovo ricovero ospedaliero. «Desidero esprimere la mia gratitudine a quanti, nei giorni del mio ricovero al Policlinico Gemelli, mi hanno manifestato affetto, premura e amicizia, e mi hanno assicurato il sostegno della preghiera», dice immediatamente il Pontefice ringraziando tutti di cuore per la vicinanza spirituale.
Anche Dio si ricorda continuamente di noi. «Oggi, nel Vangelo, Gesù chiama per nome – chiama per nome – e invia i dodici Apostoli. Mandandoli, chiede loro di annunciare una cosa sola: “Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino” (Mt 10,7). È lo stesso annuncio con cui Gesù ha iniziato la sua predicazione», spiega il Santo Padre. Gli apostoli di ieri e di oggi sono chiamati (questo il significato della parola “vocazione”) a perpetuare personalmente la vicinanza di Dio che essi stessi hanno sperimentato.
«Infatti, se il Dio dei cieli è vicino, noi non siamo soli in terra e anche nelle difficoltà non perdiamo la fiducia. Ecco la prima cosa da dire alla gente: Dio non è distante, ma è Padre. Dio non è distante, è Padre, ti conosce e ti ama; vuole tenerti per mano, anche quando vai per sentieri ripidi e accidentati, anche quando cadi e fai fatica a rialzarti e riprendere il cammino», assicura Francesco, «anzi, spesso nei momenti in cui sei più debole puoi sentire più forte la sua presenza. Lui conosce la strada, Lui è con te, Lui è tuo Padre».
Insistendo sulla paternità di Dio, il Papa ripete che «annunciare Dio vicino è invitare a pensarsi come un bambino, che cammina tenuto per mano dal papà: tutto gli appare diverso. Il mondo, grande e misterioso, diventa familiare e sicuro, perché il bambino sa di essere protetto» e da questa base sicura inizia l’esplorazione del mondo circostante. «Ecco perché Gesù parte da qua, ecco perché la vicinanza di Dio è il primo annuncio: stando vicini a Dio vinciamo la paura, ci apriamo all’amore, cresciamo nel bene e sentiamo il bisogno e la gioia di annunciare» l’amore del Padre per ogni creatura.
«Se vogliamo essere buoni apostoli», puntualizza il Pontefice, «dobbiamo essere come i bambini: sederci “sulle ginocchia di Dio” e da lì guardare il mondo con fiducia e amore, per testimoniare che Dio è Padre, che Lui solo trasforma i nostri cuori e ci dà quella gioia e quella pace che noi stessi non possiamo procurarci», dice pensando all’Ucraina e anche al Mediterraneo, teatro di una nuova tragedia del mare che il Santo Padre non manca di deprecare («penso alle vittime del gravissimo naufragio avvenuto nei giorni scorsi al largo delle coste della Grecia»).
«Nel Vangelo Gesù raccomanda di non dire tante parole, ma di compiere tanti gesti di amore e di speranza nel nome del Signore», che parlano da sé. Il Papa invita a diffidare dei “parolai”, «con il loro tanto parlare e niente fare». Piuttosto, «facciamoci a questo punto qualche domanda: noi, che crediamo nel Dio vicino, confidiamo in Lui? Sappiamo guardare avanti con fiducia, come un bambino che sa di essere portato in braccio dal papà? Sappiamo sederci sulle ginocchia del Padre con la preghiera, con l’ascolto della Parola, accostandoci ai Sacramenti? E, infine, stretti a Lui, sappiamo infondere coraggio agli altri, farci vicini a chi soffre ed è solo, a chi è lontano e pure a chi ci è ostile? Questa è la concretezza della fede, è questo che conta».
Lunedì, 19 giugno 2023