Alcune considerazioni a margine degli ‘embrioni sintetici’ dopo la loro prima sperimentazione a Cambridge
di Chiara Mantovani
Inutile girarci attorno: non abbiamo ancora dati scientifici sufficienti e affidabili per esprimere un giudizio compiuto sulla notizia che la professoressa Magdalena ŻZernicka-Goetz, biologa dello sviluppo all’Università di Cambridge, abbia ottenuto degli “embrioni umani sintetici” (sEmbryos) a partire da singole cellule staminali embrionali umane (hEsc) riprogrammate, senza usare le tecniche della fecondazione in vitro e neanche quelle della clonazione.
Lecito e prudente, invece, esprimere interrogativi e perplessità, tenere allertato il dubbio di poca eticità (stando alle notizie giornalistiche, le cellule di partenza utilizzate sono staminali embrionali, ovvero cellule in grado di differenziarsi e formare i vari organi: dunque si è partiti da un embrione umano, un embrione umano è stato privato della propria ‘matrice cellulare’ e quell’embrione non ha potuto più svilupparsi. C’è un umano in meno) e ridimensionare i falsi entusiasmi tanto quanto gli annunci di sciagure. Molto può succedere, ancora, sotto il sole. Ma molto si può anche evitare, se si comprende di che cosa si parla, da dove si parte e soprattutto dove si vuole arrivare.
Alcuni punti fermi di antropologia minima si possono certamente ricordare, tanto per dire che non si parte da zero ogni volta che qualcuno accende un’idea nuova: abbiamo qualche certezza di base, del tipo che gli esseri umani hanno una loro preziosità indipendentemente da come sono concepiti, che non sono mai dei mezzi strumentali, che non si ‘usano’ ma si proteggono, che non si può fare a pezzi un uomo per capire come funziona perché non è un omino della Lego o del Meccano, che non c’è nessun bene ottenibile con un male voluto… Insomma, quelle quisquilie del guadagno teoretico del pensiero greco-giudaico-cristiano. Premesso, dunque, che non siamo nati ieri, che abbiamo uno zainetto pieno di certezze antropologiche e che non si danno giudizi senza conoscere i fatti, possiamo solo annotare alcune considerazioni.
Capitolo dei fatti: esperimenti sui primi stadi di sviluppo degli animali complessi, di mammiferi, sono in corso da molti anni. Risultati eclatanti sono stati annunciati molte volte con grande enfasi sui media e anche su riviste specializzate. Alcune volte sono stati dei flop scientifici imbarazzanti, talvolta erano risultati degni di nota. Nello specifico, la professoressa ŻZernicka-Goetzaveva pubblicato già nel 2017 i suoi studi su un ‘embrione sintetico’ di topo, cioè un organismo analogo a un embrione, formato senza fecondazione ma utilizzando una combinazione di cellule staminali embrionali, tutte di topo. Si è potuto chiamare quel materiale biologico, così ottenuto, ‘topo’? non precisamente, poiché trattandosi di materia sconosciuta non ne conosciamo l’ulteriore sviluppo. Per dirla semplice: se pianto un seme di albicocca, so che l’albero che nascerà sarà un albicocco. Ma se pianto semi differenti e sconosciuti, saprò che cosa sono solo quando vedrò gli alberi. Se manipolo qualcosa di noto, per cambiarlo e far crescere qualcosa di nuovo, non capirò che cosa ho fatto finché non lo vedrò sviluppato. Di topi ottenuti così non ne abbiamo visti. Il dubbio è: erano organismi viventi di natura di topo, oppure erano tessuti biologici murini?
Per gli umani dovrebbe essere chiaro che le cose stanno differentemente: può esistere qualcosa di umano che non sia propriamente tale? Soprattutto, partire con l’idea di ‘fare’ uomini ‘sintetici’ sembra precisamente una idea buona?
E allora si apre il capitolo delle intenzioni, che nei lanci di agenzia della notizia del 15 giugno 2023 hanno fatto il giro del mondo, molto sbandierate e simili a giustificazioni previe di atti che già di loro presentano profili problematici. Del tipo: questa è un’ottima notizia, poiché si potrà così studiare perché tanti embrioni prodotti in laboratorio con le tecniche di PMA muoiono e non si sviluppano. Siamo sicuri che tutti siano d’accordo che la PMA sia un’ottima cosa? Oppure: è una splendida notizia perché si possono immaginare terapie geniche precocissime, in grado di ‘correggere’ difetti genetici che causano gravi malattie nei bambini che ne sono affetti. E subito sorge la domanda: dunque gli embrioni sono già i bambini che vogliamo curare? Non è la prima volta chela ‘nobile’ preoccupazione che promette salute per il futuro non ha problemi a sperimentare sugli umani di adesso. Infine, nemmeno troppo celato, c’è il sogno dei sogni, la distopia più diffusa nella procreazione fantascientifica, condizione necessaria per l’utopica umanità futura: studiare ciò che è necessario all’inizio precocissimo dello sviluppo umano, comprendere i meccanismi biochimici che consentono la corretta ‘spinta’ iniziale al differenziarsi dei tessuti embrionali in organi differenti, così da sostituire la fecondazione. Se poi si troverà il modo anche di realizzare una placenta, ovvero un adeguato organo di scambio e alimentazione dell’embrione e del feto fino ad una età viabile – e lo studio di un tale sistema è in atto già da alcuni decenni – la gestazione extracorporea, senza utero né gameti maschili e femminili, potrà svilupparsi a partire da singole cellule. Se saremo così folli da ritenere buono tutto ciò che è fattibile per il solo motivo che ci si riesce, si giungerà ad assurdità simili. l’utero artificiale, o la placenta artificiale, sarebbe solo in teoria una soluzione alle situazioni patologiche. Ma persino nell’ipotesi che si raffinasse così da simulare (o surrogare?) perfettamente la fisiologia della relazione madre-figlio, non è la scienza ma l’antropologia che relegherebbe il mezzo nell’ambito della eccezione per patologia e non della regola di vita. Sarebbe come dire che se trovassimo la dialisi perfetta, la macchina cuore polmoni perfetta, l’intestino con il macrobiota perfetto, potremmo farci eviscerare come polli per vivere meglio. L’umano è più della sua fisiologia
Finora siamo alla Gestazione Per Altri. E dobbiamo comunque partire da una cellula femminile, una maschile e un utero. Se per intanto le aule di tribunale iniziano ad affollarsi di genitori aggettivati (biologici, sociali, surrogati, intenzionali), vedremo se anche i laboratori dovranno moltiplicare le denominazioni dell’umano: naturale, artificiale, sintetico….
Ma il futuro è più incombente di quel che si pensi. Ancora una volta, le risposte degne dell’uomo arriveranno da una cultura che sappia farsi carico di tutta la complessità dell’umano, rinunciando alle scorciatoie della dittatura tecnocratica.
Venerdì, 23 giugno 2023