Qualche suggerimento per riportarla al centro del dibattito pubblico.
di Marco Invernizzi
Il nostro tempo, caratterizzato dal dominio del relativismo, ha eliminato la ricerca della verità come componente essenziale del dibattito pubblico. È l’amara constatazione che si può fare di fronte a ogni problema pubblico: ci sono posizioni politiche diverse, interessi diversi, simpatie umane e ideologiche diverse, ma difficilmente da tutto questo nasce il desiderio della ricerca della verità delle cose. Soprattutto è scomparsa la ricerca della verità metafisica, cioè il ritenere che esista una verità eterna, che non muta in sé stessa anche se cambia la nostra comprensione di essa, una verità delle cose non prodotta dagli uomini, come le ideologie, ma presente nella natura di ogni realtà creata oppure rivelata da Dio. Negli anni delle ideologie (1914-1989) la verità era tema presente e dibattuto nella vita pubblica, anche se poi le risposte erano sbagliate e pericolose. Oggi la ricerca della verità è un tema assente.
Stupisce l’assenza nel mondo cattolico di una attenzione adeguata al problema. Per trasformare in missionarietà tutta la pastorale della Chiesa, come chiede Papa Francesco in particolare nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, bisogna essere convinti che Dio esista, che Cristo sia vero Dio e vero uomo, che la Chiesa sia stata affidata a Pietro e che esista una natura creata da Dio, autentica rivelazione naturale in cui credere. Tutto questo è in parte spiegabile con ragionamenti e con la dottrina sociale della Chiesa, in parte è oggetto di fede perché rivelato da Dio, e questa Rivelazione va raccontata dentro il misterioso progetto d’amore con cui Dio vuole il bene e la salvezza di ciascuno di noi.
Bisogna allora trovare il modo di riportare il tema della ricerca della verità al centro del dibattito pubblico. E bisogna farlo partendo dall’interno delle comunità cristiane, che sono assolutamente lontane da questa preoccupazione. Addirittura, molti nella Chiesa teorizzano l’inutilità della ricerca della verità, altri semplicemente non vengono sollecitati in questo senso. A cominciare dalle catechesi, capita raramente di sentire parlare di Cristo come Figlio di Dio, unico Salvatore, Capo della Chiesa. Ci si può lamentare se i cristiani non sono convinti di portare al mondo l’unico Salvatore?
Se da Cristo scendiamo al cristianesimo si pone la stessa domanda: è opera di Dio? La Chiesa è il Corpo di Cristo e quindi l’obbedienza ai pastori è obbedienza a Cristo? Da Cristo e dall’opera evangelizzatrice può nascere una società che si ispiri al Vangelo e alla Creazione, ed è bene e doveroso che i cristiani diffondano questa dottrina sociale che nasce dalla fede?
Se queste domande fossero poste nelle assemblee, nelle catechesi, nelle omelie, nei Sinodi, forse la presenza pubblica dei cattolici sarebbe più rilevante e questo sarebbe un bene per il contributo che potrebbero dare al bene comune, ma anche per l’evangelizzazione vera e propria.
Così purtroppo non è. La riflessione sulla verità è rigorosamente assente nelle comunità cristiane, salvo splendide eccezioni. È come se ci fosse la paura di dividersi, ma, come diceva il card. Angelo Scola a un consiglio pastorale della diocesi ambrosiana, così ci si dividerà ancora di più.
Certo, la verità non è un martello da dare in testa alle persone, va trattata con delicatezza e tenendo conto di chi abbiamo davanti. La Chiesa è stata maestra di questa prudenza. Nei primi secoli, dopo la fine delle persecuzioni, l’apologetica veniva utilizzata per difendere e mostrare la verità della fede di fronte alle critiche di ebrei e pagani, nel secondo millennio per difenderla dalla Riforma e poi dalle ideologie. È evidente che oggi il mondo è profondamente cambiato e, soprattutto, sono cambiati gli interessi dei nostri contemporanei. Più il relativismo penetra nel corpo sociale e più aumentano quelli fra i cattolici che rinunciano all’apostolato, più, di conseguenza, diventa necessario “ricominciare tutto daccapo” nel presentare la fede, più diventa importante la testimonianza di vita rispetto alle notti che si trascorrevano per convincere marxisti, fascisti, liberali a prendere in considerazione l’opzione cristiana. Ma anche oggi la formazione delle persone, preti e laici, affinché conoscano la dottrina della fede rimane indispensabile, necessaria, fondamentale per riportare la verità al centro della vita pubblica.
Oggi l’apologetica non può prescindere da una nuova e più profonda comprensione della verità rivelata e naturale, da una comunicazione della stessa che tenga conto degli interlocutori e che solo successivamente si deve preoccupare della polemica con l’errore, che è utile e doverosa soltanto quando l’interlocutore capisce di che cosa si sta parlando. Tuttavia, il problema centrale rimane se i cristiani, sacerdoti e laici, pastori e fedeli, credono che la Chiesa sia portatrice della salvezza e sia la strada che conduce alla felicità che non finisce. Se c’è questa convinzione il resto verrà, se non ci fosse tutto sarebbe inutile.
Lunedì, 10 luglio 2023