Massimo Introvigne, Cristianità n. 254-255 (1996)
Articolo anticipato, senza note e con il titolo redazionale Contro Rinnovamento per colpire la Chiesa, in Avvenire. Quotidiano di ispirazione cattolica, anno XXXIX, n. 134, 7- 6-1996, p. 19.
I naufraghi del buon senso
Presentato come «una bomba» (1) dalla stampa francese, un libro contro il Rinnovamento carismatico — chiamato in Italia Rinnovamento nello Spirito — Les Naufragés de l’Esprit. Des sectes dans l’Église catholique (2), in cui una serie di «naufraghi dello Spirito» denuncia come «sette» le comunità del Rinnovamento che ha abbandonato, occupa da alcune settimane le pagine religiose dei giornali transalpini, e ha già suscitato, oltre alle proteste della Conferenza episcopale e di singoli vescovi, una causa in tribunale a Parigi (3). L’episodio si inquadra in un clima nervoso suscitato dal controverso documento Les Sectes en France (4), pubblicato il 10 gennaio 1996 da una commissione parlamentare e oggetto a sua volta di numerose critiche da parte sia di specialisti che di vescovi per il suo tono militante e per l’inclusione in una «lista nera» di 172 «sette pericolose» di movimenti di ispirazione cattolica (5). Prescindo in questa occasione dall’accusa rilanciata il 22 maggio dall’agenzia France Presse secondo cui due degli ex membri, le cui testimonianze sono pubblicate nel testo, sono «costernati» dal modo in cui le loro dichiarazioni sono state «pervertite» a sostegno di «tesi che rifiutiamo energicamente» (6). Prescindo anche dall’opportunità di un dibattito effettivamente critico, su cui non sono in disaccordo, sulle tecniche di formazione PRH — Personalità e Relazioni Umane — e sulle strategie di evangelizzazione mutuate dalla Yoido Full Gospel Church del pastore pentecostale coreano Paul Yonggi Cho — entrambe adottate da alcune comunità del Rinnovamento francese —, non senza notare che il libro ignora al proposito un’ampia letteratura sociologica e amalgama in un unico tessuto di accuse alcune comunità carismatiche fiorenti — come lo Chemin-Neuf e le Béatitudes —, altre sciolte dall’autorità ecclesiastica come esperimenti falliti — la Sainte-Croix —, e altre ancora che, dopo una breve esperienza carismatica, si sono trasformate in nuovi movimenti religiosi e quindi paradossalmente in gruppi dichiaratamente atei, come la Famille de Nazareth. Il mio breve esame del volume si limita, volutamente, alla sua prospettiva e al suo metodo, che lo fanno identificare come un’opera pseudo-scientifica, un insieme presuntuoso di frammenti scollegati, che sbocca in conclusioni non supportate dalle premesse.
1. Anzitutto Les Naufragés de l’Esprit. Des sectes dans l’Église catholique, anche a prescindere dalle loro eventuali manipolazioni, rivela un uso acritico delle fonti. Come molta letteratura non scientifica in tema di «sette» il volume è costruito esclusivamente sulle testimonianze di «ex», che hanno lasciato il Rinnovamento, e ha quindi — come ha rilevato il 14 maggio Le Monde — «tutte le debolezze di un regolamento di conti» (7). Certo, le narrative degli «ex» hanno un loro posto nello studio di qualsiasi gruppo religioso o sociale: a patto però — come hanno chiarito, fra gli altri, gli studi di David Bromley e di Bryan R. Wilson — di considerarle come narrative socialmente costruite da «apostati», il cui genere letterario è normalmente la «storia di atrocità» (8). L’«ex» ha diritto al rispetto e a far intendere la sua voce, ma un’opera che si pretende scientifica dovrà mettere a confronto la sua narrativa con quelle di altri — quanti, nella comunità, sono rimasti e si trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo diverso relazioni sociali, gli osservatori esterni — e non pretenderà di ricavare la «verità» dall’uso ossessivo di questo solo tipo di narrativa. Per sapere se le navi normalmente conducono in porto non è saggio chiedere la loro opinione soltanto ai naufraghi.
2. Pressoché totale è l’assenza di prospettiva storica. Dopo aver deciso — in modo già discutibile — di privilegiare, fra le due radici del Rinnovamento cattolico, quella esterna — pentecostale — su quella interna alla Chiesa, il volume ignora il ricchissimo dibattito storiografico sul pentecostalismo (9), e liquida questo fenomeno, che coinvolge oltre quattrocento milioni di cristiani, accennando alla «marginalità di queste correnti di fronte al carattere ben stabilito delle Chiese ufficiali» (p. 299). Si tratta di un giudizio discriminante e miope nei confronti del pentecostalismo che — come ha rilevato in un’opera recente, frettolosamente citata nel volume in una nota (p. 10), il teologo battista Harvey G. Cox (10) — oggi manifesta soltanto il provincialismo — purtroppo diffuso in Europa — di chi ancora lo propone.
3. Non meno grave è l’assenza di prospettiva sociologica. Qualche rapido accenno non basta a collocare il Rinnovamento nel contesto della gravissima crisi del cattolicesimo francese, un «caso francese» che vede la percentuale di cattolici praticanti in Francia ridotta a poco più di un terzo della percentuale italiana, già di per sé non entusiasmante (11). Venendo alle comunità carismatiche, che sono invece in crescita — gli autori se ne sono chiesti il perché? —, nessun dato quantitativo viene offerto al lettore, che potrebbe pensare che i casi raccolti nel volume di comunità fallite e di «naufragi» individuali siano la regola, mentre sono invece l’ eccezione.
4. Più grave ancora è il cedimento alla prospettiva dei movimenti anti-sette, ingenuamente invocati come tribunali supremi, che sarebbero competenti a decidere quale gruppo è una «setta» e quale no. Questi movimenti — da non confondere con i gruppi cristiani che criticano certi movimenti religiosi dal punto di vista della dottrina — dichiarano di non occuparsi di dottrine ma solo di comportamenti, e sostituiscono il tradizionale criterio qualitativo di valutazione delle esperienze religiose con un criterio quantitativo che considera «settarie» le esperienze troppo intense ed esigenti, a prescindere dal loro contenuto dottrinale (12). Nel libro — è il linguaggio consueto dei movimenti anti-sette — gli aggettivi «settario», «fondamentalista» e «totalitario» sono usati più o meno come sinonimi. L’ultimo aggettivo è particolarmente insidioso, perché denuncia come «sette» le istituzioni che non funzionano secondo il metodo «[…] dei dibattiti, dei voti e delle decisioni a maggioranza» (p. 180) sulla base del principio «un uomo, un voto» (p. 180). Ma, in realtà, nella nostra società pochissime istituzioni sociali — non solo religiose ma, per esempio, industriali o sportive — funzionano secondo la regola «un uomo un voto». I vescovi cattolici non sono eletti dai fedeli: e, infatti, il volume conclude che studiando il Rinnovamento «[…] si ritrovano finalmente alcuni tratti dell’istituzione ecclesiale opposti ai princìpi della vita democratica» (p. 252). Quanto al «fondamentalismo», uno degli autori lo ritrova nella rivalutazione del Medioevo e nelle critiche alla Rivoluzione francese da parte di un dirigente del Rinnovamento (cfr. pp. 315-317), un altro nel desiderio o meglio nel «fantasma di convertire in massa» (p. 252), collegato in esplicito alla «nuova evangelizzazione di Giovanni Paolo II» (p. 253), non pericoloso solo fino a quando rimane «un fantasma» e non è collegato a una «messa in atto del delirio» (p. 252).
Come si vede, l’attacco al Rinnovamento scivola lentamente ma sicuramente verso l’attacco alla Chiesa cattolica, di cui si salvano solo certe forme «impegnate» e «radicali» (p. 330), forse ispirate alle teologie contestatarie che non sono estranee al tracollo della pratica religiosa in Francia. Lo scenario è pronto perché ci vengano servite le solite tesi freudiane e lacaniane di quart’ordine sulla regressione infantile — da cui deriverebbe la preghiera in lingue — e la ricerca nel leader della comunità di un sostituto del «padre castratore» (p. 256) da parte di chi ha vissuto male il complesso di Edipo. Gli autori non si accorgono così di trovarsi, finalmente, nella stessa posizione «astorica» (p. 317) che attribuiscono al Rinnovamento: affrontano una problematica complessa senza nessuna ricognizione dell’immensa letteratura scientifica sulla corrente pentecostale-carismatica, senza storia, senza sociologia, con le armi spuntate di un freudismo di altri tempi. Non parlano — più — in lingue, ma parlano ancora una vecchia lingua, una lingua da sessantottini francesi che non sono voluti crescere.
Massimo Introvigne
Note:
(1) Così HENRI TINCQ, L’Église catholique est accusée d’abriter des sectes, in Le Monde, 14-5-1996.
(2) Cfr. THIERRY BAFFOY, ANTOINE DELESTRE e JEAN-PAUL SAUZET, Les Naufragés de l’Esprit. Des sectes dans l’ Église catholique, Seuil, Parigi 1996. Tutte le citazioni nel testo con il riferimento di pagina fra parentesi sono tratte da questo volume.
(3) Su queste reazioni cfr.H. TINCQ, art. cit.; e Attaqué, le Chemin neuf riposte, in La Croix, 18-5-1996. Il 20 maggio 1996 il Tribunale di Parigi ha respinto la richiesta di un provvedimento d’urgenza presentata dalla comunità del Chemin-Neuf, che chiedeva un ordine di inserire nel volume un comunicato di precisazione, dichiarando che questo genere di «[…] dibattito appartiene alla causa di merito e non alla sede cautelare, perché gli autori potrebbero apportare precisazioni sull’inchiesta che hanno condotto».
(4) Cfr.ASSEMBLÉE NATIONALE, Rapport fait au nom de la Commission d’enquête sur les sectes (document n. 2468) – président: M. Alain Gest, rapporteur: M. Jacques Guyard, député, Documents d’information de l’Assemblée nationale, Parigi 1996.
(5) Cfr. gli studi e i documenti raccolti in GIOV ANNI CANTONI e MASSIMO INTROVIGNE, Libertà religiosa, «sette» e «diritto di persecuzione». Con appendici, Cristianità, Piacenza 1996; e in M. INTROVIGNE e J. GORDON MEL TON (a cura di), Pour en finir avec les sectes. Le débat sur le rapport de la commission parlementaire, CESNUR, Torino-Parigi e Di Giovanni, San Giuliano Milanese (Milano) 1996; 2a ed., Dervy, Parigi 1996. Secondo monsignor Jean Vernette, responsabile dell’Ufficio Pastorale e Sette, e Nuove credenze della Conferenza Episcopale francese, la pubblicazione del volume Les Naufragés de l’Esprit. Des sectes dans l’Église catholique si inquadra «[…] nel contesto di un delirio mediatico che tende ad amalgamare tutti i gruppi. Con l’intenzione generosa di lottare contro le sette pericolose, e appoggiandosi sull’autorità della commissione parlamentare, si vedono pubblicare liste inaffidabili di gruppi di cui si pratica la condanna pubblica, senza che l’accusato sia stato ascoltato secondo le regole del diritto. È urgente piuttosto riprendere il dibattito sulle sette che, nell’attuale contesto di esplosione e di ricomposizione dell’insieme del campo religioso, si trova in una impasse» («Faut-il condamner tous les mystiques?», intervista a cura di H. Tincq, in Le Monde, 14- 5-1996).
(6) La communauté du Chemin Neuf dénonce la «désinvolture intellectuelle» du livre «Les Naufragés de l’Esprit», AFP 221043, 22-5- 1996.
(7) H. TINCQ, art. cit.
(8) Cfr. ANSON D. SHUPE, JR. e DAVID G. BROMLEY, Apostates and Atrocity Stories, in BRYAN R. WILSON (a cura di), The Social Impact of New Religious Movements, Rose of Sharon Press, New York 1981, pp. 179-215; e B. R. WILSON, Dimensions of Sectarianism, Clarendon Press, Oxford 1990.
(9) Cfr. una panoramica in CESNUR. CENTRO STUDI SULLE NUOVE RELIGIONI, La sfida pentecostale, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1996.
(10) Cfr. HARVEY G. COX, Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century, Addison-Wesley, Reading (Massachusetts) 1995.
(11) Cfr., fra le molte analisi, DANIELE HERVIEU-LÉGER, Società e atteggiamenti religiosi in Francia, in AA. VV., La religione degli europei. Fede, cultura religiosa e modernità in Francia, Italia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e Ungheria, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1992, pp. 155-216.
(12) Cfr. il mio Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996, pp. 141-193.