Giovanni Paolo II, Cristianità n. 254-255 (1996)
Discorso ai partecipanti al Symposium su «Evangelium vitae» e Diritto, del 24-5-1996, nn. 4-6, in L’ Osservatore Romano, 25-5-1996. Titolo e traduzione del passo di san Tommaso d’Aquino redazionali.
Un Diritto senza Dio è un diritto debole
In occasione del Symposium giuridico, promosso per celebrare il 10° anniversario della promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, osservavo che «come al centro dell’ordinamento canonico c’è l’uomo redento da Cristo e divenuto con il battesimo persona nella Chiesa…, così le società civili sono invitate dall’esempio della Chiesa a porre la persona umana al centro dei loro ordinamenti, mai sottraendosi ai postulati del diritto naturale, per non cadere nell’arbitrio di false ideologie. I postulati del diritto naturale sono infatti validi in ogni luogo e per ogni popolo, oggi e sempre, perché dettati dalla recta ratio, nella quale, come spiega san Tommaso, sta l’essenza diritto naturale: “omnis lex humanitus posita intantum habet de ratione legis, inquantum a lege naturae derivatur” [ogni legge posta dall’uomo ha ragione di legge nel- la misura in cui deriva dalla legge naturale] (Summa Theol., I-II, q. 95, a. 2)» (AAS 86 [1994], 248). Questo concetto era già stato in antecedenza ben compreso dal pensiero giuridico classico. […]
Gli elementi costitutivi della verità oggettiva sull’uomo e sulla sua dignità si radicano profondamente nella recta ratio, nell’etica e nel diritto naturale: sono valori che precedono ogni ordinamento giuridico positivo e che la legislazione, nello Stato di diritto, deve sempre tutelare, sottraendoli all’arbitrio dei singoli e all’arroganza dei potenti.
Di fronte all’umanesimo ateo, che misconosce o addirittura nega la dimensione essenziale dell’essere umano, connessa con la sua origine divina e col suo destino eterno, è compito del cristiano, e soprattutto dei Pastori e dei teologi, annunciare il Vangelo della vita, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, che, toccando con frase lapidaria il fondo del problema, ha affermato: «In realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et spes, 22).
Tale urgente impegno interpella in modo singolare i giuristi cristiani, spingendoli a far emergere, nel settore di loro competenza, il carattere intrinsecamente debole di un Diritto precluso alla dimensione trascendente della persona. Il fondamento più solido di ogni legge che tutela l’inviolabilità, l’integrità, la libertà della persona risiede, infatti, nel suo essere creata ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1, 27).
A tale riguardo, un problema che direttamente investe il dibattito fra biologi, moralisti e giuristi è costituito dai diritti fondamentali della persona, che devono essere riconosciuti ad ogni soggetto umano in tutto l’arco della vita, e particolarmente fin dal suo sorgere.
L’essere umano — come ha richiamato l’Istruzione Donum Vitae e riconfermato l’Enciclica Evangelium Vitae — «va rispettato e trattato come persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita» (Lett. enc. Evangelium Vitae, n. 60: AAS87 [1995], 469; cfr. Istr. Donum Vitae, 1: AAS 80 [1988], 79).
Questa affermazione trova piena corrispondenza nei diritti essenziali propri dell’individuo, riconosciuti e tutelati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art. 3).
Giovanni Paolo II